La ruota delle meraviglie

Gli ingredienti di un film tipico di Woody Allen ci sono tutti nel suo recente La ruota delle meraviglie (nelle sale del Filmclub a Merano e a Bolzano fino ai primi di gennaio): una coppia che scoppia per l’arrivo di altre persone, dialoghi serrati, discussioni infinite attorno a piccole gelosie che provocano grandi reazioni, poetiche osservazioni sul senso della vita, incontri con la psicologa, eccetera. La ruota delle meraviglie è soprattutto, però, un omaggio al meraviglioso mondo del cinema inteso come arte fatta di una solida sceneggiatura, di attori grandiosi (in primis Jim Belushi e Kate Winslet, rispettivamente marito e moglie), di scenografie dichiaratamente finte (da richiamare quelle dei film girati nei grandi studios) e di atmosfere create dalle luci (curate dal direttore della fotografia, Vittorio Storaro). La storia è ambientata negli anni cinquanta a Coney Island, nel parco dei divertimenti, ma Woody Allen guarda dietro le quinte e punta la cinepresa sui sogni infranti: Ginny (interpretata in modo strepitoso dalla Winslet) è una donna sulla soglia dei quarant’anni, vive con Humpty (un Jim Belushi che qui più che mai segue le tracce del fratello per intensità espressiva e linguaggio corporeo, John, scomparso troppo presto – chi non se lo ricorda nel mitico The Blues Brothers?).
Lei è reduce di un matrimonio – felice, pare, ma rotto per colpa sua - e di un passato di attrice, mentre ora – visto che Humpty non guadagna a sufficienza facendo l’operaio in una giostra del parco – deve fare la cameriera in un ristorante di pesce, lavoro che lei preferisce considerare un “atto di recita” nel senso che continua a sognare i personaggi interpretati sul palco, di cui conserva gli abiti in uno scatolone per tirarli fuori di tanto in tanto facendo divertire con nostalgia il figlio Ritchie del primo matrimonio. Quest’ultimo è un bambino piromane, accende fuochi ovunque, a rischio di tutti, e ama il cinema, per cui marina la scuola per infilarsi in una sala a guardare e riguardare gli stessi film (occasione per Woody Allen per mostrarci anche un manifesto di un western con James Stewart, Winchester 73). I tre abitano in un piccolo appartamento ricavato da un deposito proprio dietro la grande “ruota”, sistemato dallo stesso Humpty. In realtà, Allen gioca con vari piani del racconto intersecandoli: fa iniziare il film con il personaggio che da un lato funge da narratore e dall’altra riveste un ruolo co-protagonista: Mickey, il bagnino, aspirante commediografo, fa magicamente apparire e scomparire i personaggi, come se li inventasse e li dirigesse a piacimento della propria fantasia, a volte anche con l’aiuto di flash back. Lui è l’amante di Ginny, ma quando compare Carolina, la figlia poco più che ventenne di Humpty del suo primo matrimonio, scappata giovanissima con un gangster per darsi alla dolce e avventurosa vita, ovviamente questa storiella romantica, apparentemente tranquilla, a Coney Island si fa complessa: Carolina è ricercata dagli amici del marito abbandonato avendo lei, per salvarsi, “cantato” davanti all’Fbi. Intanto ha fatto pace col padre che se la tiene in casa e risparmia denaro per farla studiare in una scuola serale, a dispetto di Ginny, la quale non la sopporta vedendo in lei una rivale. In tutto e per tutto. Supposizione prontamente confermata, quando un giorno entrambe si imbattono in Mickey…
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