Politik | Gastbeitrag

La regressione ladina

Boicottandone la bandiera, la SVP nega il diritto alla differenza (e all'esistenza) dei ladini. Segno della regressione storica della ladinità. Non solo in Alto Adige.
Ladinische Flagge
Foto:  Union Ladins De Fascia
  • Il 19 aprile 2023 Massimoo Bessone, assessore provinciale altoatesino, ha presentato al Consiglio regionale una mozione che proponeva che la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol si dotasse di un quadro normativo che permettesse l’esposizione della bandiera ladina negli edifici pubblici dei comuni a maggioranza ladina delle Province di Trento e di Bolzano affianco a quelle comunale, provinciale (rispettivamente di Trento o Bolzano), regionale, italiana ed europea. La mozione mirava dunque a garantire un riconoscimento simbolico e quindi il diritto alla differenza dei ladini, ovvero alla legittima manifestazione della propria alterità. La mozione di Bessone (dal titolo “Regolamentazione sull’uso e sull’esposizione della bandiera ladina nei comuni delle comunità di riferimento della Regione Trentino-Alto Adige ad oltre 100 anni dalla sua nascita”), diventata poi ordine del giorno, non ha avuto grande fortuna ed è stata ritirata su pressione della maggioranza del Consiglio provinciale di Bolzano (in particolare, secondo alcuni, dei due consiglieri provinciali ladini della Svp, ovvero Manfred Vallazza e Daniel Alfreider).

  • Bandiera ladina: l'assessore provinciale Massimo Bessone con l'assessore comunale di Ortisei Stefan Kasslatter. Foto: Massimo Bessone
  • Il testo della mozione ha messo in luce la carenza normativa in merito alla regolamentazione dell’esposizione della bandiera ladina nei comuni dove questa popolazione è insediata. Secondo l’ultimo censimento dei gruppi linguistici condotto in Alto Adige, i ladini sudtirolesi sono poco più di 20 mila e costituiscono la maggioranza della popolazione residente (più del 50% della popolazione) solo in 8 dei 118 comuni altoatesini. Secondo l’ultima rilevazione sulla consistenza delle minoranze linguistiche in Trentino (Ispat, 2021), nell’area ladino-dolomitica trentina, i ladini sono invece poco più di 6 mila; quasi il 60% della popolazione residente nei comuni che formano il Comun General de Fascia (una delle comunità di valle trentine).

    Il difetto principale dell’iniziativa starebbe quindi nel “colore” della fazione proponente. Se l’iter legislativo si fosse concluso positivamente, la paternità dell’iniziativa sarebbe infatti andata alla Lega e non alla Svp, la quale si ritiene ancora depositaria del diritto di rappresentanza della popolazione ladina sudtirolese. Come dichiarato nel primo articolo del proprio statuto, l’Edelweiß dichiara di essere il partito di raccolta dei sudtirolesi di madrelingua ladina (oltre che tedesca). L’articolo 2 è interamente dedicato ai ladini e prevede numerose garanzie di rappresentanza all’interno degli organi del partito e politico-amministrativi provinciali nei quali la Svp è presente. Il boicottaggio del tentativo di normazione dell’uso della bandiera ladina risulta quindi bizzarro se si pensa che la Svp fonda la propria legittimazione anche nel proposito (quasi esclusivo) di rappresentare la popolazione ladina sudtirolese.

  • Foto: Massimo Bessone
  • La mozione faceva inoltre riferimento alle due Regioni che hanno già disciplinato la materia, ovvero il Piemonte e il Friuli-Venezia Giulia. La Regione Friuli-Venezia Giulia è stata infatti la prima a adottare una norma sull’impiego delle bandiere delle minoranze linguistiche presenti sul proprio territorio. Si tratta della legge regionale 27 novembre 2001, n. 27 “Adozione della bandiera della Regione Friuli-Venezia Giulia, disposizioni per il suo uso ed esposizione, nonché per quelle della Repubblica italiana e dell'Unione europea”. All’articolo 6 la norma prevede infatti che negli edifici pubblici dei Comuni nei quali sono insediate popolazioni appartenenti ai gruppi linguistici minoritari come individuati dalla legge 482/1999 – per il Friuli-Venezia Giulia trattasi di friulani, sloveni e germanofoni – venga esposta la bandiera della comunità di riferimento. 

    Con friulani mi riferisco ai friulanofoni, cioè ai parlanti la lingua friulana. È opportuno ricordare che il friulano costituisce la branca orientale dell’insieme delle lingue retoromanze, di cui fanno parte anche la lingua romancia (parlata nel Cantone Grigioni in Svizzera) e il ladino dolomitico. L’affiliazione del friulano a questo raggruppamento linguistico e le affinità con il vicino ladino dolomitico spiegano il motivo per cui il friulano è stato a lungo anche denominato ladino orientale; così come il romancio è anche detto ladino occidentale. Il concetto di ladinità, in senso lato, può pertanto concettualmente includere anche la comunità friulana.

    Una breve analisi comparativa sull’uso della bandiera di riferimento fra la comunità ladina dolomitica e quella di lingua friulana svela però più di una criticità vissute dalle popolazioni dell’ampio ambito retoromanzo (o ladino).

  • Ladini e friulani a confronto

    Se la ‘questione ladina’ non divide più linguisti in campi contrapposti (fortemente ideologizzati), la ‘questione friulana’ non è del tutto risolta. Questa si centra sull’incompiutezza dell’unità friulana, la quale è mutilata di quello spazio friulanofono non incluso nei confini amministrativi della Regione Friuli-Venezia Giulia. Si tratta del segmento più orientale della Città metropolitana di Venezia (talvolta detto Veneto orientale), compreso fra i fiumi Livenza e Tagliamento e avente come centro urbano principale la città di Portogruaro. Questo territorio costituisce parte integrante della cosiddetta Patrie dal Friûl (massimamente rappresentata dal Patriarcato aquileiese). Nel contesto della riorganizzazione amministrativa avvenuta durante l’occupazione napoleonica, questo segmento occidentale del Friuli storico fu unito ai Dipartimenti facenti capo alle città venete di Treviso e Venezia. Tale incorporazione fu poi mantenuta durante la dominazione austriaca e in seguito all’entrata del Veneto nel Regno d’Italia, quando fu costituito il Mandamento di Portogruaro (parte della Provincia di Venezia).

    Oggi, l’appartenenza di questo territorio al Veneto comporta l’esclusione di un segmento della popolazione friulana dal regime di autonomia regionale concesso alla Regione Friuli-Venezia Giulia. Fra il 2005 e il 2006, alcuni comuni del portogruarese hanno indetto referenda per scindere i legami con Venezia e ricongiungersi alla piçule Patrie; si tratta di San Michele al Tagliamento, Cinto Caomaggiore, Pramaggiore, Teglio Veneto, Gruaro. I friulanisti hanno vinto ovunque, ma il quorum previsto dalla legge 352/1970 (art. 45) (in virtù dell’art. 132 della Costituzione), ossia che i voti affermativi siano uguali o superiori alla metà più uno degli aventi diritto, è stato raggiunto solo a Cinto Caomaggiore. È stata questa l’ultima manifestazione del desiderio di reintegrazione al Friuli storico e alla Regione che contiene il ramo più orientale della ladinità. 

    I ladini dolomitici del Trentino-Alto Adige e i friulani del Veneto sono posti dinnanzi allo stesso rischio: la deculturazione per via simbolica. 

  • Quattro bandiere a Udine: dopo la bandiera regionale, italiana ed europea, sventola quella storica del Friuli. Foto: Wikipedia
  • In Veneto, la tutela della minoranza di lingua friulana si basa sulla legge regionale 25 ottobre 2021, n. 30, dal titolo “Promozione delle minoranze linguistiche presenti nella Regione del Veneto”. Questa, all’articolo 3(1), include, fra i soggetti beneficiari dei contributi riservati alla promozione delle lingue minoritarie, gli organismi rappresentativi dei parlanti il friulano nel Portogruarese. Nel 2006 il Consiglio provinciale di Venezia ha riconosciuto la minoranza linguistica friulana limitatamente ai comuni di San Michele al Tagliamento, Teglio Veneto e Cinto Caomaggiore. Nel 2020, un accordo fra le Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia per la tutela delle minoranze linguistiche ha riconosciuto l’uso comune della lingua friulana anche in riferimento ai comuni di Concordia Sagittaria, Fossalta di Portogruaro, Gruaro e Portogruaro. Nonostante i recenti sviluppi a favore della friulanità, ad oggi, la Regione Veneto non ha però ancora disciplinato l’uso della bandiera friulana.

    La mancanza di un quadro normativo (e quindi di un riconoscimento formale) per l’esposizione della bandiera della comunità di appartenenza accomuna dunque i ladini dolomitici del Trentino-Alto Adige (ladini stricto sensu) e i friulani del Veneto (ladini lato sensu). Entrambi i gruppi sono di conseguenza posti dinnanzi allo stesso rischio: la deculturazione per via simbolica. 

  • Oltre le bandiere: la regressione ladina

    Come visto fin qui, la questione della bandiera ladina, più che un fatto di interesse locale, può essere interpretata come manifestazione tangibile della regressione storica della ladinità. La storia di quello che oggi chiamiamo Südtirol o Alto Adige è anche la storia della progressiva assimilazione (germanizzazione a cui poi si è aggiunta l’italianizzazione) della popolazione retoromanza. È noto, per esempio, che la lingua romancia è stata in uso in Alta Val Venosta fino alla fine del Settecento o che nel triestino fino agli albori dell’Ottocento si è parlata una varietà retoromanza probabilmente affine al friulano. Allo stesso modo, il friulano nell’ex Mandamento di Portogruaro soffre da tempo la pressione del veneto, il quale ha a lungo rappresentato il vernacolo del ceto urbano-borghese, visto come più prestigioso rispetto al favelâ del contadinato friulano. I ladini bellunesi (cadorini e agordini) risentono del secolare avanzamento del veneto. L’area di lingua romancia in Svizzera, similmente, è da secoli erosa dall’avanzare dello svizzero-tedesco. Il dibattito politico-linguistico sulla ladinità del nòneso e del solandro dimostra come il riconoscimento (o l’allargamento) dell’ambito territoriale ladino sia spesso contestato a priori. 

  • La delibera dell'Union Generela di Ladins: regolamentare l'esposizione della bandiera ladina. Foto: SALTO
  • L’arresto dato all’ordine del giorno di Bessone è infatti da leggere al di fuori delle vicende della politica locale o interne ai partiti che formano la maggioranza di governo nella Provincia di Bolzano. La mancanza di una regolamentazione intorno all’esposizione della bandiera ladina si colloca nel ben più ampio contesto della regressione ladina. Nel caso dell’Alto Adige, questo è un fenomeno che non si misura solo nel calo o nell’aumento del numero dei parlanti della lingua ladina, ma che si conferma anche alla luce dello sbarramento nei confronti di un’iniziativa il cui unico scopo era conferire dignità e riconoscimento pubblico a un popolo e al suo diritto di esistere anche attraverso i suoi simboli (fra i quali la bandiera è uno dei più tangibili). 

  • Mattia Bottino è Junior Researcher dell'Istituto di Studi Federali comparati presso l'EURAC di Bolzano.

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Manfred Klotz Do., 28.09.2023 - 07:29

L'affermazione che nel 90% dei casi registrati in Alto Adige, la violenza è avvenuta in ambito familiare e affettivo, non è utile per smentire l'affermazione becera del manifesto della STF (che non è nuova a questi messaggi destinati evidentemente agli elettori con un livello culturale pari a quello di un sasso), perché non esclude che l'ambito familiare e affettivo si riferisca a persone di nazionalità diversa da quella italiana. Più significativo è il dato dell'ISTAT del 2021 che oltre l'80% dei casi di violenza di genere (in tutte le sue forme), è da attribuire a italiani.

Do., 28.09.2023 - 07:29 Permalink
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G. P. Do., 28.09.2023 - 08:50

Ich finde es sehr sehr schade, dass die STF in diese Richtung geht und ihr eigentliches Thema “Los von Rom” komplett aus den Augen verloren hat. Ob sich das für die STF bei den kommenden Landtagswahlen positiv auswirken wird, wage ich stark zu bezweifeln.

Do., 28.09.2023 - 08:50 Permalink
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Hartmuth Staffler Do., 28.09.2023 - 13:34

Ich finde es (als Journalist) journalistisch absolut inakzeptabel, das Plakat der STF auf die gleiche Stufe wie das Plakat von Forza Nuova zu stellen. Man kann das Plakat der STF natürlich kritisieren, aber die Grundaussage, dass kriminelle Ausländer abgeschoben werden sollen, wird sicher von einem Großteil der Südtiroler geteilt. Man muss nicht unbedingt an Übergriffe auf Frauen denken. Es genügt zu wissen, dass die Benutzung der öffentlichen Verkehrsmittel in Südtirol rückläufig ist, weil viele Menschen Angst haben, mit dem Bus oder dem Zug zu fahren.

Do., 28.09.2023 - 13:34 Permalink
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Hartmuth Staffler Do., 28.09.2023 - 13:57

Antwort auf von pérvasion

Ich befürworte nicht das Plakat, das mit gewissen Vorurteilen spielt, aber sehr wohl die Grundaussage, dass kriminelle Ausländer abzuschieben sind. Wäre das Plakat weniger schlimm, wenn der offensichtlich kriminelle Ausländer mit Messer in der Hand eine weiße Hautfarbe hätte?

Do., 28.09.2023 - 13:57 Permalink
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Elisabeth Garber Do., 28.09.2023 - 14:29

Antwort auf von Hartmuth Staffler

Kaum (schlimmer) m.M.n., weil es prinzipiell die allgemeine Angst vor Gewalttäter und Kriminalitaet befeuert: politisches Kalkuel pur. Erinnert an die Nazi-Zeit und Judenhetzte.
Nur wenige Südtiroler sind so dumm und blind, um die Gewalt-Misere auf farbige Migranten abzuschieben (z.B. Rauch/Groeber/Neumair... u.v.a.).
Die Abschiebung von kriminellen Migranten, die sich in unsere Kultur kaum integrieren wollen, finde ich sogar notwendig: Sie schaden nämlich allen anderen (notwendigen!) Migranten, welche hier tadellos leben, arbeiten und sich um Anpassung bemühen, e n o r m.

Do., 28.09.2023 - 14:29 Permalink
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Hartmuth Staffler Do., 28.09.2023 - 16:44

Antwort auf von Elisabeth Garber

An die schreckliche Judenhetze (ich denke dabei auch an die furchtbaren Aussagen unseres früheren Bischofs Franz Egger) erinnert mich das Plakat zwar nicht, aber ich stimme zu, dass diese wohl gewollte Provokation grenzwertig ist. Das Problem der kriminellen Ausländer und das Phänomen, dass immer mehr Südtiroler die öffentlichen Verkehrsmittel aus Angst vor gewalttätigen Migranten meiden, sollte aber nicht deswegen verharmlost werden, weil einem ein Plakat nicht gefällt.

Do., 28.09.2023 - 16:44 Permalink
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Hartmuth Staffler Do., 28.09.2023 - 18:17

Antwort auf von Sepp.Bacher

Wilhelm Egger war ein liebenswürdiger Bischof und Mensch, den ich gut gekannt und auch wegen seiner Gutmütigkeit sehr geschätzt habe. Franz Egger war als Bischof wohl ein Kind seiner Zeit, was ihn aber nicht entschuldigt. Seine Erklärungen, z. B. dass "die Judenpresse wie ein vergifteter Brunnen ist, den man ausschöpfen muss", haben den Antisemitsmus in Tirol bestärkt. und damit auch eine der Grundlagen dafür geliefert, was später an Schrecklichem geschehen konnte.

Do., 28.09.2023 - 18:17 Permalink
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m s Do., 28.09.2023 - 18:04

Schäbiger Populismus in Reinkultur. Hoffe die Plakate werden abgehängt. Wenn die ach so kriminellen AUSLÄNDER so diskreditiert werden, darf man sich nicht wundern wenn dass dann auch passiert. Zum schämen, aber es ist ihnen und den anderen rechten Parteien wahrscheinlich eh recht das Problem noch mehr zu zuzuspitzen, zu spalten und Hass und Vorurteile zu befeuern.

Do., 28.09.2023 - 18:04 Permalink