"Non esistono collegi blindati"
“Ma senti un po', l'ultima volta che è venuta così tanta gente sotto la sede del PD quando è stato?” - “Boh, forse nel 1956, quando c'era ancora Togliatti”. Tutti fermi, questo dialogo non si è mai verificato, potete controllare su Google. I fatti riportati seguono perciò l'ordine esatto con il quale si sono svolti.
Nullus locus sine Genio
Piazza Domenicani in effetti non presentava il solito aspetto dimesso, ieri sera, poco prima delle diciotto e trenta, cioè all'orario annunciato per la conferenza stampa di Maria Elena Boschi, la fedelissima di Matteo Renzi, “catapultata nel collegio blindato” perché data in fuga dalle sue terre aretine. Un cellulare della polizia presidiava l'ingresso della piazza, altri agenti in divisa e in borghese si aggiravano nei dintorni, e intanto una piccola folla di cronisti, molte le testate nazionali e anche da oltre Brennero, in attesa che venisse decretata la fine della riunione di partito. Folla anche nel Bar Monaco, dove dietro ai vetri appannati il sindaco Renzo Caramaschi – teoricamente intento a bersi solo un caffè, in realtà costretto ad offrire un aperitivo alle dichiarazioni successive – nel frattempo si era trasformato in un loquace genius loci (nullus locus sine Genio): “Eh, cosa volete che vi dica, certo rimpiangiamo Francesco Palermo, ma la Boschi politicamente mi piace. Vedremo come i cittadini si comporteranno nelle urne, io la sosterrò e sono convinto che farà bene alla nostra terra”.
Bressa e Boschi? Sono candidature eccellenti
Alle sette, minuto più minuto meno, la riunione del partito è finita e dal portone escono i primi partecipanti. Intanto si allestisce una sala stampa capiente quanto basta per contenere tutti quelli che vogliono entrare. Si sale scaglionati, il tavolo è già predisposto: Maria Elena Boschi (la "Bosken", come ormai la chiamano sprezzanti quelli de Il Fatto Quotidiano) è seduta al centro, e pare il Cristo di un'ultima cena dipinta da Andrea Del Sarto. Intorno, anzi accanto e dietro, si schierano i suoi apostoli. Alla sua destra l'altro personaggio saliente della serata, giunto con lei nella medesima Lancia Thema, ovvero quel Gianclaudio Bressa – attuale Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega agli affari regionali – che è il perno centrale dell'asse intorno al quale ruota tutta l'alleanza Svp-Pd passata, presente e futura. Raffica di fotografie, brusii e tramestii, quando tutti sono più o meno seduti, e più o meno in silenzio, si può cominciare.
Il primo a parlare è il vicepresidente della Provincia, Christian Tommasini. “Questo è un momento delicato per il paese – esordisce – e ciò ci obbliga a fare molta attenzione, soprattutto qui, in questa nostra piccola terra che è punto d'incontro e ponte tra il Nord e il Sud”. Tommasini alterna il tedesco all'italiano, mostrando una certa dimestichezza con l'autotraduzione. Il succo, comunque, si capirebbe anche se lo pronunciasse in cinese: “Bressa e Boschi sono delle candidature eccellenti e ci danno l'occasione per difendere ed estendere la nostra autonomia”. Questa è la linea Maginot dietro alla quale il partito ha evidentemente deciso di mostrarsi compatto per respingere i malumori e le accuse che circolano all'esterno, ossia che la Boschi sia una figura ambigua, responsabile in passato di essersi espressa in modo contrario all'autonomia, e soprattutto di non aver nessun legame con il territorio.
Dopo Tommasini è il turno del sindaco Caramaschi, il quale più o meno ripete quello che ha già detto al bar. È raggiante e sottolinea che ha voluto a tutti i costi esserci, anche se a rigore non avrebbe neppure dovuto (“come noto, io non sono del partito”). L'occasione però è troppo ghiotta per lodare tutto ciò che di buono sta facendo la sua amministrazione (“ottima sintesi del Centrosinistra”) e sulle ali dell'entusiasmo il suo discorso rischia di decomporsi in accenti pseudo-trobadorici, scambiando cioè la Boschi per Eleonora d'Aquitania: “Questa candidatura è un auspicio, un vero auspicio d'amore per questa terra alla quale viene offerto adesso un contributo di bellezza...”.
Pretendiamo che a Roma si parli altoatesino
Il neosegretario Alessandro Huber frena gli slanci poetici del sindaco e ci riporta alla prosa della politica. Si è preparato un intervento scritto, probabilmente da giorni, e lo legge con piglio deciso. Siamo tutti contenti di questa candidatura, ovviamente. La sosterremo, ovviamente. Però c'è un però. Ovviamente. Il però consiste nel pretendere che gli eletti (“perché saranno certamente eletti”) testimonino con assiduità il legame con il nostro territorio, che lo curino, che non lo dimentichino. “Io pretenderò – dice proprio così: pretenderò – che la Boschi ci rappresenti a Roma non solo con il suo accento toscano, ma anche con la nostra voce”. Poi l'espressione un po' troppo tesa si stempera, come inchiostro di china acquarellato da convinzioni già fattesi più liquide: “Penso che abbiamo – dice proprio così: prima persona plurale –, penso che abbiamo allestito la migliore squadra possibile di ambasciatori della nostra autonomia e stupiremo gli scettici”.
Si parla di ambasciatori e spunta lui, l'ambassador par excellence, Gianclaudio Bressa. Perfettamente a suo agio, giunto alla vigilia della probabilissima sesta legislatura, l'uomo di Belluno che piace tanto a Bolzano non ha bisogno di girarci intorno: “Questi cinque anni sono stati anni straordinari per l'autonomia. Abbiamo approvato 22 norme di attuazione e varato leggi fondamentali di carattere finanziario. Questa è la nostra risposta concreta al populismo e al sovranismo dei nostri avversari. È grazie a Renzi e Gentiloni se noi oggi possiamo vantare un'autonomia di livello europeo, e io sono orgoglioso di essere stato ancora chiamato a rappresentarla”.
Non ho mai detto quelle frasi
Finalmente eccola, in fondo il motivo per il quale siamo tutti qui con i taccuini spiegati. “Ringrazio per l'accoglienza molto affettuosa di questi giorni”, esordisce la sottosegretaria ed ex ministra per le Riforme, evidentemente non aggiornata sul fiume di improperi che si coniuga al suo nome, soprattutto sui social locali. “Il mio rapporto con questo territorio è già di amore e passione, lo conosco non solo perché è diventato la destinazione delle mie vacanze, ma anche alla luce della mia attività di governo”, e qui sfiora con gli occhi ricolmi di gratitudine la spalla dell'onorevole Bressa. L'accenno retorico però s'interrompe subito e viene affrontato con risolutezza il punto dolente, ovvero le accuse girate negli ultimi giorni, ricalcate su certe dichiarazioni fatte nel 2014 allorché, addirittura, lei avrebbe dichiarato di voler abolire le regioni a statuto speciale. “Questa è una notizia del tutto falsa, non ho mai detto quelle frasi e trovo davvero buffo doverle smentire adesso, visto che già le smentii quattro ore dopo essere state diffuse”. A voler misurare l'autonomismo della Boschi sui fatti (in sostanza quelli che si trovano nelle dichiarazioni dei potentati Svp) le chiacchiere insomma “stanno a zero”. “Il PD ha sempre tenuto alla salvaguardia delle minoranze linguistiche e in questi anni, insieme a Matteo Renzi, abbiamo fatto di tutto per rispettare e valorizzare le specialità del territorio con un lavoro a 360 gradi”. “Certo, non tutto è stato fatto – continua –, ma il nostro impegno è per l'appunto quello di proseguire nel cammino intrapreso, portare avanti le riforme ancora necessarie – (tra le quali – udite udite – si è alluso alla toponomastica, ndr) al fine di rinsaldare un'autonomia così fondamentale sullo scacchiere europeo”.
Non esistono collegi blindati
C'è spazio per qualche domanda finale, a bruciapelo. Perché non si è candidata ad Arezzo? “Sono stata candidata qui (e in verità anche altrove, per esempio in Sicilia, ndr) perché il partito ha ritenuto di voler disporre in questo modo dei suoi uomini (sic!) migliori. Ritiene che ciò sia stato fatto perché questo è un collegio blindato? “Non esistono collegi blindati, i giochi sono aperti e bisognerà combattere fino all'ultimo voto”. Lei parla tedesco? “No, solo qualche parola, ma spero che frequentando Bolzano riuscirò un po' a impararlo”. Quale risultato otterrà il PD? “Sono convinta che supereremo il 25%”. Una domanda a bruciapelo anche per Bressa, prima del sipario: “Onorevole, non crede che l'attuale legge elettorale favorisca in modo spudorato il PD e la SVP, di fatto precludendo ogni ipotesi di successo alle altre formazioni politiche?”. La risposta è contenuta in un guanto di sfida: “La legge elettorale è la stessa in tutto il paese, qui abbiamo solo delle clausole che difendono le minoranze, ma non ostacolano di certo la libera competizione elettorale”. Insomma, mentre la Boschi si è già alzata e sorride guadagnando rapidissima l'uscita, l'ultima parola, tra poco più di un mese, passerà agli elettori.
Da hat der Dr. Lantschner
Da hat der Dr. Lantschner doch eine Chance!
"La legge elettorale è la
"La legge elettorale è la stessa in tutto il paese, qui abbiamo solo delle clausole che difendono le minoranze"... che understatement, signor Bressa! Non ci sono solo le clausole che garantiscono di fatto un monopolio a differenziare il sistema elettorale a livello locale da quello nazionale ma anche il rapporto fra collegi uninominali e seggi distribuiti secondo il proporzionale. Il nucleo del Rosatellum è costituito dal fatto che circa 2/3 dei mandati sono assegnati con il metodo proporzionale, per sua natura più rappresentativo delle diverse realtà, e solo 1/3 secondo quello maggioritario. Ebbene, in regione questo rapporto è stato capovolto prevedendo 6/11 (ca. il 55%) dei seggi assegnati col maggioritario alla camera e 6/7 (ca. il 86%) al senato. Anzi, a dire il vero al senato tutti i seggi sono assegnati col principio maggioritario (che per sua natura non lascia scampo ai partiti minori) perchè cos'altro è un sistema proporzionale che mette in palio un solo seggio se non un maggioritario???