L'accordo è morto, viva l'accordo
Nelle ultime ore stanno facendo molto discutere le dichiarazioni rilasciate in un'intervista estiva alla tv di stato tedesca dal vicecancelliere della Germania, Sigmar Gabriel della SPD, secondo cui sarebbero "de facto falliti" i negoziati sul trattato commerciale transatlantico di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, meglio conosciuto con l'acronimo "TTIP". Accanto al sospiro di sollievo di cittadini e organizzazioni europee contrarie alla firma dell'accordo tra USA e UE, si è levata la voce di quanti non intravedono nelle frasi del vice-cancelliere e ministro all'economia tedesco la vera pietra tombale sul TTIP. "Non è finita", scrive il vicedirettore del Fatto Quotidiano Stefano Feltri, mentre il Post sottolinea come il trattato fosse ritenuto da più parti già sostanzialmente morto.
Gabriel sagt: "TTIP de facto gescheitert", er sagt nicht "Es ist gescheitert, lasst uns die Verhandlungen beenden."
— Michel Reimon (@michelreimon) 28 agosto 2016
Il parlamentare europeo della SVP Herbert Dorfmann non vede nulla di nuovo sotto il sole di fine agosto: “Era prevedibile da tempo che l'auspicio dell'Europa, compreso il governo tedesco, di chiudere l'accordo entro il termine dell'amministrazione Obama non si sarebbe concretizzato. Ed è chiaro che il governo tedesco non voglia fare coincidere il dibattito sul TTIP con la campagna elettorale in Germania, che si avvierà quest'autunno in vista delle elezioni del prossimo anno”. Secondo l'eurodeputato sudtirolese del PPE, altro fattore rilevante è l'esito del referendum sul Brexit: “Ha cambiato le carte in tavola, perché la Gran Bretagna è un mercato di primaria importanza per gli Stati Uniti, e la prospettiva di avere il Regno Unito al di fuori del mercato unico, quindi non interessato dal TTIP, rende l'interesse americano molto più debole. E questo potrebbe avere delle conseguenze molto negative, se viste dalla prospettiva europea”. Prosegue Dorfmann: “Gli americani cercheranno di fare un accordo con la Gran Bretagna appena uscirà dal mercato unico, con regole molto più vantaggiose per loro e più svantaggiose per gli inglesi. Agli statunitensi non importerà nulla delle indicazioni di origine protetta, del cloning, degli OGM. Tutto ciò su cui noi pretendiamo un accordo chiaro, senza il quale il TTIP non verrebbe accettato dagli europei perché non converrebbe loro, gli inglesi lo avranno a basso prezzo: l'Inghilterra potrebbe diventare il ponte tra mercato americano e quello europeo. Una prospettiva che non mi piace affatto, quella di un accordo di libero scambio molto liberale tra Stati Uniti e Regno Unito, quando quest'ultimo manterrà con noi forti rapporti commerciali”. Herbert Dorfmann non condivide inoltre l'euforia delle ultime ore sul fallimento dell'accordo, “non è certo uno scenario che arriva a nostro vantaggio”. “Non sarebbe stato logico che l'accordo sullo scambio commerciale più importante del mondo, com'è il TTIP, si concludesse dopo appena un anno e mezzo di negoziati, mentre con il Canada abbiamo trattato per 5 anni: è necessario tempo, non un accordo alla svelta. Il mercato tra Unione Europea e Stati Uniti va comunque avanti senza accordi: qualcosa può migliorare con un trattato fatto bene, altrimenti può solo peggiorare. Staremo a vedere cosa accadrà adesso negli Stati Uniti, dato che siamo a poche settimane dalle elezioni” conclude il deputato europeo della Südtiroler Volkspartei.
“Gabriel cede su qualcosa che la maggioranza ha già dato per morta, come se fosse una promessa, ma è una presa d'atto. Il vero banco di prova è il CETA.”
“Anche quando Greenpeace rivelò i TTIP-leaks, Dorfmann disse che non c'era nulla di nuovo, ma dalla lettura di quei documenti si capiva molto di più di quanto si potesse intuire prima, che gli americani non cedevano su niente”: per Florian Kronbichler, parlamentare di SEL/Sinistra Italiana e Verdi sudtirolesi alla Camera dei Deputati, “da parte di Gabriel c'è solo furbizia”. “Adesso fa l'oppositore, perché è in difficoltà lui, come lo è il partito socialdemocratico. Fa una promessa gratuita sul TTIP, già considerato spacciato dallo stesso Hollande, quando l'opposizione si sta concentrando sul pericolo più imminente, ovvero l'accordo con il Canada (CETA). All'opinione pubblica fa meno paura, ma le corporazioni si sono già organizzate in Canada e da lì potranno svolgere tutti gli affari che non possono fare altrimenti, senza TTIP”. A detta di Kronbichler, “anche l'Italia non fa più la voce grossa, seppure Renzi non abbia indietreggiato di un millimetro rispetto alla sua relazione sullo stato dell'Europa, quando dichiarò che il supporto del governo al TTIP è totale e incondizionato”. Anche la pubblicità sul TTIP, nella sala lettura dove Kronbichler si è recato per primo come parlamentare della Repubblica, “è una burla, ci si vada o meno”: “Il governo dichiara che in due mesi l'offerta è stata maggiore della domanda, avendo aperto una seconda sala di lettura che poi altro non è che un secondo tavolo. Solo 18 parlamentari vi si sono recati in 2 mesi, ma lo capisco, ci si va per principio e provocazione, dato che è materialmente impossibile consultare otto tomi senza indici e non tradotti, con il solo supporto di un vocabolario Garzanti italiano/inglese delle scuole”. “Il governo italiano si è fermato al CETA – conclude il deputato di SEL – e all'interrogativo sulla natura di trattato misto, che deve passare al vaglio dei parlamenti nazionali. E secondo Calenda il CETA non è un accordo misto, ma di sola competenza della Commissione e del Parlamento europeo”. Tornando alla Germania, “Gabriel, da uomo di partito, ministro all'economia e segretario della SPD, vuole convincere i socialdemocratici tedeschi a dire sì al CETA il 19 settembre in una riunione di partito, quando buona parte non è d'accordo e ritiene il CETA un modo per bypassare il TTIP, visto che aziende americane interessate al trattato tra USA e UE hanno già sede legale in Canada. Entro l'era Obama il TTIP è impossibile, quindi Gabriel chiude sul TTIP e punta sul CETA”.