Nel fiume della disinformazione

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A Dobbiaco, tra le montagne che da anni fanno da cornice a riflessioni sul cambiamento climatico e su modelli di sviluppo sostenibile, quest’anno i campanelli di allarme sono risuonati non solo per quanto riguarda il futuro dell’ambiente, ma anche per il futuro delle nostre democrazie. Sotto la nuova direzione di David Hofmann e Jess Delves la 36ª edizione dei Colloqui ha scelto come tema media e disinformazione: il funzionamento della democrazia, dicono gli organizzatori, è una "condizione imprescindibile per la trasformazione ecologica” e la democrazia ha bisogno di cittadini informati. Molti gli interventi che hanno evidenziato come e con quale facilità funziona il fiume della disinformazione nel quale navighiamo e come ha già intaccato le fondamenta delle democrazie liberali per le nostre democrazie.
Tra i molti contributi di alto livello uno degli allarmi più forti è arrivato da Marcus Bensmann, giornalista investigativo e cofondatore del collettivo tedesco correctiv, che con toni asciutti ha tracciato una mappa delle minacce geopolitiche e politiche che incombono sull’Europa. -
SALTO change a settembre
“Media e lavoro di informazione sotto pressione” è il tema centrale di SALTO change nel mese di settembre. Ci siamo orientati al tema annuale del partner di cooperazione di settembre Toblacher Gespräche Riconquistare la fiducia: media e società per uscire dalla trappola della disinformazione.
SALTO ha parlato con diversi protagonisti dei Colloqui, ai quali ha partecipato anche con un worskhop sul giornalismo costruttivo. Tutti gli articoli della serie SALTO change sono disponibili a questo link.
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Secondo Bensmann l’Europa non può ad esempio illudersi di essere un osservatore neutrale nella guerra in Ucraina: “Non siamo mediatori, siamo la preda,” ha detto, ricordando che alla minaccia russa si aggiunge il disimpegno degli Stati Uniti sotto il Presidente Trump, che, oltre a sferrare un assalto diretto alle istituzioni americane, ha messo in discussione il tradizionale patto di sicurezza delle democrazie occidentali. In mezzo a queste pressioni geopolitiche, l’Europa si trova a fronteggiare un terzo spettro: la crescita di una nuova destra radicale che, in Germania, si concretizza nel ritorno della vecchia ideologia cosiddettavölkisch.
Bensmann, che recentemente ha raccontato a SALTO l’inchiesta di correctiv che ha svelato i progetti del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), ha ripercorso le radici di questo pensiero, dall’idealismo del filosofo Johann Gottlieb Fichte al giurista Carl Schmitt fino alle elaborazioni dei teorici neonazisti e dei leader odierni della AfD, mostrando come la divisione tra “proprio” e “straniero” giustifichi oggi la parola d’ordine della destra radicale: “remigrazione”, parola d’ordine nelle recenti strategie dell’estrema destra tedesca e austriaca di cui Martin Sellner è il principale ideologo. Dietro la patina pseudo-tecnica, ha osservato Bensmann, si cela un piano di esclusione radicale: “Remigrazione non è un inasprimento delle leggi sugli stranieri: è il linguaggio codificato per dire che anche cittadini tedeschi, se ritenuti ‘non assimilati’, dovrebbero essere espulsi.” A chi gli chiedeva quale ruolo resti ai giornalisti in questo scenario, Bensmann ha risposto con una metafora: “Wir sind vielleicht nur noch die Lotsen in einem Fluss – wir können warnen vor den Strudeln und Wasserfällen – forse ora siamo soltanto come i piloti in un fiume: possiamo segnalare i mulinelli e le cascate.” -
Non si tratta di un dettaglio tecnico
Anche per Virginia Padovese, direttrice per l’Europa di NewsGuard, ai giornalisti spetta un ruolo fondamentale per mettere in guardia contro le cascate e i mulinelli della disinformazione. NewsGuard è una piattaforma che valuta la credibilità e la trasparenza dei siti di informazione e che documenta come le notizie false corrono sempre più veloci e indisturbate, grazie alle nuove tecnologie. Padovese ha illustrato una ricerca che NewsGuard conduce su chatbot generativi (quelli che ormai usiamo quotidianamente, anche per chiedere cose banali come una ricetta del pollo al curry): ha esaminato vari modelli – dieci in totale – per valutare quanto le risposte offerte riproducano disinformazione o riferiscano a fonti problematiche. Il risultato è che tutti i chatbot testati hanno replicato contenuti non accurati almeno in parte, spesso citando come fonti siti di propaganda, spiegando anche come sia facile ormai crearli dal nulla, grazie all'intelligenza artificiale: finti siti di informazione che alimentano poi i flussi verso i chatbot generativi, inm un meccanismo che si autoalimenta continuamente. L'obiettivo dei siti falsi, ha detto, non è più quello di raggiungere direttamente gli utenti, ma di entrare nei database usati dai tanti Large Language Models (LLM) e quindi sui nostri schermi.
Padovese avverte che il rischio non è solo tecnico ma sociale: i chatbot tendono a dare una sola risposta, eliminando la pluralità e il confronto tra fonti, e dunque impoverendo il dibattito. Secondo lei l’intervento non può essere solo tecnologico (migliorare gli algoritmi), ma culturale: servono strumenti che rendano trasparenti le pratiche editoriali e un’educazione – già dalle scuole elementari- all’uso critico dell’informazione, affinché gli utenti sappiano valutare non solo cosa restituisce un chatbot, ma da dove attinge. In un’intervista ha ribadito che non si tratta solo di un dettaglio tecnico “ma di una questione di democrazia: se le informazioni che plasmano l’opinione pubblica sono distorte, la società diventa più fragile.
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Piloti nel fiume della disinformazione
SALTO, che ha accompagnato i Colloqui con una serie di interviste e approfondimenti, ha partecipato a uno dei workshop offerti, in colloquio con la giornalista Julia Tappeiner, offrendo alcuni spunti su come fare informazione senza creare ulteriori divisioni. Un tentativo di risposta alle domande poste nel suo intervento dal professore di comunicazione dell'Università di Lispia Uwe Krüger, che ai Colloqui ha illustrato la pericolosa crisi di fiducia nei media in Germania, Austria e Italia, dove meno della metà dei cittadini dichiara di credere alle notizie. Prendendo come esempio la copertura mediatica della pandemia in Germania, Krüger ha notato che "quello che è mancato è stata la tolleranza verso l’ambiguità e il confronto aperto. Senza di questo, a perdere è soprattutto la fiducia del pubblico”.
Bensmann aveva concluso il suo intervento ammonendo che credere che le conquiste delle democrazie liberali siano intoccabili è pura ingenuità: sta all’Europa decidere se affrontare con fermezza le minacce o se illudersi di poter convivere con esse. Non solo i media - anche gli eventi come i Colloqui di Dobbiaco sono piloti indispensabili per segnalare mulinelli e altri pericoli lungo il percorso. “È in ultima analisi una nostra scelta – ha concluso Bensmann – se questa sarà o meno l’ultima estate della nostra libertà”.
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