Quanto “costa” la libertà di stampa

“Ognuno di noi rischia ogni sera di diventare il fatto di cronaca del giorno dopo”, diceva Marcel Proust, un'insidia ben nota sopratutto a una certa categoria di giornalisti. Nel 2015 sono stati 110 i reporter che hanno perso la vita, molti - quasi due terzi - non si trovavano in paesi formalmente in guerra, un dato in controtendenza rispetto agli anni scorsi. Ad attestarlo il rapporto di Reporters senza frontiere (RSF), che vuole che venga nominato “un rappresentante speciale del segretario generale dell'Onu per proteggere i reporter”.
Dei 110 citati, 67 sono stati uccisi nell’adempimento del loro lavoro mentre 43 hanno perso la vita in circostanze avvolte dal mistero. Un fatto ancora più preoccupante, sottolinea l’organizzazione, perché elimina il discrimine tra il rischio assunto con consapevolezza dagli inviati di guerra e i 'semplici cronisti' che operano in Paesi non in guerra ma dove la criminalità teme la stampa. Nel calcolo risulta anche la perdita di 27 "citizen journalist" non professionisti, e sette tra cameramen, fonici e tecnici. La minaccia principale viene dai cosiddetti "gruppi non statali" come i jihadisti dell'Isis.
I Paesi più a rischio per svolgere la propria professione di giornalisti sono: Iraq (11 morti) e Siria (10) seguita dallo Yemen (8 morti) dove è in corso una guerra civile tra sunniti sostenuti da Riad e ribelli sciiti Houthi appoggiati dall'Iran. Anche la Francia, nella conta, con le 8 vittime dell'attacco al settimanale satirico 'Charlie Hebdo' del gennaio scorso. Seguono l'India con 9 morti e il Sud Sudan (7 vittime). Il Messico sarebbe uno dei Paesi più pericolosi al mondo per chiunque, civili inclusi, dove i narcos controllano intere aree del Paese. Lì i giornalisti morti sono stati 8, nelle Filippine 7, così come in Honduras.
Altissimo, inoltre, il numero di reporter rapiti e tenuti in ostaggio, ben 54 di cui 26 in Siria, 13 in Yemen, 10 in Iraq e 5 in Libia. Sono invece 154 i giornalisti finiti in prigione per aver svolto il loro lavoro: 23 in Cina, 22 in Egitto, 18 in Iraq, 15 in Eritrea, 9 nella Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan che ha fatto arrestare giornalisti e chiudere testate. Gli altri 69 reporter sono detenuti in carceri nel resto del mondo.
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