Mentre le sillabe di questa noterella si allineano sullo schermo del pc, a Bolzano è ancora in pieno svolgimento la versione stra-cittadina di Talent Show che, in perfetta sincronia di movimenti, destra e sinistra, con ubiqua partecipazione del centro, stanno dedicando alla scelta dei candidati per concorrere alla carica di Sindaco.
È possibile e financo probabile che quando le sillabe verranno lette, uno o ambedue gli schieramenti abbiano esaurito il travaglio del parto, abbiano un nome e possano finalmente dedicarsi (forse) ad appiccicargli addosso un programma, ma, devo confessarlo, non è questo l'argomento sul quale mi pare utile spendere, nella circostanza, qualche parola.
Mi sembra che nei vari frammenti di dibattito nei quali non si discute delle doti dei difetti di questo o quell'aspirante, non si faccia punto menzione di un aspetto della vicenda che pure potrebbe essere abbastanza significativo quando, il 5 maggio (data fatidica!), si tireranno le somme dell'intera operazione.
La questione è quella, tanto per essere spicci, dal rifiuto di andare a depositare la scheda nell'urna.
Le ultime tornate elettorali, politiche, provinciali e comunali di Laives hanno delineato un trend che più chiaro di così non potrebbe essere. Ad ogni elezione cresce il numero di coloro che voltano le spalle al seggio e dedicano il loro tempo domenicale ad altri impicci. Vanno in montagna o magari a far la spesa, ignorando l'anatema congiuntamente emesso dalla Chiesa e dall'Unione del commercio, ma a votare no, non ci vanno più.
Il fenomeno ha caratteristiche peculiari e, come avviene per tutto quel che succede tra Salorno e il Brennero anche qualche risvolto etnico. I dati delle ultime elezioni dicono innanzitutto che la tendenza è in crescita e che quindi non ci si potrebbe stupire più di tanto se, nel maggio prossimo, a Bolzano e forse anche a Merano, si rischiasse di scendere sotto il "muro" del 50% di elettori votanti. Abbiamo citato non a caso i comuni dove è presente il maggior numero di elettori di madrelingua italiana perché dai dati sull'affluenza registrati in occasione delle ultime elezioni pare abbastanza evidente che il fenomeno interessa in modo davvero più marcato l'elettorato italiano rispetto a quello tedesco e ladino.
Gli effetti si sono visti sia alle ultime provinciali con un numero di consiglieri italiani eletti sensibilmente inferiore rispetto al quinquennio precedente, sia alle elezioni comunali di Laives dove l'exploit del candidato SVP ha avuto origine anche da un aumento di consensi proporzionalmente superiore a quello registrato dalle liste italiane.
Bolzano, come composizione dell'elettorato, assomiglia un po' a Laives ed è quindi immaginabile senza troppi voli di fantasia che, nelle segrete stanze di via Brennero, qualcuno culli il sogno di portare l'attuale vicesindaco al ballottaggio e sfruttare poi i veti incrociati dei due schieramenti avversari per riportare, dopo un secolo, un sudtirolese sulla poltrona che fu di Julius Perathoner.
È uno scenario che la legge dei numeri definisce come poco realistico, ma che viene giustificato proprio con la tendenza al non voto.
In uno dei vari passaggi della caccia al candidato era spuntata, se non ricordiamo male, anche l'idea di un sondaggio per fissare i tratti somatici della o del migliore da schiaffare sui manifesti elettorali. Proposta rientrata con la velocità di uno dei missili fallati di Elon Musk, ma forse si potrebbe e si dovrebbe convertire il tentativo in un'indagine mirata verso un altro obiettivo: capire bene perché le persone non vanno più a votare. Capire chi sono coloro che hanno rinunciato a mettere la scheda nell'urna in una terra nella quale l'imperativo categorico del voto era una sorta di aggregato al precetto religioso domenicale (e forse non è un caso che chiese e sezioni elettorali si siano svuotate contemporaneamente). Capire se sono soprattutto i giovani che a votare non sono mai andati o gli anziani, se il fenomeno interessa più o meno determinate classi sociali. Chiedere, visto che si è sul posto, quali sono i motivi di questo rifiuto.
Qualche idea, è chiaro, ce l'abbiamo tutti. Non dimentico l'anziano che passando accanto ad un'attivista dei Verdi al mercato del giovedì di via Rovigo, le sibilava addosso astioso: "Tanto siete tutti uguali". E lei a guardarlo, attonita, pronta a incassare ogni tipo di insulto ma non quello di essere della stessa pasta dei due leghisti che, pochi passi più in là, sparlavano di immigrati.
Capire i motivi, dunque, e magari con l'occasione cercare anche di indagare quali sono le fonti attraverso cui questi renitenti recuperano la visione del mondo che li costringe a lasciare intonso il certificato elettorale: i vicini di casa, la signora incontrata in coda alla cassa del supermercato, il gruppone Facebook?
Una bella inchiesta in questo senso non farebbe male e magari, a sopportarne i costi, potrebbe addirittura essere l'ente pubblico pronto a mettere in campo le falangi dei rilevatori ASTAT. Sarebbe un bell'esercizio accademico anche per le strutture di una facoltà di Sociologia.
Roba seria, fatta con tutti i criteri scientifici e prendendosi il tempo giusto. Ormai per queste comunali i termini sono scaduti e si va avanti come sempre a forza di Talent Show, ma le elezioni, come gli esami, si sa, non finiscono mai.