L’interetnicità è “come l'araba Fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa". Prendo a prestito i versi del Metastasio per parlare anch’io, come fanno partiti e movimenti, dell’interetnicità che, da qualche anno a questa parte, è diventata il mantra di ogni campagna elettorale locale.
Il mio primo voto amministrativo risale al lontano 1973: un’era fa, un altro mondo.
Se guardo alla composizione di quel Consiglio Provinciale noto che l’unico partito ad avere eletti di madrelingua italiana e tedesca è il PCI/KPI. E lo stesso nel 1978. Poi con la nascita del movimento verde alternativo il testimone di eleggere consigliere/i dei due gruppi linguistici è passato a loro fino a quando alle ultime provinciali hanno mancato l’obiettivo.
Eppure negli ultimi 20 anni quasi tutte le forze politiche si sono presentate alle elezioni esibendo candidati del gruppo linguistico diverso dal proprio potenziale elettorato come prova di interetnicità ma puntualmente quei candidati/ quelle candidate non ce l’hanno fatta.
Gli epigoni del PCI/KPI hanno negli anni continuato ad avere iscritti di lingua tedesca, a produrre documenti, materiali non solo elettorali nelle due lingue, hanno candidato uomini/donne di lingua tedesca in testa di lista ma non sono più riusciti a portarli negli organi elettivi salvo qualche sporadico episodio territoriale. La capacità di indirizzare il voto è sfumata con la destrutturazione del partito e la scomparsa delle sezioni.
L'SVP, che per Statuto è il partito di raccolta delle minoranze tedesca e ladina e non candida italiani, ma viene votato dagli italiani.
I Verdi che, ai loro esordi sono stati vissuti come gli Hoffnungsträger del nuovo Sudtirolo, hanno negli anni perduto la capacità di attrazione del voto italiano dei centri urbani, o almeno così pare confrontando le mappe elettorali di tornate omogenee.
Perché questo sia accaduto non me lo so spiegare: che abbia a che fare con la crisi dei partiti tradizionali e l’incapacità di offrire prospettive politiche che vadano al di là del qui ed ora? Con il governismo come unico “ubi consistam”? Che sia un effetto collaterale dell’astensionismo montante? Che dipenda dal fatto che le comunità viaggiano parallele, che la convivenza non solo è stata rinviata (per citare il bel libro di Piero Agostini) ma oramai ci siamo abituati all’ “ohneeinanderleben” e stiamo pure bene in questa situazione?
E poi c’è il fenomeno opposto, ovvero quella SVP, che per Statuto è il partito di raccolta delle minoranze tedesca e ladina e non candida italiani(salvo rare eccezioni) ma viene votato dagli italiani: stando alle analisi dei flussi elettorali delle ultime Provinciali, gli italiani le avrebbero garantito un eletto.
Staremmo parlando di interetnicità se le regole del gioco fossero diverse? Se cioè la rappresentanza nelle istituzioni, ed a cascata nel sottogoverno, non fosse strettamente legata al numero degli eletti rispettivamente italiani e tedeschi?
Non ne sono così sicura, anche perché fino agli anni ottanta quando l’appartenenza linguistica trovava rappresentanza politica numericamente adeguata, non era un tema se non per il PCI/KPI che fu casa politica di compagni e compagne a prescindere dalla madrelingua. E poi è stata la bandiera di Neue Linke e dei Verdi che, proponendosi come i costruttori del nuovo Sudtirolo, si opponevano al modello SVP, partito di raccolta linguistico che si alleava con il partito omologo italiano.
Da quando la SVP ha perso la propria forza di attrazione in particolare a favore di Verdi, Team K il voto italiano è diventato “prezioso” quando ci si siede al tavolo per costruire gli esecutivi, e l’interetnicità delle liste è diventa un “must”
Ma l’elettore pare non “cascarci”, ovvero pare non scegliere chi gli è estraneo.
E’ con amarezza profonda che guardo a questa terra dove, a ottant’anni dalla nascita della Repubblica, viviamo da separati in casa e ci accorgiamo dell’altro solo in prossimità delle elezioni sbandierando, chi più chi meno, la propria interetnicità: una parola vuota che, se non si sostanzia in buone pratiche, non produce (come non ha prodotto) i risultati elettorali preconizzati.