La musica delle traduzioni
Ha scritto una volta Gesualdo Bufalino: “Il traduttore è con evidenza l'unico autentico lettore di un testo. Certo più d'ogni critico, forse più dello stesso autore. Poiché d'un testo il critico è solamente il corteggiatore volante, l'autore il padre e marito, mentre il traduttore è l'amante” (Il malpensante, 1987). La citazione gioca qui col vecchio topos della fedeltà (o dell’infedeltà) che guiderebbe il fare specifico dei traduttori, consegnati – proprio come fossero amanti chiusi frettolosamente in un armadio – all’invisibilità di un lavoro in genere oscuro.
La sottovalutazione di questo ambito non si riduce però soltanto a un problema specifico di “visibilità individuale”. Può accadere infatti che intere società, costrette a usufruire di cospicue dosi di traduzioni per sopravvivere anche a un semplice livello amministrativo, tendano a snobbare gli estensori del prezioso servizio. E quella dell’Alto Adige/Südtirol (terra che vive di traduzioni fin dal suo stesso nome) non fa certo eccezione.
Stefano Zangrando e Umberto Gandini
Per contrastare tale tendenza, a Bolzano è stato così istituito un seminario (o laboratorio) specificatamente dedicato allo scambio di esperienze e all’approfondimento dei vari aspetti legati al tradurre. Animatore del progetto è Stefano Zangrando (cultore di letteratura, scrittore e ovviamente traduttore), il quale ha invitato al battesimo di Checkpoint alpha beta (questo il nome del laboratorio, già presente online con una sua pagina facebook) Umberto Gandini, notissimo traduttore residente a Bolzano dall’inizio degli anni Sessanta, per ascoltare dalla sua voce alcune impressioni e consigli sull’attività che costituirà il fulcro della futura attività seminariale.
Attingendo alla sua esperienza pluridecennale, Gandini ha toccato con disinvoltura svariati aspetti (anche dolenti) inerenti il mestiere di traduttore: la scarsa retribuzione, la diffidenza narcisistica degli autori tradotti, la velocità dell’esecuzione (“una traduzione consegnata puntualmente è più apprezzata di una buona traduzione”). Tra questi il ruolo decisivo della mediazione letteraria, vale a dire il processo che dall’innamoramento di un libro o di un testo dovrebbe poi portare alla sua pubblicazione in un’altra lingua. “I traduttori, specialmente quelli che lavorano con lingue come il tedesco, sanno che molto difficilmente potranno guadagnarsi da vivere facendo solo questo. Le case editrici pretendono generalmente una sinossi in inglese di ciò che viene loro proposto e l’interesse principale resta comunque legato alla vendita del prodotto, non tanto alla sua qualità assoluta. In questo senso il compito di un mediatore, cioè di colui il quale riesce ad attirare l’attenzione delle case editrici su un’opera da volgere in traduzione, è essenziale”.
Dopo aver parlato della traduzione come di una ricerca quasi musicale (“ogni libro ha una sua musica, una sua sonorità particolare, e il traduttore ha il compito di scoprirla per poterla ricreare”) e ricordato alcuni episodi del passato – per esempio il colpo di fortuna che sbloccò la traduzione del romanzo Die Walsche di Joseph Zoderer, dovuto all’interessamento di un giornalista vicino alla casa editrice Mondadori (il famoso ruolo del mediatore), o una telefonata durata tutta la notte con Thomas Bernhard spesa a calmarne le apprensioni – Gandini ha infine ribadito che il seminario dovrebbe in primo luogo evitare le sabbie mobili del provincialismo, individuando cioè in Bolzano un luogo di ricezione e smistamento di oggetti culturali prodotti o destinati altrove: “Anche quando facevo il giornalista, ho sempre pensato che era meglio pubblicare un articolo a Milano che dieci a Bolzano”.
I partecipanti al primo seminario – Rut Bernardi, Anna Rottensteiner, Werner Menapace, Lorenzo Bonosi, Francesca Bagaggia, Dominikus Andergassen, Toni Colleselli e Aldo Mazza (per così dire il padrone di casa) – si sono dunque lasciati tracciando le linee di sviluppo dei prossimi incontri, i quali vedranno un mix di esercitazioni pratiche su testi in lavorazione e appuntamenti più teorici in cui, oltre che a proporre il seminario stesso come centro di irradiamento di una nuova cura e cultura del tradurre, si tenterà anche di porre le basi per un evento aperto a un pubblico di non specialisti.