Gesellschaft | Testamento Biologico

“Disperati a morte”

Fine vita, Herbert Heidegger, presidente del comitato etico provinciale: “Il medico si deve saper confrontare con il desiderio di morte dei pazienti”.
Herbert Heidegger
Foto: barfuss.it

“Lo sviluppo della medicina moderna ha reso possibile la guarigione delle malattie o almeno di intervenire in modo positivo sul loro decorso. Non possiamo, tuttavia, non considerare anche il rovescio della medaglia: quando le terapie prolungano la sofferenza e il processo del morire, le conquiste in sé tanto benefiche della medicina sono davvero nell’interesse del paziente?”.

Tale interrogativo si pone il presidente del comitato etico provinciale nonché primario di ginecologia ed ostetricia presso l’ospedale di Merano Herbert Heidegger, cui abbiamo chiesto un parere sulle delicate questioni che si sollevano attorno al fine vita.

Per il presidente la realtà della fase terminale della vita fa paura a molte persone, in particolare quando si pensa alle situazioni in cui si potrebbe perdere la capacità di esprimere la propria volontà, di cadere in uno stato di incapacità mentale e di lasciare che siano gli altri a scegliere per noi.

 

Salto.bz: Dottor Heidegger, Lei è favorevole al testamento biologico?

Dottor Herbert Heidegger: Le Direttive anticipate di trattamento rappresentano uno strumento per esprimere la propria volontà relativamente alla fase terminale della vita e possono diventare un momento importante di riflessione sulla transitorietà dell’esistenza: si vorrebbe poter decidere in prima persona se dare o negare il consenso all’inizio o alla prosecuzione dei trattamenti sanitari. In questo modo le persone possono, anche quando non sono più in grado di esprimere la propria volontà, contribuire, nel rispetto della propria autonomia, alle decisioni riguardo ai trattamenti sanitari. Per familiari, medici e curanti può essere di grande aiuto sapere fino a che punto arrivare nell’utilizzare strategie e strumenti di mantenimento della vita.

L'alimentazione e l'idratazione forzate nei malati terminali sono trattamenti sanitari?

Nel dibattito etico attualmente in corso si è ormai affermata la convinzione che anche la somministrazione di nutrimento o di liquidi tramite una sonda sia da considerare un atto medico, che come tutti gli altri interventi medici richiede il consenso del paziente. Pertanto, l’alimentazione e l’idratazione artificiale non vanno eseguite, se non producono alcuna utilità o se procurano più danni che benefici ovvero se contrastano con la volontà attuale del paziente.

Nei casi in cui il paziente dichiari di non voler essere nutrito e alimentato a forza, quando è in fin di vita, puó il medico far valere l'obiezione di coscienza?

Il medico deve in ogni caso tenere in seria considerazione la volontà del paziente. Nel caso in cui il rapporto fiduciario tra medico e paziente venisse turbato, egli ha, secondo l’articolo 23 del Codice Deontologico, il dovere di prestare aiuto indicando una struttura o dei medici che siano in grado di esaudire la volontà del malato.

E' opportuno da parte di noi medici fare finalmente lo sforzo del primo passo nei confronti dei diritti dei pazienti in modo da riconoscere ad un individuo la facoltà, anche nel caso in cui egli abbia perso la capacità di consenso, di poter decidere sulla prosecuzione del trattamento

Nel caso in cui in futuro in Italia dovessero essere consentite l'eutanasia e il suicidio assistito, puó il medico in tale situazione far valere l'obiezione di coscienza?

Molti medici vedono nell’”aiuto assistito al suicidio” una contraddizione nell’etica medica, rifiutandolo per motivi deontologici. Questo modo di pensare deve essere in ogni caso rispettato. Al contrario, esistono medici che in presenza di una sofferenza insopportabile e incurabile si rendono disponibili ad assistere il suicidio assistito.

 Il diritto e la società devono essere orientate ad offrire una prospettiva di vita anche a chi è gravemente malato, ad esempio attraverso le cure palliative

Lei ritiene che nel nostro Paese eutanasia e suicidio assistito debbano essere ammessi?

Credo sia opportuno da parte di noi medici fare finalmente lo sforzo del primo passo nei confronti dei diritti dei pazienti in modo da riconoscere ad un individuo la facoltà, anche nel caso in cui egli abbia perso la capacità di consenso, di poter decidere sulla prosecuzione del trattamento. A ciò appartiene l’accettazione che la nutrizione parenterale e la somministrazione di liquidi sono atti medici. Preso atto di questo punto di partenza, anche il nostro paese acquisirà la maturità necessaria per affrontare temi più complessi quali “il suicidio assistito” e “l’eutanasia”. Personalmente sono del parere che il diritto e la società debbano essere orientate ad offrire una prospettiva di vita anche a chi è gravemente malato, ad esempio attraverso le cure palliative. È un dovere del medico quello di confrontarsi in modo rispettoso con il desiderio di morire del paziente. Certamente esistono alcuni rari casi in cui un medico possa ritenere un suo compito quello di prestare assistenza medica al suicidio.

Dal punto di vista etico la sedazione palliativa è una pratica corretta?

La volontà di porre fine alla propria esistenza esprime un senso di paura e di disperazione. Esistono persone che sono “disperate a morte”. Fa parte quindi dei doveri del medico il sapersi confrontare con il desiderio di morte dei pazienti. A questo proposito è necessario mettere a disposizione del malato il trattamento palliativo più adeguato, attraverso un’offerta multiprofessionale e interdisciplinare. La comunicazione deve essere sempre libera da pregiudizi e rispettosa. In presenza di sintomi refrattari al trattamento come la volontà di morire, in singoli casi anche la sedazione palliativa può essere indicata.