Politik | La crisi

Uomini irresponsabili

Così si è arrivati sull’orlo della guerra tra Ucraina e Russia.
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.
ucraina.jpg
Foto: Europa TODAY

Da una parte Stati Uniti e NATO fedeli, senza compromessi, al “principio della porta aperta della NATO" (1), dall'altra la Federazione Russa che vede l’entrata dell’Ucraina nell'Alleanza Atlantica una minaccia alla propria sicurezza, ma nella miscela esplosiva ci sono l’egemonia sui paesi vicini (e lontani), la Nato che dilaga, zero memoria storica, testardaggine e nessun riconoscimento delle ragioni dell’altro. Manca solo il casus belli, cioè l’evento o l’incidente che dia inizio ad una guerra sul territorio europeo.

Si, la diplomazia è al lavoro, ma le notizie che arrivano non sono per niente rassicuranti: all’impressionante ammassamento di uomini e mezzi militari russi al confine ucraino, si risponde con un forte rafforzamento militare della NATO, con l'invio di armamenti, con finanziamenti dell’Unione Europea per miliardi di euro e con la messa in stato di allerta di migliaia di soldati dall’altra parte dell’oceano Atlantico. La contro-risposta non si fa attendere: manovre militari a fuoco vivo in Crimea poi estese ad altre aree della Federazione Russa.  Sono tutte ottime iniziative per affossare qualsiasi tentativo diplomatico e per alzare i toni della crisi.

Sullo sfondo c’è anche il conflitto nel Donbass, ma ormai è chiaro a tutti che il motivo principe della crisi è l’allargamento ad est della NATO e la conseguente minaccia percepita dalla Russia. Del resto, la stessa Russia lo aveva chiarito sin dallo scorso 15 dicembre quando aveva chiesto a NATO (2) e agli Stati Uniti (3) di astenersi da un ulteriore allargamento della NATO all’Ucraina, di non stabilire basi militari e non dispiegare missili terresti a medio e corto raggio in aree che consentano di colpire la Russia.

La paura russa è giustificata. Il confine ucraino è a 450 km da Mosca e i missili lanciati dal territorio ucraino raggiungerebbero Mosca e i silos dei missili intercontinentali russi, in soli 5 o 6 minuti. Un tempo troppo breve per aspettarsi una risposta russa. Viene meno, così, la deterrenza; uno dei capisaldi del cosiddetto Equilibrio del Terrore. Nessuno verrebbe più dissuaso, in questo caso la NATO e gli Stati Uniti, dallo sferrare il primo colpo perché la risposta russa non potrebbe nemmeno aver luogo.

Può essere che Putin sia rimasto appeso al concetto di Guerra Fredda del secolo scorso ma gli Stati Uniti e la NATO, che sembrano averla dimenticata, non hanno fatto nulla per convincere la Russia ad abbandonare questa concezione. Anzi l’allargamento della NATO a 14 paesi, inclusi quelli dell’ex Patto di Varsavia e le tre nazioni baltiche, ha contribuito solo ad aumentare il senso di accerchiamento russo.

Precedenti storici

L’attuale confronto tra la Russia e gli Stati Uniti, riporta alla mente la crisi dei missili a Cuba del 1962. Allora l’Unione Sovietica inviò rampe e missili balistici a Cuba in risposta allo schieramento americano di missili in Italia, in Gran Bretagna e in Turchia. Il confronto che ne seguì portò il mondo vicinissimo ad una guerra nucleare. Gli americani creano un blocco navale intorno all’isola per impedire lo sbarco di altri missili. Le navi sovietiche giunte davanti al blocco Usa si fermarono; l’altissima tensione si allentò solo con il ritiro delle navi russe. La propaganda tenne all’oscuro l’opinione pubblica sui missili installati in Turchia e considerò il ritiro dei missili russi da Cuba una grande vittoria politica del Presidente John Fitzgerald Kennedy. La sola concessione alla Russia che fu resa pubblica, fu l’impegno degli Stati Uniti a non invadere nuovamente Cuba (la fallita invasione della Baia dei Porci risaliva solo ad un anno prima).

In realtà l’accordo tra i leader di Stati Uniti e Unione Sovietica, rimasto segreto per decenni, prevedeva che in cambio del ritiro dei missili russi R-12 e R-14 da Cuba, gli Stati Uniti avrebbero ritirato i loro missili PGM-19 Jupiter dalla Turchia. La risposta russa alla “provocazione” statunitense, quindi, ebbe il suo risultato.

Erano gli anni della cosiddetta “Guerra Fredda” tra i due blocchi divisi dalla “Cortina di ferro”. Ad ovest gli Stati Uniti e la Nato, ad est l’Unione Sovietica e i paesi del Patto di Varsavia. Nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, la competizione tra i due blocchi, diede il via ad una corsa agli armamenti che riempì i rispettivi arsenali di armi di ogni tipo, nucleari e non, che negli anni diventarono sempre più micidiali, potenti, precise e veloci.

Erano anche gli anni in cui nacque l’espressione “Equilibrio del terrore” e “Deterrenza” che indicano quella situazione nella quale l’arsenale nucleare di ciascuna delle due potenze (USA e URSS) era in grado di distruggere l’avversario, per cui nessuno dei contendenti sarebbe stato tentato dallo sferrare una guerra nucleare. Ne conseguiva che ad ogni nuova arma creata da una potenza, l’altra parte doveva rispondere dotandosi di un’arma simile oppure di un’arma in grado di contrastare la prima. I primi “lanciatori” di bombe nucleari furono i “bombardieri strategici” ai quali si affiancarono i missili balistici intercontinentali e missili balistici lanciati da sottomarini. La capacità distruttiva delle due potenze aumentò quando si trovò il modo di installare, su un solo missile intercontinentale, fino a 10 testate nucleari indipendenti, ciascuna in grado di colpire un obiettivo differente.

Per gli strateghi del Pentagono, però, la parità cioè “l’Equilibrio del Terrore” tra le due potenze non era sufficiente. La stessa locuzione fu sostituita con una più adeguata: “Dis-equilibrio del Terrore”. In pratica gli Stati Uniti dovevano contare su una forza militare più potente di quella dell’avversario. Un dis-equilibrio, non minimo ma in grado da essere percepito dall’avversario come certo e importante, per chiarire che qualsiasi attacco agli Stati Uniti avrebbe comportato una distruzione ben maggiore di quella che avrebbero potuto subire.

La corsa agli armamenti fu praticamente tirata dagli Stati Uniti; la Russia cercò sempre di rispondere colpo su colpo (come nel caso dei missili in Turchia e a Cuba), rincorrendo l’America con l’obiettivo di raggiungere la parità di capacità bellica. La corsa agli armamenti russi durò fino a quando la spesa militare contribuì in modo sostanziale al default dell’URSS; Mikhail Gorbachev fu costretto a prendere atto dell’insostenibile e perdente competizione militare aprendo una fase di dialogo e di accordi per la riduzione degli arsenali militari.

Invasione dell’Ucraina

La crisi sull’Ucraina tra Russia e Stati Uniti e Nato, dunque, è un remake della crisi dei missili a Cuba dell’ottobre del 1962. Altre conferme le si possono leggere nelle dichiarazioni ufficiali che sono seguite ai colloqui telefonici che Vladimir Putin ha tenuto, lunedì 24 gennaio, con il Presidente cubano Miguel Díaz-Canel. La “cordiale e fruttuosa conversazione”, come è stata definita, segue di qualche giorno la dichiarazione del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che non esclude un possibile dispiegamento di infrastrutture militari russe in America Latina (4).

Visto l’irrigidimento delle rispettive posizioni uscire dall’impasse della crisi Ucraina non sarà facile. Un modo per salvare il principio della porta aperta”, inderogabile per la NATO e per ridurre la minaccia alla propria sicurezza percepita dalla Russia, potrebbe essere un passo indietro dell’Ucraina; una rinuncia all’adesione alla NATO in cambio di un accordo di non belligeranza con il ritiro delle truppe russe dal confine ucraino. Un accordo nel quale potrebbe essere compreso anche l’avvio di una trattativa per una soluzione pacifica del conflitto nel Donbass.

Non è detto che un qualunque accordo di realpolitik riesca a farsi strada e un’invasione russa dell'Ucraina potrebbe essere sempre possibile; Vladimir Putin è combattivo quanto, o più, di Nikita Khrushchev e le esibizioni di forza in corso in tutta la federazione Russa nonché i contatti con la Bielorussia e la Cina stanno a dimostrare la sua determinazione.

Uomini irresponsabili?

Si, irresponsabili e sconsiderati, perché le rispettive prove di forze potrebbero portarci ad una guerra i cui contorni e conseguenze sono imprevedibili. Eppure, i governi delle potenze nucleari e l’Europa, dovrebbero preoccuparsi di altri problemi che affliggono il pianeta e che mettono a rischio la sopravvivenza del genere umano. Rimanendo, comunque, nel campo degli armamenti, non è stato ancora affrontato il problema del controllo dei missili ipersonici, che potrebbero mettere la pietra tombale sopra la deterrenza.

Questa nuova generazione di missili, che raggiungono una velocità tra le cinque e dieci volte quella del suono, è molto difficile da intercettare, bucando così le difese antimissile (5). Ciò significa che ciascuna delle potenze detentrici di questa arma potrebbe essere tentata di usarla come primo e risolutivo colpo diretto alla distruzione dei centri strategici avversari. Se mai ci potesse essere risposta, essa dovrebbe essere affidata all’intelligenza artificiale con tutti i rischi del caso (6).

  1. Dichiarazioni di Antony Blinken, segretario di Stato degli USA e di Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO.
  2. Agreement on measures to ensure the security of The Russian Federation and member States of the North Atlantic Treaty Organization.
  3. Treaty between The United States of America and the Russian Federation on security guarantees
  4. Russia: Putin discute con il venezuelano Maduro e il cubano Díaz-Canel - Osservatorio sulla sicurezza Internazionale Luiss, 25/01/2022
  5. Perché i missili ipersonici possono cambiare gli equilibri del mondo di Philippe de Boeck - Repubblica, 20 ottobre 2021
  6. In Europa i missili ipersonici degli Usa. È corsa al riarmo di Manlio Dinucci - Il Manifesto, 23 marzo 2021