Umwelt | RIFIUTI

Montagne di (inutili) sacchetti "bio"

Li mettiamo con la plastica, ma vanno nell’indifferenziato. Ma che fine fa ciò che entra nelle campane blu? E le capsule del caffè? Viaggio a puntate nel "riciclo"
Separazione sacchetti bio - rifiuti in plastica
Foto: Salto.bz Fabio Gobbato

Sarà la comprensibile e giustificata ansia da global warming, oppure quella da “tariffa puntuale” della Seab (cioè il fatto che la tassa rifiuti si paga in base alla produzione di “indifferenziata”) ma le campane blu per la raccolta della plastica sono spesso strapiene. Ma che succede una volta che passa il camion dello svuotamento? Quanta percentuale dell’indistruttibile materiale che soffoca i mari del pianeta viene trasformata in altra plastica e quanta bruciata per creare energia? Quanto materiale non plastico finisce nelle campane? In questo primo articolo di una miniserie dedicata al riciclo della plastica si cercherà di dare qualche risposta a quesiti concreti, per arrivare poi alle sorprendenti cifre sulla quantità di plastica che viene effettivamente riciclata.

Una visita di qualche ora all’impianto di selezione di Egna gestito dalla filiale italiana della austriaca Energie AG potrebbe spalancare le porte verso una sorta di mondo parallelo e cambiare del tutto lo sguardo verso il pianeta rifiuti ed il rapporto di un qualsiasi cittadino mediamente informato con lo smaltimento degli stessi.

 

Osservando il nastro che trasporta il contenuto delle campane della plastica, dopo pochi istanti si realizza che queste sono usate da molti cittadini come dei cassonetti dell’indifferenziato. Sì, è vero: una parte dello scarto finisce all’interno per errori forse commessi in buona fede e in parte dovuti alla scarsa informazione. Un concetto che, ad esempio, è senza dubbio poco chiaro a molti (lo era anche a chi scrive, per fare subito outing, ndr) è che lì dentro ci dovrebbero finire solo gli imballaggi di plastica, perché sono solo quelli che vengono accettati dal Consorzio che si occupa del riciclo. Corepla, così si chiama, paga infatti Energie AG solo per dare nuova vita agli imballaggi in plastica, in quanto solo per questi le aziende aderenti al consorzio hanno già pagato anticipatamente il contributo ambientale (una sorta di “tassa” che anticipa i costi di smaltimento).

Qualche esempio. Un vasetto di yogurt è un imballaggio. Sono imballaggi tutti i contenitori per alimenti e dei detersivi, le bottigliette di plastica, i blister dei medicinali … .Uno spazzolino da denti, la custodia di un cd, un giocattolo, invece, NON sono imballaggi e non dovrebbero andare nella campana blu ma nell’indifferenziato, in quanto le plastiche con cui sono realizzati non sono riciclabili. I vasi, le bacinelle, i mobili da giardino dovrebbero invece essere raccolti e portati al centro di riciclaggio assieme ad elettrodomestici in plastica (RAEE). Una cosa che bisogna sapere e sulla quale si tornerà nell’ultimo articolo, è poi che le plastiche che non sono imballaggi, in qualche modo vengono riciclate comunque o bruciate per produrre calore. Costituiscono, cioè, reddito per Energie AG.

Quello che crea un vero intralcio sono i sacchetti in amido di mais usati da qualche anno per la spesa al supermercato in ottemperanza ad una normativa europea

Va considerato anche che l’errore di chi infila questi oggetti di plastica "sbagliati", in buona fede o meno, ci può stare. Lascia invece senza parole lo scoprire che che su quel nastro si vede di tutto. Ma proprio di tutto: bottiglie in vetro (?), pannolini sporchi, scarpe, elettrodomestici, oggetti da sexy shop,  bottiglie di coca cola semipiene, frullatori … .Se molte plastiche che non sono imballaggi vengono in qualche modo recuperate, quello che costiuisce un evitabile intralcio nel lavoro di separazione sono i sacchetti in amido di mais, e quindi biodegradabili, usati da qualche anno per la spesa al supermercato in ottemperanza ad una normativa europea.

 

Una montagna di bio shopper

Se si cerca su Google "sacchetti biodegradabili" si trovano in sequenza articoli in cui viene detto tutto e il contrario di tutto. Quello che è certo è che NON DEVONO andare nella campana della plastica. E non possono neppure essere usati per l’umido come avviene laddove l’umido viene trattato in un certo tipo di impianti. E quindi dove diavolo devono andare?

Paradossalmente i vecchi sacchetti vietati dalle norme Ue potrebbero finire nelle campane della plastica ed essere agilmente riciclati, ma questi no

“Purtroppo da noi l’unica soluzione è che vadano nell’indifferenziato – spiega Andrea Girinelli, ingengnere responsabile dei servizi della Seab – non ci sono altre possibilità. Solo che è una cosa difficile da comunicare. Paradossalmente i vecchi sacchetti vietati dalle norme Ue potrebbero finire nelle campane della plastica ed essere agilmente riciclati, ma questi no”. L’impianto per l’umido di Lana non è infatti attrezzato per “deglutire” i sacchetti bio e del resto in Italia attualmente ciò avviene solo nelle strutture che fanno il tradizionale compostaggio aerobico.

Una montagna di sacchetti bio Sei operai della Energie AG separano tutti gli imballaggi in plastica dal resto.

 

I sei operai della Energie AG che lavorano al “nastro” svolgono con la massima attenzione (in caso di errori l’azienda si deve fare carico degli oneri di selezione e smaltimento delle frazioni estranee che non riescono a separare) il lavoro di smistamento in un piccolo fabbricato rialzato di 8-9 metri ma sempre all’interno del grande capannone di Egna. Il nastro trasportatore porta il contenuto delle campane nel fabbricato e i dipendenti, a coppie, tolgono le frazioni estranee, e gli imballaggi in plastica, cioè il buono rimane sul nastro e arriva direttamente in fondo e successivamente pressato e imballato. Gli ultimi due della fila hanno il compito di gettare nel buco i sacchetti di bioplastica. Stando sotto il fabbricato una decina di minuti si vede letteralmente piovere bioshopper. A metà giornata se ne vede una montagna che non smette di crescere. Sacchetti in amido di mais che finiscono bruciati a tonnellate chissà dove. E quelli di plastica, vietati dalla legge, potrebbero essere invece riciclati. Sono i controsensi della burocrazia.

Le capsule del caffè e il tetrapack?

E le capsule del caffè che oggi finiscono nell'indifferenziato come dovrebbero essere smaltite correttamente? “Le capsule del caffè – spiega ancora Girinelli - sono costituite dall’imballaggio esterno in alluminio o in plastica e dai fondi del caffè all’interno della capsula. Quelle di plastica vanno nell’indifferenziato; quelle con la capsula di alluminio possono invece essere conferite al nostro centro di riciclaggio di Bolzano e  vengono ritirate dal CIAL (Consorzio Imballaggi in Alluminio) con il quale abbiamo stipulato apposita convenzione. Il CIAL ce le viene a ritirare tramite una ditta incaricata e le conferisce ad un impianto vicino a Brescia (Garm Srl) che provvede a separare la capsula dal contenuto ed avviare al corretto riciclaggio entrambe le frazioni”. Il CIAL versa a Seab anche un corrispettivo per gli oneri di raccolta che oltre al centro di riciclaggio viene fatta anche con dei ritiri periodici al punto vendita Nespresso di via Goethe. “Tutto il circuito è in realtà finanziato dalla Nespresso stessa che raccoglie le cialde presso i suoi punti vendita ed ha fatto un accordo col CIAL per la gestione delle raccolte. Se vogliamo è l’esempio perfetto di responsabilità estesa del produttore….  Ma ovviamente per loro è un investimento di immagine. Al centro di riciclaggio accettiamo anche le capsule di altri brand se sono in alluminio e rientrano nel flusso di raccolta”, conclude Girinelli.

 

Tra i contenitori al di sotto del fabbricato della separazione un altro in cui “piove” spesso è quello dei contenitori in Tetrapack che vengono usati ad esempio per il latte. “Questi imballaggi compositi a base di carta che tecnicamente si chiamano 'poliaccoppiati a prevalenza carta idonei al contenimento dei liquidi' contengono fibre di cellulosa lunghe e resistenti ma per essere riciclato in maniera efficace devono essere lavorati in linee dedicate a questo tipo di materiale ed è questo il motivo per cui è bene raccoglierli separatamente dagli altri imballaggi in carta o cartone e vanno portati quindi al centro di riciclaggio”.