Com’era in Ucraina, prima
L’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin ci ha incollato davanti alle televisioni, ai telefonini scrollando sui social le immagini della crisi umanitaria in atto, ai media in cerca di “spiegoni” e analisi geopolitiche, eppure c’era anche un altro serbatoio di informazioni a portata di mano: il cinema.
Come spesso accade i film hanno colto l’urgenza, anticipato la Storia. Nel caso specifico le ragioni e le ramificazioni della guerra in Ucraina, paese dimenticato dall’Europa. Ma c’è qualcuno che quei film li ha visti? Si dà per scontato che lo spettatore non voglia vederle, conoscerle queste storie? Il dilemma cronico è la scarsa distribuzione nelle sale cinematografiche, un problema non solo italiano (ma anche “molto italiano”), per cui o si frequentano i grandi festival, o si sfrutta la celebrità per una narrazione che merita più pubblico - vedi il pluripremiato attore Sean Penn che, prima dell’intensificarsi del conflitto che lo ha costretto a lasciare l’Ucraina, stava girando un documentario proprio sull’aggravarsi delle tensioni tra la Russia e il paese di Volodymyr Zelensky -, oppure “puff”: il destino di questo cinema è l’oblio.
Fra le recenti pellicole che hanno toccato la “questione ucraina” c’è Atlantis di Valentyn Vasjanovyč (candidato agli Oscar nel 2021) e Reflection; Bad Roads di Natalya Vorozhbit; Klondike di Maryna Er Gorbach; e quella su cui ci vogliamo soffermare: Donbass di Sergei Loznitsa, documentarista di lungo corso, nato in Bielorussia, cresciuto in Ucraina e che ha studiato di cinema a Mosca. Uno dalle prospettive larghe, insomma.
Donbass - girato a Kryvyi Rih, a 300km a ovest di Donetsk - è una black comedy di 13 capitoli, vagamente collegati, sulla corruzione e la “criminalità ufficializzata”, l’assurdità della guerra, la violenza, l’inaffidabilità dei media, la destabilizzazione sociale e la sopravvivenza quotidiana nell’Ucraina orientale sotto il controllo delle milizie sostenute dal Cremlino. Sullo sfondo la lotta armata tra i nazionalisti ucraini e la Repubblica popolare di Donetsk. Un tour nelle zone occupate - pantano di ideologie contrapposte - girato con il linguaggio documentaristico e lunghi piani sequenza.
Il contesto: il Donbass si è dichiarato indipendente già nel 2014; gli accordi di Minsk firmati tra Mosca e Kiev nel 2015 non sono mai stati rispettati. Il racconto del film include attori assunti che si preparano a fornire false dichiarazioni dopo i bombardamenti, testimoni con un copione di uno spargimento di sangue reale; famiglie che vivono in condizioni misere negli angusti bunker sotterranei; uomini d’affari costretti a versare denaro alla causa per riacquistare la loro libertà; un soldato ucraino legato dai separatisti filorussi a un palo del telefono, bollato come “volontario della squadra di sterminio”, deriso, insultato e poi pestato da una folla inferocita; un matrimonio grottesco. Una collezione di storie e uno straordinario campionario di facce.
Donbass, premiato per la regia a Cannes nella sezione “Un Certain Regard” nel 2018, è un film grigio, di inevitabile impatto emotivo e profondamente antimilitarista, un affresco di una società che si incrina sotto il peso delle sue stesse incoerenze. Con una scena finale da mozzare il fiato, già corto di per sé.
Forse un´autonomia come
Forse un´autonomia come quelle dell´Alto Adige avrebbe potuto pacificare le regioni del Donbass. Magari questa possibilitè esiste tutt´ora, varrebbe la pena tentarla con una proposta a Kiev e Mosca da parte del Governo Italiano !