Non ha suscitato dibattiti troppo accesi la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha respinto il ricorso della Provincia di Bolzano contro un provvedimento del Garante della privacy che le inibiva il rilascio di una propria autonoma certificazione anti Covid. In effetti, sul piano squisitamente sostanziale la questione era praticamente risolta da mesi, avendo la Provincia rinunciato da tempo ormai a seguire una propria politica separata da quella di Roma sulla lotta alla pandemia, la cosiddetta “Sonderweg”.
L’intervento dei giudici costituzionali può aprire invece scenari nuovi e non poco inquietanti per ciò che riguarda i rapporti di potere tra lo Stato e le autonomie locali, in primis quella speciale dell’Alto Adige. La questione merita quindi di essere approfondita.
La sentenza
Iniziamo con uno sguardo al merito del pronunciamento della Consulta. La questione, come già detto, toccava il diritto della Provincia Autonoma di intervenire autonomamente nella lotta alla pandemia, predisponendo, nel caso di specie, una propria versione del “Green Pass”. Potestà contestata dal Garante per la privacy.
I giudici costituzionali hanno dato pienamente torto alle tesi di Bolzano. Ecco di seguito un estratto dei passaggi di maggior rilievo del dispositivo: “Questa Corte ha già affermato che va ricondotta alla competenza esclusiva statale in tema di profilassi internazionale (art. 117, secondo comma, lettera q, Cost.), «ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla», poiché non vi può essere in definitiva alcuno spazio di adattamento della normativa statale alla realtà regionale, che non sia stato preventivamente stabilito dalla legislazione statale; unica competente sia a normare, la materia in via legislativa e regolamentare, sia ad esercitare la relativa funzione ammnistrativa, anche in forza, quanto alle autonomie speciali, del perdurante principio del parallelismo (sentenza n. 37 del 2021). Non vi è dubbio che la certificazione verde abbia la finalità di limitare la diffusione del contagio, consentendo l’interazione tra persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico solo se quest’ultime, in quanto vaccinate, guarite, o testate con esito negativo al COVID-19, si offrano a vettori della malattia con un minor tasso di probabilità. A fronte di tale obiettivo, la competenza provinciale in tema di tutela della salute è recessiva (sentenza n. 37 del 2021). Tantomeno la Provincia autonoma di Bolzano può a buon titolo appellarsi al margine di intervento riconosciuto alla autonomia regionale dalla sentenza n. 271 del 2005 di questa Corte. Tale margine di intervento non è configurato con riguardo alla attribuzione di «organizzare e disciplinare a livello regionale una rete informativa sulle realtà regionali», sia perché essa presuppone a monte che tale intervento avvenga con riferimento a «materie di propria competenza legislativa», ciò che nel caso di specie si è già negato essere, sia perché è evidente che la gestione dei dati che ineriscono ad una pandemia sanitaria globale trascende nettamente il respiro della sfera decentrata, per esigere, invece, una uniforme disciplina statale”.
Come si vede il fondamento della sentenza è quello che richiama il secondo comma lettera q) dell’articolo 117 della Costituzione che recita così: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: ….q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale.”
Vale la pena a questo punto di riprendere una considerazione svolta dal giurista Francesco Palermo in un recente dibattito e che riguarda la possibilità che questo schema giuridico possa essere applicato anche al di fuori del “caso pandemia”. Ci saranno altre emergenze, sosteneva Palermo, e se in ogni caso si invoca il diritto del Centro ad assommare su di sé tutti i poteri, per le competenze autonome della periferia è notte fonda.
Parole profetiche
Sono passate scolo alcune settimane da quelle analisi e l’emergenza climatica è riuscita a conquistare le prime pagine dei giornali ed i titoli di apertura dei telegiornali, ricacciando indietro le notizie sulla pandemia e quelle sulla guerra di Ucraina.
La siccità, gli incendi ed infine il tragico crollo del ghiacciaio sulla Marmolada. Sarebbe bastato anche meno per alzare la temperatura politica all’unisono con quella metereologica. Si parla nuovamente di emergenza internazionale ed è corale l’invocazione di misure drastiche da affidare, come nel caso del Covid, ad un Commissario.
Non ha peli sulla lingua l’ex capo della, Protezione Civile Agostino Miozzo che, in un’intervista al quotidiano Repubblica, reclama per l’ente da lui a suo tempo diretto un “ruolo forte e centralizzato”. Sulla gestione dell’emergenza idrica il suo giudizio è tranchant: “…ogni giorno – dice – leggo di ordinanze locali diverse e immagino che ci ritroveremo ancora ad assistere al cinema delle autonomie locali, quando invece si dovrebbe fare sistema”.
È solo il parere di alto funzionario, ma è indicativo di un clima che pervade anche molti ambienti politici.
È il caso, infine, di ricordare che tra le potestà esclusive dello Stato indicate nell’articolo 117 citato dalla Corte a fondamento della sua pronuncia sfavorevole a Bolzano figura anche la tutela dell’ambiente.