Uno dei pretesti russi per l'invasione dell'Ucraina è la necessità di “denazificarne” la società. Ne parliamo con Luigi Morano, professore di lingua e cultura italiana all'università Ivan Franko di Leopoli negli anni tra il 2009 e il 2017.
Finferli e nuvole: Professor Morano, gli ucraini sono nazisti?
Luigi Morano: Assolutamente no. Non più di quanto lo siano gli italiani, i francesi o i tedeschi. In Ucraina c’è un’esigua minoranza (il 2%) di nazionalisti di destra che non raggiunge la soglia minima per essere rappresentata in parlamento e non ha nessuna influenza sulla vita politica del paese.
Il diffuso pregiudizio che classifica gli ucraini come nazisti risale all’invasione tedesca durante la seconda guerra mondiale: gli ucraini speravano che i tedeschi li avrebbero aiutati a creare una repubblica indipendente. Dopo poche settimane sperimentarono la violenza nazista e se ne allontanarono. Risale a quel breve periodo iniziale dell’invasione tedesca il simbolo simile alla svastica che si è a volte visto su bandiere e tatuaggi. Viene mostrato ancora come simbolo del “nazismo ucraino” dalla propaganda russa e anti-ucraina.
A Odessa non ho mai visto niente del genere. In Ucraina occidentale la situazione è diversa?
Si dice che in Ucraina occidentale l’ideologia di destra sia più diffusa che nel resto del paese. Negli anni in cui ho vissuto a Leopoli (in particolare fra il 2010 e il 2015) formazioni politiche di estrema destra come Svoboda (Libertà) o Pravyj Sektor (Settore Destro) avevano un certo seguito. Ho assistito a qualche comizio o manifestazione, peraltro assolutamente non violenta. La loro presa sulla popolazione ucraina è diminuita sempre di più negli ultimi anni ed è attualmente irrilevante.
Chi era Stepan Bandera? Perché dei monumenti lo ricordano?
Stepan Bandera è una figura molto controversa, per alcuni un eroe della patria, per altri un criminale nazista. Bandera fu il leader dell’OUN, il partito nazionalista ucraino, negli anni della seconda guerra mondiale. Fortemente antisovietico, si schierò con la Germania nazista, con cui condivideva l’ideologia di estrema destra e razzista e con cui collaborò partecipando a eccidi in Polonia e Ucraina. Nel 1941 tuttavia Bandera entrò in aperto contrasto con i tedeschi nel tentativo di costituire uno stato ucraino indipendente. Forse proprio questa idea di Bandera come fautore di un’Ucraina libera e indipendente e non sottomessa né ai sovietici né ai tedeschi lo ha reso una figura molto popolare anche negli ultimi decenni e per questo sono state erette statue che lo ricordano, soprattutto nell’Ucraina occidentale. Ricordo che quando viaggiavo nelle regioni dell’est e del sud dell’Ucraina, a volte la gente mi diceva: “Ah, lei abita a Leopoli; lì ci sono i sostenitori di Bandera (tam Bandery)”.
Si parla di collaborazionismo con i nazisti, nella seconda guerra mondiale. Cosa ne pensa?
Il collaborazionismo ucraino con i nazisti invasori c’è stato. Ha avuto la stessa tipologia e le stesse dimensioni del collaborazionismo italiano o francese (circa il 15%). La differenza è che in Francia e Italia si è fatto di tutto per nasconderlo dopo la guerra; in Ucraina è stato amplificato all’infinito dalla propaganda sovietica, dalla retorica della Grande Guerra Patriottica e dalla repressione sovietica di ogni tendenza nazionale ucraina. L’Europa occidentale ha subito e avallato la propaganda sovietica fino al crollo del muro di Berlino e dell’URSS. Le accuse all’Ucraina che sarebbe “per sua natura” nazista continuano a diffondersi sull’onda delle tendenza filorusse dominanti in Europa fino al febbraio 2022.
La situazione in Russia, per quello che riguarda gruppi paramilitari e movimenti violenti, qual è? Penso al nazionalbolscevismo di Limonov, all'ultranazionalista Dugin, a organizzazioni come Sparta, Lupi della Notte, Wagner, Oplot, Unità Nazionale Russa, Esercito Ortodosso Russo...tutti generosamente finanziati dal Cremlino. Ricordo che a San Pietroburgo, attorno al 2006, ogni settimana gruppi di neonazisti russi assaltavano gli studentati dove alloggiavano i “negri”. Ci sono stati parecchi morti. Perché, secondo lei, i filoputiniani d'Italia (particolarmente numerosi in Europa)non ricordano quanto sopra e invece sempre il battaglione ucraino Azov?
Quelli sono gruppi armati e violenti che combattono in opposte fazioni, ma sono in parte accomunati da analoghe ideologie di estrema destra. Il Battaglione Azov è tuttavia diverso dagli altri. Si è formato come gruppo di militari volontari quando la Russia ha scatenato la guerra nel Donbass nel 2014, dopo l’occupazione della Crimea. I soldati sono molto motivati e ben preparati dal punto di vista militare. Dopo la caduta di Mariupol' e durante l’assedio di Azovstal' i sopravvissuti del battaglione sono stati inseriti nell’esercito ucraino. Molti di loro sono ancora prigionieri della autoproclamata Repubblica di Donec'k. I battaglioni russi, in particolare il Wagner, sono eserciti mercenari, ben addestrati e ben pagati dai Cremlino, che vengono utilizzati in molte zone di conflitto: in Libia, in Siria, in Ucraina e altrove. Non essendo legati ad alcuna ideologia etnica o politica, sono particolarmente violenti e utili e fanno comodo all’esercito regolare specialmente nelle zone di battaglia più difficili. In Italia molti, forse proprio perché filorussi, tendono a stigmatizzare in particolare il battaglione Azov e i fascisti ucraini, ma a dimenticare le formazioni neonaziste russe. La propaganda russa è molto attiva in questo senso e l’informazione che si trova sui media italiani è spesso carente e poco chiara.
Gli ucraini scendono in piazza a protestare (vedi Janukovič). I russi no. Perché?
Questa è una domanda a cui è difficile dare una risposta. È certo che la natura dittatoriale e repressiva del regime russo rende estremamente difficile e pericolosa ogni forma di protesta. I russi che protestano rischiano la repressione, la prigione e la vita, ma anche tanti ucraini che si sono opposti a Janukovič nelle proteste del Majdan del 2014 hanno trovato la morte. Inoltre, pur provenendo entrambe da decenni di dittatura sovietica, la società ucraina si sta evolvendo sempre più verso un modello di democrazia, guardando all’Europa: l’Ucraina è stata legata all’Europa occidentale da tradizioni secolari, almeno dal XIV secolo. Invece, la Russia è stata sempre e solo governata da un “uomo forte”, che fosse il gran principe di Mosca nel XVI secolo, lo zar o il capo sovietico di turno. La Russia non ha mai conosciuto una vera democrazia rappresentativa. La società russa è quindi incline – e ne sembra contenta – a rimanere sotto la guida di un uomo forte, che esercita un potere assoluto con l’aiuto di un numero limitato di persone fidate, e di rinunciare a libertà individuali basilari, quali per esempio la libertà di pensiero e di espressione.