Il Corriere, la sinistra e le primarie.
Giudicare pessimo l'odierno editoriale di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera (La vittoria di Marino e il grande equivoco delle primarie - Da quando la scelta è diventata «vera» vince sempre il candidato più a sinistra) è dir poco. Le sue parole sono però emblematiche d'un certo “pensiero dominante” e particolarmente ottuso sulla Sinistra italiana: tutto va bene, ma se è “di sinistra” mai e poi mai. Seguiamo il ragionamento di Cazzullo:
Non si vorrebbe mancare di rispetto al mitico «popolo delle primarie», sempre entusiasta e numeroso; ma si ha l'impressione che questo «popolo» non abbia compreso bene a cosa servono, le primarie. In America, dove le hanno inventate, l'obiettivo non è scegliere il personaggio più simpatico, identitario, vicino alla sensibilità dei militanti, portatore della linea più dura, pura, radicale. L'obiettivo è scegliere il candidato che ha più chances di battere gli avversari. L'uomo in cui possono riconoscersi non tanto i «compagni», quanto la maggioranza dei concittadini o dei connazionali. Allo stesso modo si sono comportati i socialisti francesi, che in entrambe le occasioni in cui sono stati consultati per le presidenziali hanno scelto un esponente del centro del partito: prima la Royal, che prese un dignitoso 46,5%; poi Hollande, che sconfisse Sarkozy.
Obama piaceva agli elettori repubblicani più della Clinton? Ha conquistato i “moderati”? Difficile da credersi. In Francia, Ségolène Royal perse le elezioni “vere”, mentre le proposte di Hollande in campagna elettorale (aumentare le tasse per finanziare il welfare, senza tagli di bilancio; assumere 60 mila insegnanti, per un costo di 20 miliardi di euro; imporre una tassa del 75% sui redditi più alti; annullare l’aumento dell’età pensionabile; matrimonio civile per le coppie omosessuali) in Italia verrebbero bollate come degne d'un Partito Comunista. Su altre contraddizioni, dirò più avanti.
In Italia, all'inizio le primarie sono state il modo di confermare una decisione già presa dai partiti (Prodi, Veltroni). Poi la scelta è diventata «vera». Da allora, vince quasi sempre il candidato più a sinistra. Pisapia a Milano. Doria a Genova. Zedda a Cagliari. […] E' vero che i sindaci hanno tutti vinto, a volte rispettando la tradizione come a Genova, a volte ribaltandola come a Milano. Ma […] ha prevalso il richiamo dell'identità (e anche dell'apparato).
Quindi, alle amministrative, i candidati “identitari” vincitori delle primarie – senza per giunta neppure appartenere all'apparato PD (ancora peggio!) – non sarebbero competitivi: peccato però che vincano sempre le elezioni vere. Come si fa a sostenere che i candidati più a sinistra siano perdenti prendendo a esempio proprio Doria, Zedda e Pisapia, tutti e tre sindaci delle loro città?
Le primarie di Roma indicano che la lezione non è stata appresa. Non c'erano candidati di primo piano, è vero. [C'era] Paolo Gentiloni, l'unico ad avere un'esperienza nell'amministrazione della capitale e nel governo del Paese; ma nonostante l'appoggio di Renzi e di Veltroni ha avuto un risultato imbarazzante. I militanti romani hanno plebiscitato come d'abitudine il candidato più a sinistra, Ignazio Marino […] un personaggio per certi aspetti interessante: chirurgo prestato alla politica, all'avanguardia sui diritti civili. Magari potrà pure vincere (anche a Roma, come in quasi tutte le grandi città italiane, il centrosinistra ha una base di partenza più ampia del centrodestra). Restano alcune perplessità oggettive. Nato a Genova da madre svizzera e padre siciliano, un percorso professionale tra Cambridge, Pittsburgh, Filadelfia e Palermo, Marino non c'entra molto con la capitale. Potrà anche strappare qualche voto grillino; ma avrà parecchie difficoltà a intercettare moderati e cattolici.
Ignazio Marino vive nella Capitale da quando ha 14 anni, pur avendo lavorato all'estero (un male, secondo Cazzullo); eletto per la terza volta Senatore (e palazzo Madama sta a Roma), ha vinto le primarie già al primo turno contro 5 candidati (con un distacco amplissimo e primarie apertissime) battendo il candidato renziano arrivato appena terzo. Per Cazzullo, Marino può intercettare “solo” i voti dei 5Stelle ma non i famigerati “moderati”, quando a Roma il M5S ha preso il 27,4% staccando di 4 punti la coalizione di Berlusconi (23,4%) e col triplo dei voti di Monti (9,7%). Perché il consenso di destra vale di più? E Gentiloni, col 15% tra i suoi (!) elettori, davvero ha più chance di Marino?
Siccome la sinistra viaggia con un'elezione di ritardo - nel 2006 fu schierato Prodi anziché Veltroni, mandato a perdere due anni dopo; nel 2013 è stato schierato Bersani anziché Renzi -, stavolta dovrebbe toccare al sindaco di Firenze. L'Italia non schierata lo aspetta, a torto o a ragione. Ma già spunta Fabrizio Barca, i cui meriti come ministro sfuggono ai più, ma che può vantare un impeccabile pedigree rosso (a cominciare dal padre, intellettuale di punta del Pci, direttore dell'Unità e di Rinascita); che non è un torto ma, agli occhi dell'ostinata maggioranza degli italiani, neppure un merito.
I meriti di Fabrizio Barca come ministro “sfuggono ai più”, essendo lui solo un “figlio di papà”. Falso. In appena un anno da Ministro alla Coesione territoriale, Barca ha aiutato i Presidenti delle Regioni del Mezzogiorno (a prescindere dal colore politico, ben inteso) ad avere accesso ai fondi comunitari, incrementando significativamente capacità e qualità di spesa (passata da 9 a ben 18 miliardi di euro) grazie all'adozione di misure straordinarie: riscrivendo le “regole del gioco” su come ottenere e utilizzare i fondi europei, e fissando le priorità d'intervento, con un ruolo di indirizzo e monitoraggio dello Stato. Eravamo ultimi in Europa in capacità di spesa dei fondi europei. Ora, su 52 programmi presentati, 51 sono andati in porto, accelerando la spesa per i servizi al Sud.
[...] non esistono, come la sinistra tende a credere, un'Italia immatura, sempre pronta a bersi le promesse di Berlusconi, e un'Italia "riflessiva"; esistono due minoranze di militanti - numerose se misurate in piazza o ai gazebo, piccole in termini assoluti -, pronte a seguire l'istinto e la passione, ma incapaci di indicare una soluzione condivisa a una vastissima Italia di mezzo, che alla politica crede sempre meno.
Tralasciando il passaggio ingenuo su Berlusconi, troviamo il nodo centrale del pensiero cazzulliano, fortemente condizionato dalla parabola renziana. I militanti di sinistra non capiscono nulla e non rappresentano “l'Italia di mezzo”. Gli opinionisti del Corriere dimenticano due non trascurabili dettagli:
- alle primarie si deve convincere innanzitutto la maggioranza dei simpatizzanti. Come scrive il blogger “Popolino”,
[…] bisogna farsi una ragione del fatto che, piaccia o meno, chiunque si proponga di conquistare il cuore del centrosinistra, che è fatto di milioni e milioni di elettori, prima deve conquistare il cuore del “corpaccione”. […] Capito questo, si comprende subito il limite di Renzi. […] Lo schema usato a Firenze, quello di intercettare il voto d’opinione nella certezza che poi quello d’appartenenza non avrebbe avuto altra scelta, applicato sullo scenario nazionale è decisamente più impegnativo. E […] non vedo in lui elementi in grado di rassicurare, e di conquistare, il sentimento profondo di un popolo con cui inevitabilmente deve fare i conti, e che comunque, ancora per un po’, sopravvivrà. Chiunque abbia intenzione di conquistare il PD […] dovrà parlare al partito, dovrà trasmettere un senso di unità, dovrà essere di sinistra – più di Renzi, intendo, almeno nella percezione del “corpaccione” […] Prima di pensare a come convincere chi sta altrove, dimostrato che non basta e che si tratta di un errore fatale, deve evitare di esser percepito come un estraneo, se non come un nemico, e deve convincere i suoi.
- alle elezioni bisogna motivare la stragrande maggioranza dei propri elettori. In altre parole, citando Leonardo Tondelli,
altrove è più semplice, o almeno così sembra da qui. Altrove i partiti riflettono le aspirazioni di blocchi sociali più o meno definiti, che possono vincere o perdere le elezioni (o pareggiarle, a volte succede anche questo senza melodrammi o guerre civili). Altrove non si dà per scontato che il leader di centrosinistra debba automaticamente rivolgersi all’elettorato di centrodestra e viceversa: si può anche vincere semplicemente convincendo il proprio naturale bacino elettorale a non disertare le urne, decifrando le sue esigenze e trasferendole in un programma politico (che poi sotto le elezioni va tradotto in slogan di facile presa). La cosa inquietante è che l’unico leader italiano che si sta comportando così sembra essere Silvio Berlusconi.
Teorie del Cazzullo
Quindi, se capisco bene, per andare bene a Cazzullo bisogna essere, qualunque cosa voglia dire, "di centro". Non va bene invece che vinca uno "di sinistra", vuol dire che lo hanno eletto solo perché era il più simpatico. Bah...
Che orrore. Mi sembra che ultimamente ci sia, in giro, un po' di disprezzo per la democrazia: ma sì, le primarie, però non va bene che vincano quelli che la base vuole; devono vincere i soliti noti, i dorotei, quelli buoni per tutte le stagioni. Mah...
Non so, ma a me sembra che con questi ragionamenti, la cosiddetta sinistra, è da più di vent'anni che continua a perdere. Ma forse Cazzullo è vissuto in una dimensione diversa della mia. Chissà.
Ma è il Corriere della Sera,
Ma è il Corriere della Sera, baby! Ovvero l'emerita compagnia di giro Panebianco, Ostellino, Battista, e aggiungiamoci pure Cazzullo, e salviamo giusto per un pelo Galli della Loggia per i suoi meriti di storico, che da decenni, per non dire da secoli, è sempre lì con il ditino alzato a fare i turni 24 h su 24 per scrivere ponderosi articoli sulla Sinistra, che evidentemente è il Problema dei Problemi (Si parla del PD e predecessori, of course, gli altri della sinistra radicale non fanno testo). Sono passati attraverso il basso impero tardo-democristiano e craxiano nonché il ventennio berlusconiano senza fare una piega e senza battere ciglio, anche perché praticamente tutti i giorni erano occupati a scrivere articoli su quanto la sinistra non era abbastanza riformista, abbastanza liberale, abbastanza pragmatica, abbastanza disponibile al compromesso, abbastanza capace di autocritica, abbastanza protesa a capire le ragioni degli altri ecc. e quanto invece era rimasta ancora troppo legata al passato comunista, troppo centralista, troppo statalista, troppo assistenziale, troppo ipocrita, troppo doppiopesista ecc. Ovviamente la lista degli abbastanza e dei troppo è allungabile a piacere. Ultimamente, data la crisi terribile che attraversa l'Italia e l'evidenza del malgoverno durato troppi anni per non esserne corresponsabile, il Corrierone si è dato a scagliare anatemi contro i politici, tutti indistamente felloni e infingardi, che proseguono con le loro liti e i loro teatrini invece di pensare ai Veri Problemi del Paese. Peccato che ai tempi d'oro del Ventennio, quando il parlamento sfornava leggi o votazioni una più oltraggiosa dell'altra a tutela delle beghe giudiziarie o degli interessi aziendali del Cavaliere, non si ricordano articoli altrettanto vibranti contro i politici intenti a ..... anziché pensare ai Veri Interessi del Paese. Ora ovviamente il must e il cult sono le larghe intese o il governissimo, a cui il PD chissà perché colpevolmente si sottrae, dimostrando ancora una volta di essere non abbastanza … o troppo. Tra l'altro una delle tipiche accuse del Corriere al PD è quella di non rispettare l'elettorato altrui e di non capirne le ragioni. Beh, per una volta potrebbe provare anche a immaginare il voltastomaco fisico dell'elettorato PD alla sola idea di fare un governo con Berlusconi, quando invece non vorrebbe più né vederlo né sentirlo né sentirne parlare, e soprattutto non concepisce nemmeno l'idea di un governo e di un parlamento che invece di occuparsi, appunto, dei Veri Problemi del Paese, si occupi di nuovo di cose tipo i suoi problemi giudiziari.