Politik | Lo studio?

Domande tendenziose sul caso Neumair

Il questionario dell'Asl sembra fatto per dimostrare la "colpevolezza" dei media in generale. Lissi Mair (Odg): "Manipolazione data per scontata"
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Foto: Othmar Seehauser

Fa molto discutere nel mondo dell’informazione l’appena avviato “studio scientifico” dell’Azienda sanitaria sul caso Benno Neumair, e più precisamente sulla “gestione mediatica del parenticidio ed i conseguenti risvolti sulla popolazione sugli operatori sanitari” con tanto di “analisi delle conseguenze riscontrate e dello stigma associato”. Le virgolette su studio sono d’obbligo, perché già dal comunicato stampa, l’Asl fa “outing” dicendo che “la forte eco mediatica del caso Neumair ha stabilito un legame tra disturbi mentali e comportamento criminale. Il Servizio Psichiatrico di Bolzano sta ora analizzando le conseguenze che questa gestione mediatica ha avuto sulla popolazione”. Cioè: non si tratta di uno studio, ma di una specie di sondaggio tipo quelli di Facebook fatti per confermare l’opinione di chi li fa. Inoltre al questionario “scientifico” si può rispondere tranquillamente più volte.

Basta leggere alcune delle domande per capire che cosa vuole farsi confermare il servizio psichiatrico dell'Azienda sanitaria.

Come valuta l’affidabilità delle notizie trasmesse dai media in merito al processo? Insufficiente, sufficiente, buona, ottima?

Ora: come può una persona che non ha assistito al processo rispondere a questa domanda? Che elementi può avere se non quelli basati su propri pre-giudizi?

Altra domanda vagamente tendenziosa: Come valuta l’impronta delle notizie trasmesse dai media in merito al processo? Va da sé che nelle aspettative dell’Asl chi partecipa dovrà rispondere: sensazionalistico o prevalentemente sensazionalistico e non certo “prevalentemente neutrale”.

Ma poi, cosa vuol dire “i media”? Come può una persona che non fa il giornalista (o lo psichiatra che vuole dimostrare una propria tesi) sapere come hanno trattato l’argomento “i media”. Solo in Alto Adige ci sono quattro quotidiani cartacei, tv pubbliche e private, una marea di siti internet. A livello nazionale "i media" che hanno seguito più o meno ossessivamente il processo sono almeno parecchie decine. Chi per lavoro è costretto a seguirli tutti o quasi tutti potrà avere -forse - un’idea di come i SINGOLI media hanno trattato la vicenda. Perché ogni mezzo d'informazione ha trattato la vicenda in modo diverso, secondo le sensibilità del(la) giornalista e l’orientamento della testata. Un resoconto di salto.bz è forse lievemente meno sensazionalistico (?) di uno de La vita in diretta. Quindi l’estensore dello “studio” avrebbe fatto meglio a dire con chi ce l’aveva in particolare.

Altra domanda: ritiene corretto l’utilizzo, da parte dei media, di terminologie psichiatriche come ad esempio la diagnosi di un disturbo mentale o parole che riportino ad essa? (schizofrenia, follia, raptus ecc) ?

Ma, santo cielo, l’Asl ci perdoni: i giornalisti difficilmente si inventano queste definizioni. Durante il processo i periti (medici-psichiatri) si confrontano e i giornalisti si limitano a riferire quello che dicono. Perché mai dovrebbero omettere le diagnosi?

 

L’Ordine dei giornalisti per ora non prende posizione ufficialmente e attende di vedere i risultati dello studio. Dopo le considerazioni personali di chi firma questo articolo vediamo quelle - sempre personali - della presidente dell'Ordine dei giornalisti, Lissi Mair: “Capita molto spesso - afferma - che si indichi il disturbo mentale per giustificare o sminuire violenze fra parenti. Per esempio il marito che uccide per un raptus. E poi a Benno Neumair non è stata riconosciuta la malattia mentale! Dunque l'indagine è sul fatto che si è parlato di malattia mentale non sul fatto che c'era malattia mentale. I media riportano opinioni di avvocati, giudici e eventualmente medici. La questione è come scelgono di darne risalto, ovvio, ma non si "inventano" le cose. Quindi alcune domande della ricerca a me risultano tendenziose. La giustezza o meno dei termini psichiatrici riguarda chi ne ha parlato ( inquirenti o avvocati) non chi ne ha scritto, per esempio. "Scorretta" semmai da questo punto di vista è la domanda che permette solo di "quantificare" il grado di manipolazione (data quindi per scontata) che metterebbe l'accento sugli aspetti negativi  pericolosi) legati al disturbo mentale. Qui sembra emergere lo scopo reale della ricerca : dire che il malato mentale non è pericoloso, ma che se lo si pensa la colpa è di chi fa informazione ..".

Chi vuole farsi un'idea "personale" (non sia mai) può accedere al questionario online attraverso il link https://tinyurl.com/2ez2op8