Segantini: quell'acqua riguarda tutti
E' passato un mese dal primo allagamento della scuola Segantini di Merano, i muri dell'edificio devono ancora asciugarsi. Eppure non tutti sembrano essere stati bagnati da quell'acqua, e la riflessione su cosa l'abbia generata è scorsa via presto. Oggi molti meranesi sembrano più interessati al vecchio nome del liceo classico italiano, oppure agli appelli fuori tempo della destra tedesca per una scuola “linguisticamente pura”. Ma con lo sguardo al passato, la città e l'Alto Adige tutto rischiano di perdersi il presente, la sua complessità per certi versi drammatica.
Il doppio allagamento di una scuola – al di là delle responsabilità individuali, che è bene vengano individuate e punite – ci rende manifesta una crisi educativa che molti pedagogisti e insegnanti segnalano da tempo. Se non rotto, il patto sociale tra scuola, famiglie e società tutta è oggi fortemente sfilacciato. Il ruolo degli insegnanti ha perso prestigio e riconoscimento, anche ma non solo economico. “Abbiamo bisogno – hanno scritto in una lettera aperta i docenti delle Segantini dopo il secondo atto vandalico – che la scuola torni a essere intesa come un punto di osservazione sulla società privilegiato, che venga ascoltata, ma anche difesa nel suo cuore più vulnerabile ed esposto”.
Dall'altro lato è cresciuta la fragilità delle famiglie e l'inadeguatezza di molti genitori, stretti fra la propria precarietà lavorativa ed esistenziale, e le richieste sempre più sfidanti dei figli nativi digitali. “Dopo la pandemia – ha osservato Donatella Arcangeli, primaria di psichiatria e psicoterapia dell'età evolutiva – il terzo genitore, che è internet, è diventato il più autorevole, perché il lock down ne ha sdoganato l'uso massiccio già nell'infanzia”. Aggravando un'incapacità genitoriale che è trasversale, non riguarda solo le famiglie economicamente più povere. Nel mondo italiano poi si aggiunge la provenienza per molte di loro da fuori regione – migranti economici interni, direbbero gli statistici – e dunque la mancanza di reti familiari, a volte perfino di amici.
Un terzo elemento è la fragilità di bambini e adolescenti, anch'essa sempre più evidente. Ancora Arcangeli segnala “un aumento molto significativo di ragazzi 12-16 anni che presentano ansia, difficoltà scolastica, peggioramento dell'umore, pensieri di morte o rabbia dirompente”. Un disagio tale che in poco tempo le richieste di accesso ai servizi psichiatrici per minori in provincia sono aumentate di un terzo. E' un fenomeno comune a tutto il mondo occidentale, ma non per questo meno preoccupante.
E poi certo, c'è il tema delle famiglie con background migratorio, in particolare degli studenti di seconda generazione, su cui più si è parlato dopo i due allagamenti. Giovani nati o cresciuti fin da piccoli in Italia, ma incastrati fra due mondi che li osteggiano per ragioni diverse. Qui devono vivere ancora da ospiti e “stranieri”, ma spesso confliggono pure con la cultura di origine dei genitori. La loro rabbia allora non deve stupire. E' la rabbia degli invisibili, prodotto di trent'anni almeno nei quali le migrazioni – da fenomeno strutturale della nostra contemporaneità, che avrebbe bisogno di essere gestito con politiche ordinarie adeguate – continuano ad essere trattate solo come “emergenza” da cui difendersi.
Crisi della scuola, crisi dei genitori, crisi dei ragazzi. Sono questi gli elementi che portano alla più generale crisi educativa. E, forse, anche agli atti di vandalismo delle Segantini. L'acqua di quegli idranti, allora, dovrebbe bagnare, anzi allagare il dibattito meranese e non solo. La politica, la cultura, la città tutta hanno bisogno di interrogarsi sulla crisi educativa che ci attraversa. E lasciar perdere i vecchi nomi delle scuole, o gli esami linguistici insensati. “La scuola – prendo ancora dalla lettera aperta degli insegnanti – non è soltanto l’edificio che è stato sventrato e violentato, […] ma è soprattutto il risultato di una relazione delicata e complicata e, non da ultimo, la cartina tornasole di un tessuto sociale che nella scuola si riflette”.
Preoccupiamoci allora di quelle relazioni delicate e complicate. E sentiamoci parte di una comunità tutta che ha perso – per fortuna solo temporaneamente – un suo pezzo importante. Anzi, per rendere evidente questo sentimento avanzerei una piccola proposta. Al lavoro doveroso dei tecnici e delle ditte incaricati dal Comune, perché non affiancare una domenica di volontariato dove tutti i meranesi, ragazzi, genitori, altri adulti, possano portare il loro contributo personale alla riparazione con qualche attività simbolica? Anche solo riverniciare il cancello della scuola, o pulire il cortile. Per farci bagnare tutti da quell'acqua, e asciugarla insieme.
Ho già scritto altre volte
Ho già scritto altre volte come sia per me inconcepibile che si discuta di quale nome dare a una scuola, in un momento così grave come quello della scuola in questa provincia. L'esame di lingua a bambini e genitori, persone di rilievo che subiranno un processo, i cartelli con dialoghi tra poeti vari affissi alle fermate del bus, scuole storiche che verranno abbattute...e tutto tace. Anche a me ormai mancano le parole, meglio così.
Forse sbaglio, premetto, ma
Forse sbaglio, premetto, ma solitamente i nomi delle scuole vengono discussi e votati in collegio docenti. Mi sembrerebbe strano che questo non sia avvenuto e nel caso questa decisione occorre rispettarla. Ammetto che seguo poco la vicenda, come dico, mi preoccupano di più altre. Concordo comunque, certo che i nomi sono importanti, soprattutto se vengono imposti a forza non va bene.
Ein Italiener der kein
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Was hat Dennis Los
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Antwort auf Was hat Dennis Los von Elisabeth Garber
Ich habe Herrn Marcon gefragt
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Antwort auf Ich habe Herrn Marcon gefragt von Dennis Loos
Das 'verkauft''sich gut...
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Und was sind dann die
Und was sind dann die altoatesini, die den Friedensplatz mit ihrer Stimme wieder zum Siegesplatz gemacht haben? Protettori dell' italianita o cani di riporto della destra fascista?
Mir fällt ein besseres
Mir fällt ein besseres Beispiel ein: Sie hätten auch dafür gestimmt, wenn es Piazza Littoria oder Piazza Dux gewesen wäre.
Der heutige sogenannte
Der heutige sogenannte "Siegesplatz" hieß früher Talferplatz und dort befand sich das Denkmal für die Gefallenen des Zweiten Tiroler Kaiserjägerregimentes. Die Italiener haben das Gefallenendenkmal zerstört, ein Denkmal für ihren angeblichen Sieg errichtet und den Platz in Siegesplatz umbenannt. Wenn sie schon keinen Frieden wollen, dann könnte man sich doch wieder auf Talferplatz einigen.
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Zitat: “Signor M.Gasser, i
Zitat: “Signor M.Gasser, i bolzanini avrebbero votato per il ripristino del nome anche se la piazza in origine si fosse chiamata ...”:
Sie mögen den Leser für blöd halten, aber - das zu glauben - so blöd ist er nun auch nicht.
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Natürlich wollte man den “Sieg” zurück.
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