È un gran bel libro quello che la professoressa Anna Pegoretti, docente di letteratura italiana presso l’Università Roma Tre ha dedicato alla vicenda del monumento di Dante Alighieri inaugurato l’11 ottobre 1896 a Trento. Il titolo è: Dante a Trento! - Usi e abusi di una retorica nazionale (1890 - 1921). L’editore è Castelvecchi di Roma.
La competenza storica dell’autrice si mette al servizio di una vicenda che ha attraversato con i suoi effetti culturali e politici tutta la realtà di queste terre di confine, arrivando a lambire i giorni nostri, per un paio di coincidenze temporali delle quali diremo più sotto.
Si tratta innanzitutto, ovviamente, della storia di un monumento, eretto a simbolo di italianità in un luogo che, nel momento in cui l’intera operazione, dall’ideazione, alla realizzazione, alla solenne presentazione pubblica, Italia, politicamente, non era. Con estrema attenzione il volume ripercorre i vari passaggi di un’impresa che si svolge in un clima di crescente contrasto tra le correnti dell’irredentismo italiano e quelle del pangermanesimo sempre più accanito e capace di mobilitare politica e cultura appena qualche chilometro a nord di quella piazza.
Dante a Trento: La copertina del saggio di Anna Pegoretti
Il valore di quest’opera però consiste nel fatto che esso non si ferma affatto alla mera ricostruzione di quell’episodio, ma affronta, con una competenza che riflette il ruolo accademico di chi ha realizzato l’opera, tutto l’apparato letterario che sta dietro a quella statua e a quel volto rivolto verso nord, quasi ad incrociare quello del menestrello medioevale Walther Von der Vogelweide, posto solo qualche anno prima ad identificare il carattere tedesco di Bolzano e della sua terra.
Pegoretti si muove ovviamente dall’analisi dell’opera di Dante Alighieri, laddove essa, territorio di sterminata erudizione, traccia la cartografia di quell’Italia che, nella Commedia, è la terra calpestata dai personaggi che Dante fa uscire dalla storia ed entrare nella grande allegoria. C’è ovviamente anche il verso “sovra Tiralli” che è stato perfino logorato dall’uso che la retorica nazionalista ne ha fatto come di una sorta di profezia del confine del Brennero. Ci sono altre ed ampie analisi della poetica dantesca in relazione al territorio e ai confini di quella parte di mondo che l’Alighieri poteva conoscere come Italia.
Qui, nel libro, c’è la figura di un altro poeta che svetta sulle altre e che occupa una parte rilevante del racconto: Giosuè Carducci
C’è, però, anche molto di più con un’analisi della letteratura che, proprio partendo dai versi di Dante, si sviluppa attorno alla creazione del monumento di Trento. Qui, nel libro, c’è la figura di un altro poeta che svetta sulle altre e che occupa una parte rilevante del racconto: Giosuè Carducci. Parlare di Dante, nell’irredenta Trento, è l’occasione, per colui che in quegli anni rappresenta il massimo esempio della cultura di una certa Italia, di addentrarsi nei meandri della politica, di esaltare l’eredità del Risorgimento e di deprecare la miseria morale e politica della cosiddetta Italietta.à
È tutt’altro che inutile quindi rileggere questi passaggi, in chiave letteraria ma anche profondamente politica
Sono gli accenti che, in misura ancor più marcata, spingeranno l’Italia nel vortice della guerra e dopo, verso affossamento del vecchio Stato liberale.
È tutt’altro che inutile quindi rileggere questi passaggi, in chiave letteraria ma anche profondamente politica, che partono da un monumento per arrivare alle rime trecentesche e poi alla letteratura di un ottocento che già rappresenta l’anticipazione della nostra realtà e che ritorna oggi, magari in chiave minore, per una querelle stracittadina sull’intitolazione di una scuola.
Alla fine resta un libro che, nella sua articolazione e nel suo rigore scientifico, è anche la miglior risposta possibile, data in netto anticipo peraltro, alla proposizione di un Ministro secondo il quale l’Alighieri altro non fu se non il precursore della destra italiana oggi trionfante.