Fosse successo una quarantina d’anni fa ci sarebbe stato un ingorgo politico-istituzionale da far tremare le vene dei polsi e da far vibrare i palazzi del potere altoatesino sotto l’impeto delle polemiche. Nel prossimo autunno l’incrocio tra le elezioni provinciali del 22 ottobre e lo svolgimento del censimento linguistico, la cui data di riferimento è quella del 30 settembre del 2023 ma le cui operazioni si svolgeranno tra il mese di dicembre e il nuovo anno, rischia di restare assai poco frequentato. Di elezioni si parla e si parlerà tantissimo, di censimento assai meno, forse nulla.
Le grandi battaglie ideali dell’ottobre 1981, con il langeriano richiamo al boicottaggio, le gabbie etniche sul Ponte Talvera e i tre giorni di dibattito alla Camera appartengono ad un passato che sembra ormai sepolto nella storia di un altro secolo. Eppure l’appuntamento al quale verranno chiamati tutti gli abitanti della provincia, che presumibilmente registrerà un tasso di astensionismo di gran lunga inferiore a quello delle elezioni provinciali, si porta dietro, indelebilmente impressi nelle sue caratteristiche, almeno alcuni di quei motivi di turbamento e di contrasto che allora fecero divampare con furia la polemica.
Ci saranno ovviamente anche le molte novità che, decennio dopo decennio, sono venute a mutare sensibilmente le caratteristiche di questa sorta di adunata etnica. Le ultime in ordine di tempo sono, com’è noto, di carattere più che altro organizzativo e procedurale. Le famiglie potranno compilare il modulo per il censimento linguistico anche on-line. Solo chi non vorrà o non potrà passare attraverso le forche caudine dei vari Spid potrà ricevere, come in passato, la visita di un funzionario e l’assistenza necessaria per la compilazione di un modulo cartaceo. L’operazione non dovrebbe d’altronde essere né lunga né complessa. L’altra novità di rilievo è infatti quella che vede il censimento linguistico sganciato da quello generale della popolazione che, a partire ormai da qualche anno, diventa permanente e si svolge in base ad una particolare turnazione su un campione di popolazione.
Il censimento altoatesino, invece, resta fisso e non potrebbe essere altrimenti visto che dal suo esito dipende il funzionamento del meccanismo della proporzionale nelle sue varie declinazioni.
Una rilevazione del tutto anonima con la quale ci si potrà anche dichiarare “altro” rispetto ai gruppi linguistici ufficiali e del tutto sganciata dalla dichiarazione di appartenenza individuale da sottoscrivere e depositare presso un apposito ufficio per poter accedere al variegato universo di opportunità e provvidenze che, tra Salorno e il Brennero, ricadono sotto l’imperativo categorico della proporzionale etnica.
Se da quel rovente confronto del 1981 sono cambiate in buona parte le norme di attuazione del censimento, bisogna constatare che ancor di più è cambiato l’universo umano che questa operazione statistica cerca in qualche modo di fotografare. Allora a chiamarsi fuori da quella che definivano “schedatura” furono in gran parte i cosiddetti mistilingui. Oggi, ancor prima che la grande conta debba iniziare, l’ASTAT ci informa che sono quasi 57 mila gli stranieri residenti in Alto Adige. Più del 10 per cento della popolazione. Per costoro il censimento linguistico non dovrebbe rappresentare un motivo di turbamento come avvenne, quarant’anni fa, per le coscienze di chi rifiutava di farsi appiccicare in fronte l’etichetta nella norma draconiana voluta da Alfons Benedikter. Metteranno la spunta sulla casella “altro” e poi aderiranno, come loro viene chiesto, ad uno dei tre gruppi.
Difficile pensare che questa seconda scelta avvenga per un moto del cuore, che il ristoratore cinese, il macellaio pakistano o il muratore albanese si chiedano veramente se la loro indole propenda per la lingua di Goethe o per quella di Dante Alighieri. Ci sarà un onesto calcolo costi/benefici e trionferà, per mancanza di alternative, quella dichiarazione di comodo che nel tempo è stata sempre vista come il fantasma da esorcizzare.
Così vanno le cose in un Alto Adige/Sudtirolo dove chi un tempo paventava la Todesmarsch oggi rischia di trovarsi nella stessa trincea con i presunti invasori di ieri i quali a loro volta agitano oggi lo spettro della sostituzione etnica.
Per intanto si va dalla conta. Il 22 ottobre quella dei voti e, al tempo dei mercatini, quella linguistica. Staremo a vedere che immagini di questa terra ne verranno fuori.