“Dietro le porte chiuse ci sono mondi”
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SALTO: Signora Giunta, il suo è un debutto in politica. Candidarsi è oggigiorno una scelta non particolarmente popolare. Come la sta vivendo?
Sabine Giunta: Come gran parte delle cose in questa provincia, vedo tutto con uno sguardo straniato e con filtri affettivi molto differenti, perché le mie radici non sono qui e non conosco parte della gente. E poi decidere di candidare è stata una sorpresa pure per me. All'inizio quando mi hanno chiesto, ho domandato “ma siete proprio sicuri che volete proprio me?”. Non è stata una scelta facile dire sì, perché il mondo della politica ha questo alone poco piacevole. Dà l'impressione che se ti ci metti è come se ti sporcassi anche tu. Ho deciso di dire sì perché ho pensato che star sempre a criticare, “questo non va bene”, “questo si potrebbe fare in altro modo”, non basta più. L’ho deciso con uno spirito di servizio, perché sono fatta così e questo è quello che so fare. Detto questo, credo che la politica sia cambiata rispetto a 5 o 10 anni fa. Lo dimostra il fatto che ci siano 16 liste qui e 24 a Trento.
Lei parte in pole-position. È la “co-capolista” di lingua italiana dei Verdi, chiamata a raccogliere il testimone di Riccardo Dello Sbarba in Consiglio provinciale. Non sente il peso di questa eredità?
I Verdi sono molto innamorati dei “co”. Ma capisco che sia un modo per darsi delle definizioni. Di loro, dei Verdi in generale — ancora ne parlo come fossero altro da me, è un processo d’identificazione iniziato da poco e devo ancora conoscerli bene — piace molto che siano così innamorati delle parole, che cerchino di esprimere concretamente questo pensiero cercando sempre la parola giusta per dire quello che vogliono. In questo ci somigliamo, io e i Verdi. Nelle situazioni vissute insieme a loro, mi riconosco con facilità perché ho imparato moltissimo: hanno un pensiero molto elaborato su questioni delle quali invece ero soltanto in nuce. Il pensiero che hanno sull'ecologia umana m’interessa moltissimo. E sento una responsabilità forte nel prendere il testimone dalle mani di Riccardo Dello Sbarba — in senso figurato, perché Riccardo non può lasciarmi nulla, non potrò essere “Riccardo 2 - la vendetta”. Cercherò di affrontare le cose, se mai dovessi essere eletta, con lo stesso spirito, con la stessa onestà, con la stessa voglia di fare bene e non per me, ma per gli altri. Aggiungo un’altra cosa.
Prego.
Mi dispiace constatare il ritorno di questa divisione in gruppi linguistici, mai come adesso è tornata in auge. Non la sentivo più da tanti anni. Un irrigidimento vecchio e nuovo al tempo spesso. Che stupisce ancora.
Non sarò “Riccardo 2 - la vendetta”.
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La divisione, a volte persino contrapposizione, si percepisce in particolare nell’acceso dibattito sulla scuola. La scuola plurilingue, storica richiesta dei Verdi, resterà nient’altro che una chimera?
La scuola è uno strumento potentissimo di rafforzamento e costruzione delle identità. Non c'è un altro luogo come la scuola per costruirlo, e funziona molto in chiave difensiva: quando ti devi caratterizzare, parli della scuola. È il servizio più importante garantito dalla Costituzione, insieme alla Sanità pubblica, e dà possibilità di distinguersi. Purtroppo questo solletica certi istinti, la paura di perdere l’identità soprattutto del gruppo linguistico tedesco, condizionato da quanto ha subìto in un periodo assolutamente non democratico. Ma in fase pre-elettorale, quando ti devi caratterizzare, la scuola è la bandierina cui ricorrono tutti, pensando di poterne parlare e dire la propria sulla scuola anche non conoscendola. Questo fa arrabbiare chi a scuola ci lavora, perché dopo le elezioni l’istruzione torna la Cenerentola di sempre, che deve chiedere risorse e riconoscimento. Ricordo una vignetta che recitava, vado a memoria, “la democrazia sarà compiuta quando le scuole avranno tutti i soldi di cui hanno bisogno, mentre l'esercito dovrà vendere le torte per finanziare le proprie caserme”. È così, le scuole si sono sempre dovute arrabattare in qualche modo. Questo è triste.
La scuola è uno strumento potentissimo di rafforzamento e costruzione delle identità. Purtroppo questo solletica certi istinti.
A proposito di temi strumentalizzati in campagna elettorale, spicca l’immigrazione. Si agita lo spettro dell’apertura di un CPR, indicata (e sostenuta) dalla Provincia. È finito il tempo dell’accoglienza?
Si vanno a solleticare punti che suscitano paura. È la paura del diverso, ce l'abbiamo tutti in modo più o meno evidente davanti al nuovo. Chi ha avuto modo di entrare più spesso in contatto con il diverso, supera la paura assumendo un altro atteggiamento, chi magari non ha avuto possibilità di confrontarsi, si ferma alla paura e si lascia facilmente manipolare. Io mi aspettavo che sarebbe diventato un campo di allocuzioni varie: succede ogni volta, a intervalli regolari. C'è la volontà di non affrontare le questioni per risolverle, ma soltanto di creare grancassa e allarmismi che restituiscano qualcosa in termini elettorali. Si chiama “emergenza”, dopo 30 anni, chi parte per disperazione. Eppure nella Riace di Mimmo Lucano l’accoglienza non era più una parola di sinistra, di “buonisti”, ma un atto vissuto concretamente che portava vantaggi e restituiva benessere a tutta la comunità.
A Bolzano (dove i Verdi siedono al governo della città) c’è un numero esorbitante di sgomberi, solo nel 2022 furono quasi un centinaio. L’ultimo è avvenuto pochi giorni fa.
Tralasciando un attimo il piano etico e umano, su cui già avremmo da dire parecchio, e prendendola proprio dal punto di vista dei fatti nudi e crudi, quanto ci sono costati questi sgomberi? Non avremmo fatto meglio a prendere questi soldi e a investirli in un sistema di accoglienza funzionale? Gran parte di queste persone non vuole restare qui, un'altra parte vuole integrarsi e se gliene dai possibilità, con una formazione, un lavoro, una casa, non hai solo portato ricchezza? Per il lavoro che faccio sono abituata a considerare le problematiche in questo modo. Ho una concezione forse antica della politica: che serva a dare soluzioni e a far crescere tutte e tutti.
Dopo trent'anni, si chiama “emergenza” chi parte per disperazione. Eppure a Riace l’accoglienza non era più una parola di sinistra, di “buonisti”, ma un atto vissuto concretamente che portava vantaggi e restituiva benessere a tutta la comunità.
Serve un assessorato per Bolzano, come chiede Christian Bianchi?
L'abbiamo già visto: l'assessorato per i contadini, l'assessorato per l'economia, adesso l'assessorato per Bolzano… ma se la politica si deve occupare dello sviluppo di una comunità, come fai a ragionare per lobby? Che senso ha? È una roba antica, con una caratura molto piccola. A me non darebbe nessuna fiducia una delega del genere. Allora poi ci vuole un assessorato per Silandro? Del Brennero?
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Non è stupita che il Landeshauptmann Arno Kompatscher si esprima a favore del CPR? Per i Verdi non diventa sempre più difficile immaginare una Giunta provinciale con la SVP?
Mi chiedo quanto certe frasi siano pronunciate per attirare l'attenzione, quante per fermare un'emorragia di voti verso destra e quante le pensino realmente. Se il dialogo con le forze politiche non è fatto da parole vuote, ma da fatti, se ti guardi negli occhi, è impossibile non arrivare a trovare delle soluzioni che siano funzionali. Ho quest’utopia, forse sono ancora troppo ingenua da questo punto di vista. Nella tematica ambientale, i Verdi sono stati per anni da soli, adesso tutti parlano di ambiente e non lo viviamo come se ci avessero scippato il tema, ma con soddisfazione. Le persone, a prescindere dal loro orientamento politico, meritano di più, di non essere prese in giro su certe questioni, meritano soluzioni anziché questi giochetti.
I Verdi sono spesso percepiti dai bolzanini di lingua italiana come un partito (ormai) di lingua tedesca, lontano dalle proprie esigenze e prospettive. È così?
Mentre stavo facendo volantinaggio vicino a casa mia (nel quartiere Europa-Novacella, ndr), una signora mi fa: “Ah ma sei dei Verdi? No, io i Verdi non li voto”.
E come risponde in questo caso?
Chiedo il perché. “Perché voi Verdi siete stati gli unici a non firmare contro la costruzione della casa delle donne in Via Visitazione. Per noi è più importante il parcheggio”. Ma lì c'era già un costruito, era un parcheggio temporaneo. Colpevolmente è stato fatto passare troppo tempo, come si sta aspettando ancora le calende greche per dare risposte concrete alla fame di case. Ma se hai possibilità di entrare nel dialogo e spiegare cosa intendi, alla fine ti rispondono, “così capisco, allora avete ragione”. Purtroppo non abbiamo sempre il tempo di farlo.
Qual è il suo appello al voto?
L'astensionismo mi colpisce tantissimo. È una ferita ogni volta che le persone dicono “non voto”, non si fermano neanche e ti mandano a quel paese. C’è chi ha dato la vita perché noi potessimo votare. Questa perdita di fiducia è responsabilità della politica e di nessun altro, è da imputare a chi ha fatto politica andando e rimanendo impreparato a risolvere le questioni, senza cultura (e non intendo per il diploma o la laurea). E poi mi piacerebbe fosse riscoperto il senso della solidarietà. Quando eravamo in lockdown eravamo animati da questa segreta speranza, ci mettevamo sui balconi per chiedere aiuto e dare sostegno, andando oltre il nostro privato. La spesa per gli altri, portare fuori i figli dei malati… Una sensazione di riscatto: possiamo essere diversi.
Dietro le porte chiuse dei cittadini ci sono situazioni molto difficili da gestire, di cui nessuno parla.
A proposito di “restare a casa”, i Verdi hanno dato il via a una campagna elettorale “porta a porta”. Le persone rispondono al citofono?
Le racconto un episodio. Fra le tante porte che si sono aperte, mi apre una coppia anziana. Il marito però si mette a urlare contro i partiti, contro le elezioni e mi sbatte la porta in faccia. Mentre scendevo le scale, la porta si riapre ed esce una signora mortificata, imbarazzata perché il marito non stava bene. Questa donna costituisce lo stato sociale per il marito, se ne fa carico. Facendo un’altra rampa di scale, mi apre un uomo 50enne, in mutande, palesemente con problematiche mentali, da solo a casa. Lo stato sociale chi è? Quante persone vivono in queste condizioni? Mentre noi parliamo di turismo, di scuola, dietro le porte di casa ci sono mondi, persone che hanno problemi. Cosa importa loro del CPR? Eppure non ne parla nessuno, perché non paga, non ti fa stare in tv, non dà consenso. Nel mio modo di vedere la politica queste sono situazioni cui darei priorità assoluta, perché penso: se succedesse a me, che non ho parenti vicini, chi si occuperebbe di me, dove andrei, chi mi farebbe la spesa, come vivrei? Per questo non ci si può permettere di non dare risposte a queste situazioni.
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Probabilmente la signora…
Probabilmente la signora Giunta non sbaglia nelle sue valutazioni, ma mi sembra che il modo di esprimerle non sia corretto e rispettoso. I timori e i pregiudizi delle persone semplici come me sono reali e le risposte, per essere utili, non dovrebbero avere l’aura di una posizione alta di una intelligenza superiore. Si tratta di una candidatura per un ruolo in una istituzione democratica!
Gentile sig. Moser, come Lei…
Gentile sig. Moser, come Lei considero giuste le valutazioni della sig.ra Giunta.
Sempre da persona semplice, invece, non concordo con l'altra Sua valutazione: Leggo parole semplicemente chiare, non irrispettose. Leggo risposte piacevolmente concrete, non altezzose.
Anzi, vorrei proprio leggerne altre, di parole di questo tipo.
Riguardo all' «acceso…
Riguardo all' «acceso dibattito sulla scuola», non sarebbe stato male se l'estensore dell'articolo - di cui si ricorda una lunga ed intensa militanza proprio nei Verdi - avesse chiesto alla candidata conto dei temi illustrati nell'articolo pubblicato proprio qui su salto.bz e intitolato "Il voto dilettevole":
https://salto.bz/de/article/24082023/il-voto-dilettevole-0