Il PNV, per nulla al mondo andrebbe in coalizione coi centralisti di Madrid, quelli che in passato avrebbero voluto cancellare le identità locali
L’identità, qui, è una specie di cipria che serve a vendere il proprio prodotto e non la sostanza della propria offerta politica, come invece accade in realtà simili, ad esempio nei Paesi Baschi, dove il Partito Nazionalista Basco (ora in coalizione coi socialisti del PSOE) mai e poi mai farebbe una coalizione coi popolari (espressione del centralismo castigliano e portatori di un’idea di storia patria in cui il franchismo è un capitolo se non glorioso poco ci manca). E quel partito, il PNV, per nulla al mondo andrebbe in coalizione coi centralisti di Madrid (quelli che in passato avrebbero voluto cancellare le identità locali), perché così facendo perderebbe la propria identità, cioè la capacità di lasciarsi identificare dai suoi elettori, che non riuscirebbero più a vedere qualcosa di coerente (e quindi di sensato) nelle scelte e nella storia del partito.
Poi, a rendere ancora più problematico il quadro politico in Sudtirolo, c’è anche l’altra destra, quella tedesca, chiamata a completare una chimera il cui disegno si spiega solo con la logica puramente distributiva degli interessi. Penso in particolare agli effetti di questa coalizione sulle politiche culturali, che con l’identità hanno un rapporto strettissimo, e che potrebbero diventare il luogo in cui si scaricano le tensioni che la coalizione inevitabilmente ricrea. Antonio Lampis in una bellissima intervista di questi giorni per l’Alto Adige ha scritto: “penso, che la cultura sia il motore di molto, se non di tutto. Certamente di un territorio”. Ma la cultura diventerà, anziché il motore, il luogo in cui precipitano le vecchie tensioni identitarie, una specie di campo di battaglia in cui riverberano, anziché spegnersi, i conflitti generati da un’identità ancor più divisa.
Mortificare la propria identità, mostrarsi cioè come un partito senza memoria, lascia un vuoto che altri potrebbero riempire.
Mortificare la propria identità, mostrarsi cioè come un partito senza memoria, lascia un vuoto che altri potrebbero riempire. Partiti che potrebbero lavorare nei prossimi anni sulla propria vocazione identitaria, non essere cioè solo rappresentanti di interessi, selezionando sul territorio i propri clientes, ma offrire a questa società uno specchio, una strategia per immaginarsi: ritengo che sia questa la sfida futura di Verdi e Team K: che non può essere quella di rigettare l’identità, che è una valuta per niente fuori corso in politica. Questi soggetti politici potrebbero provare a costruire, sulle ceneri di questo disastro, un’identità moderna, inclusiva, che interiorizzi e bewältigt le divisioni anziché perpetuarle: l’identità di Bolzano città creativa UNESCO, con le sue comunità, la sua problematica prossimità al Brennero, la sua storia peculiarissima, il suo paesaggio, la sua autonomia, i suoi teatri, i vissuti speculari delle sue popolazioni. Che è un’altra cosa rispetto all’identità sempre di una parte sola, che si confonde col ricordo trasfigurato di un trapassato remoto, più immaginario che reale, in cui si facevano le fiaccolate vestiti come i sette nani.