E poi i cani. Anche qui deteniamo il primato. Il mondo ci guarda stupito. Siamo i primi a tentare la colossale operazione di identificazione genetica dei quadrupedi da compagnia al fine di poter inchiodare in futuro alle loro responsabilità dei proprietari che fanno finta di aver dimenticato a casa paletta e sacchetto. A differenza della conta linguistica qui l’obiezione di coscienza si è manifestata in maniera piuttosto ruvida. Motivati anche dal fatto che la mappatura costa ai privati parecchi euro sono in molti ad aver dichiarato che mai e poi mai si assoggetteranno all’iniqua sanzione. La Provincia fa la faccia feroce e promette multe salate. La politica si divide e l’esito della contesa appare tutt’altro che certo.
Quel che è sicuro è che mentre non ci sarebbero troppi problemi nel far fronte alla rivolta canina, se l’attuale pigrizia nel rispondere alla domanda sull’appartenenza linguistica dovesse sfociare in un rifiuto di dichiararsi, simile ad esempio, a quello che ha portato 110.520 altoatesini a rinunciare, nell’ottobre scorso, al proprio diritto di voto, la situazione diventerebbe pesante.
Una parte consistente del sistema altoatesino si muove, da mezzo secolo, su una convenzione secondo la quale tutti, in un modo o nell’altro, devono incasellarsi dei tre gruppi ufficiali. Nel frattempo il mondo è cambiato abbastanza, ma con un escamotage che consente a tutti coloro che sono “altri” rispetto alla Trimurti di aderire, più per interesse che per convinzione, alle tre tribù consacrate dallo Statuto, si è riusciti, in qualche modo, a tirare avanti.
Nella società cresce però, giorno dopo giorno, specialmente dopo l’esperienza della pandemia, un sentimento di rifiuto, delle regole, degli obblighi. In Alto Adige quest’aria di contestazione prepolitica è particolarmente vivace. Il rifiuto del voto, la rivolta contro le prescrizioni sanitarie e le vaccinazioni.
A questo punto la rincorsa tra bipedi e quadrupedi a chi si farà mappare di meno o di più diventa un balzo verso l’ignoto.