Sport | L'analisi/1

Il cuore non è mancato

L'arrivo di Hanlon sul pancone dei Foxes ha dato una svolta e i giocatori hanno dato tutto quello che avevano. Cosa non ha funzionato? E altra domanda: l'ICE Hockey League riuscirà mai a trattare tutte le squadre non austriache alla pari delle altre?
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Foto: Vanna Antonello
  • Game over. Come l’anno scorso in gara sette, come l’anno scorso su un tiro deviato sotto la traversa da davanti alla porta, questa volta addirittura al primo supplementare, con la drammatica sudden death. Al minuto 1:59 dell’over time si è conclusa la stagione dell’HCB con la vittoria di Salzburg 4-3 nella combattutissima serie di semifinale dell’ICE Hockey League.

    Ad Hockeytown la delusione è ovviamente grande così come la tristezza. Il Bolzano è uscito a testa alta ma l’amarezza c’è e rimarrà per qualche tempo. La squadra ha dato spettacolo, ha portato sulla pista la vera linfa di questo magnifico sport, ha giocato la serie con la grinta, il cuore e la determinazione che fanno dell’hockey uno sport meravigliosamente caldo, ruvido, fatto davvero di sangue e sudore.

    Nella presentazione della serie di semifinale con il Salzburg avevamo pronosticato grande equilibrio, con una leggera prevalenza statistica per i salisburghesi, che sarebbe stata influenzata anche e soprattutto dal recupero degli infortunati. La storia dice che Mike Halmo e Daniel Frank sono rientrati, evidentemente ancora acciaccati, solo in gara tre e alla loro assenza si è aggiunta quella del difensore Scott Valentine da gara due a gara sei. Un quadro da Mission Impossible. E alla domanda se alla fine ha vinto la squadra migliore non è facile dare una risposta secca. I Red Bulls sulla carta erano più forti, a sprazzi, ma sempre per pochi minuti consecutivi, hanno giocato benissimo. Solo che per quello che si è visto sul ghiaccio "ai punti" il verdetto non sarebbe affatto scontato. 

  • Immancabili: Da sempre Kristijan e Manuel Nikolic sono il "terrore" dei tifosi biancorossi, ma la ICE continua imperterrita ad assegnarli al Bolzano Foto: Ice Hockey League

    Nonostante le assenze, nonostante la stanchezza accumulata i Foxes se la sono giocata fino alla fine. E anche se lamentarsi dei fattori esterni talvolta può essere “da perdenti”, non bisogna avere timore di aggiunge anche “nonostante le condizioni avverse – a strisce verticali bianche e nere”, per intenderci. Perché anche fra i tifosi meno inclini al lamento, la sensazione che questa ICE Hockey League “ad invito” faccia il possibile per far sentire come ospiti appena-appena “sopportate” tutte le squadre non austriache, sta dilagando. Basta leggere i commenti sui social e i vari forum per rendersi conto che il malumore è generalizzato, ma i vertici della Lega continuano bellamente ad infischiarsene. 

  • La difesa

    Torniamo a noi. Con Salzburg coach Hanlon ha ancora una volta rimischiato le carte, creando di volta in volta nuove alchimie che nonostante la drammatica assenza di alcuni fondamentali ingredienti hanno funzionato alla grande, sorprendendo e, in alcune fasi, terrorizzando le lattine apparse a ridosso della serie fin troppo tranquille. Per una squadra allenata con la chiara regola d’oro - come ci ha detto coach Hanlon nell’intervista – defense first – la contemporanea assenza di due pilastri come Miglioranzi e Valentine stata durissima da gestire. 
    Vanno però spese alcune righe più generali sul reparto difensivo biancorosso. La defense unit è stata elemento critico durante tutta la stagione. In realtà fin dai primi assemblaggi e dalle prime disastrose apparizioni di inizio calendario,  il roster difensivo è apparso meno robusto e solido – spesso si è pensato che l’aggressività di Mike Dalhuisen sarebbe stata utile – e meno tecnico – Cole Hults e Rian Culkin – della stagione precedente. I nuovi innesti stranieri in difesa – Joshua Teves, Davis Vandane e Blake Parlett, con esperienze internazionali importanti, hanno avuto evidenti problemi di inserimento e rendimento. Neppure la cura Hanlon, va detto senza giri di parole, ha risolto veramente e del tutto i problemi. Se da un lato Teves ha avuto una rapida crescita decisa e costante fino portarlo al livello che ci si aspettava da un top player con esperienze in Svizzera, Finlandia e in AHL American Hockey League, dall’altro da Vandane si sono viste prestazioni via via più ordinate e buoni tiri dal perimetro, che hanno portato ad un impressionante quantità di assist 38 (!) e a 5 reti. Parlett ha fatto fatica pure ad essere ordinato e ha commesso una quantità di errori nei passaggi davvero alta per un giocatore con il suo passato.

    L’ultimo innesto difensivo arrivato in prossimità dei playoff – lo svedese Soderberg – giocatore fisicamente imponente ma non veloce, di scuola nord europea, non è certo stato risolutivo, e, anzi, spesso è apparsa in seria difficoltà nell’arginare le discese dei salisburghesi.
    Scott Valentine è passato dunque quest’anno da essere, per livello generale, quarto-quinto difensore della passata stagione a colonna imprescindibile della difesa. Anche questo è un indicatore chiaro, ahimè. Ha fatto un’ottima stagione, portando alla squadra, per lunghi periodi quasi da solo, la necessaria fisicità e aggressività (ValenTRAIN). Rileggendo queste ultime righe e pensando anche alla sua assenza nella serie sale la rabbia ancor di più. Il giocatore ha espresso in questi giorni in un’intervista il desiderio di rimanere a Bolzano. Speriamo che Dieter Knoll lo esaudisca
    Impossibile non ricordare l’apporto dei due grandiosi “azzurri”della difesa. Enrico Miglioranzi (asiaghese di nascita, bolzanino per acclamazione), pedina affidabile, precisa e con una applicazione ammirevole, si è gravemente infortunato (legamenti del ginocchio) durante la serie di ottavi di finale. I tifosi lo aspettano in forma all’inizio della prossima stagione e la società lo sa bene. Dylan  Di Perna (italo-canadese “naturalizzato" e ormai nel cuore di tutti) ha avuto una partenza lenta, faticosa anche per i suoi estimatori, ma ha giocato senza mai risparmiare fisicità, grinta e attaccamento ai colori anche nei periodi di forma non eccellente e tecnicamente più complicati. In crescendo netto nella seconda fase del calendario ha disputato dei buoni playoff.

  • L'attacco

    Amato: Davvero fortissimo, Daniel Mantenuto ha ottenuto anche il premio combattività votato dai tifosi e dagli addetti ai lavori Foto: Hcbfans.net

    L’attacco, nel grande mix degli alti e bassi delle sue pedine, ha garantito quello che doveva ma va osservato che nessuno degli innesti di questa stagione si è avvicinato neanche lontanamente ai  numeri dello statunitense Mitch Hults.

    Per il resto, dall’inizio alla fine della stagione, di livello straordinario è stato il rendimento di Daniel Mantenuto, che a tratti si è meritato l’iperbolico soprannome di “Wayne” Mantenuto. Prestazioni eccellenti, gol spettacolari, picchiate verso il terzo di attacco con la sua inconfondibile postura protesa in avanti, è stato centro di una efficacissima seconda linea, con partite anche in prima e terza linea e ovunque servisse un centro forte ad attaccare. La più evidente crescita anno su anno. Attaccante ormai di livello europeo, l’oriundo italo canadese di 26 anni, ha fatto una stagione degna di leghe più blasonate della nostra e questo fa temere per l’arrivo di qualche sontuosa offerta dall’estero. Speriamo gli si facciano i classici “ponti d’oro” per trattenerlo. E’ davvero un giocatore indispensabile per il Bolzano del futuro.

    Mike Halmo a Bolzano è ormai a casa sua e strappa l’ennesima stagione di buon livello, con forse un leggerissimo calo anno su anno (34 anni) ma Mike Halmo resta sempre Mike Halmo: imprescindibile. Finisce la stagione con un ginocchio in disordine, al punto da far pensare che tolti i pattini cammini con le stampelle. Dolorante, stringe i denti e porta nella serie fisicità e agonismo da quella bestia del ghiaccio che è. La sua presenza è avvertita da compagni ed avversari. Lo rivediamo in autunno (speriamo) esordire con tre giornate di squalifica per un durissimo intervento in gara sette sul salisburghese Genaway.

  • Fuoriclasse: Mike Halmo, un giocatore fondamentale Foto: Hcb net/Valentina Gallina

    In merito ai nuovi innesti Connor Ford, centro di grande qualità dalle tipiche movenze “americane” dopo una partenza faticosa è cresciuto a livelli top, diventando spesso nella seconda parte di stagione centro della prima linea al posto di McClure, in netto calo per molti mesi e ripresosi su buoni livelli solo verso la fine. Di Frank e Frigo non è necessario dire molto. Bastano i loro nomi e le loro maglie. Sul piemontese va solo aggiunto che ha giocato dei playoff da top player assoluto, mentre sul capitano va detto che la sua assenza nelle ultime contro Villach si è fatta parecchio sentire.

    Non si può non nominare in chiusura Christiano Di Giacinto, arrivato nell’ultima parte di stagione, che dopo un normale periodo di ambientamento ha dimostrato la sua tecnica e il suo agonismo spiccando nei playoff per il giusto approccio da post season, senza mollare mai; arriva direttamente dall’AHL dove ha giocato negli ultimi anni nei farm team  dei New York Rangers, spesso di fianco a quel nuovo giovane fenomeno dell NHL, Matt Rempe, al centro in questi giorni delle cronache hockeistiche mondiali (Rempe Fight Club). Un po’ di Fight Club ci serve.

    Un passaggio finale sul portiere. Bastano una manciata di parole. Sam Harvey è il miglior portiere della lega, è giovane e è attaccato alla maglia. Forte in ogni fondamentale ha svoltato la stagione del Bolzano dopo il suo arrivo alla Befana. Anche nelle sue rare partite negative (un paio in stagione) è in grado di dare sicurezza alla difesa e di farla quindi lavorare coi giusti tempi e nelle giuste posizioni, cosa che, come detto, era fondamentale quest’anno visto il roster difensivo a disposizione. Essendo arrivato a gennaio presumiamo abbia strappato un contratto almeno biennale. Strepitoso anche l’apporto di Jonny Vallini, davvero impeccabile e – va detto, sprecato – come backup.

  • Rumorosa: La curva dei Figli di Bolzano Foto: HCB/Vanna Antonello

    Questo è quanto. Ma manca un argomento. Quello che nelle righe di introduzione chiamavamo “condizioni avverse a strisce verticali bianche e nere”. Una parola su questa lega, sulla ICE Hockey League, va spesa e quindi si finisce per forza a parlare di arbitraggi.

    Sappiamo tutti che sotto le menzognere spoglie di Lega Inernazionale, l’ICE, per gli organizzatori, è e rimane il Campionato Austriaco di serie A – assegna il titolo nazionale infatti. Delle 13 squadre partecipanti cinque sono compagini straniere, tre italiane (Bolzano, Asiago, Brunico), una slovena (Lubjana) e una Ungherese (Hydro Fehérvár). Questo è evidentemente utile per alzare livello tecnico, spettacolo, pubblico e bilanci. Questo è un bene anche nei dirigenti di lega, molto meno bene è che questi “ospiti” siano forti e rovinino la cena in famiglia.

    Dall’arrivo del Bolzano in Lega, dieci anni fa, i Foxes sono stabilmente tra le squadre di testa (solo un anno hanno fallito l’ingresso alla postseason), vincendo addirittura due coppe, tra cui quella di esordio, incubo ricorrente ancora oggi negli uffici dirigenziale dell’ICE. Quest’anno, il tabellone playoff con il Pustertal in una semifinale e i Foxes nell’altra, ha fatto passare notti insonni a Vienna; era possibile non solo che vincesse il campionato austriaco una squadra non austriaca (già due i precedenti biancorossi) ma addirittura che non ci fossero squadre austriache in finale, con conseguente imbarazzante assegnazione dello scudetto di nascosto una sera in un teatro di periferia.

    La sensazione – anche qualcosa di più – è che la lega sia assolutamente schierata e sbilanciata. Cari ospiti accomodatevi, ma non sporcate, non disturbate e, soprattutto, non vincete. Le premesse sopra generano quindi la questione degli arbitri. Il pressapochismo con cui viene gestita la questione delle quaterne arbitrali è arrivato quest’anno a livelli da record. O da cabaret se si preferisce.

    Vanno ricordate alcune circostanze, documentate e agli atti. Nessuna terna arbitrale non austriaca è stata assegnata ai playoff, con addirittura un articolo celebrativo del fatto sul sito ufficiale ICE. Un numero elevatissimo delle partite in casa del Bolzano sono assegnate a uno dei fratelli Nikolic di Innsbruk che negli anni si sono distinti per arbitraggi ai confini della realtà, fino a creare un rapporto di generale ostilità dello stadio e del pubblico bolzanino tutto. Al termine di una partita c’è stato addirittura un duro battibecco tra Kristijan Nikolic e gli ultras biancorossì proprio sotto la curva, e dalla partita successiva gli arbitri hanno cambiato il punto di ingresso sul ghiaccio. Questa situazione in tutti i campionati seri, non solo di hockey, avrebbe portato alla incompatibilità ambientale e all’assegnazione della coppia d'assi ad altre partite ed altre squadre, almeno ogni tanto. Ma non è così. In tutta la stagione le partite del Bolzano in casa in cui non ci fossero i fratelli sono state al massimo una manciata. Neppure ai tempi di Calciopoli ….

    In quest’ottica come non guardare e non giudicare anche il clamoroso ultimo icing non chiamato al Salzburg e dai cui sviluppi è nato il maledetto ultimo gol in overtime di gara sette? Perché la sfortuna è la sfortuna, ma se l’arbitro le dà una mano…

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Manfred Klotz Sa., 06.04.2024 - 07:00

Caro Carlo, se l'articolo è il riassunto visto con gli occhi del tifoso, ci può stare. Se è un riepilogo giornalistico anche no. Al netto di qualche affermazione corretta (su tutte quella sul valore di Mantenuto), è sufficientemente parziale per quanto riguarda l'analisi delle prestazioni arbitrali. L'hockey su ghiaccio è uno sport veloce, complesso con regole complesse al limite dell'assurdo, dove un arbitro deve decidere in una frazione di secondo. Vero che non sempre decisioni sono comprensibili (al di là della nazionalità degli arbitri), ma da lì a subodorare quasi un complotto, per giunta di tutta la lega?
Le decisioni del DOPS invece sarebbero da analizzare meglio...

Sa., 06.04.2024 - 07:00 Permalink
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Carlo Bassetti So., 07.04.2024 - 22:48

Antwort auf von Manfred Klotz

Buona sera Manfred. Ogni articolo che ho scritto, così come l'intervista al coach, sono chiaramente narrazione di un tifoso. Sono grande appassionato fin da bambino molto piccolo del Bolzano' sono abbonato in curva, seguo l'hockey locale ma anche europeo e soprattutto dell'NHL in maniera quasi ossessiva. Sono un'appassionato. Non sono nè un tecnico nè un giornalista sportivo. In quest'ottica mi hanno chiesto di scrivere qualche articolo.

So., 07.04.2024 - 22:48 Permalink
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Thomas Unterwinkler Sa., 06.04.2024 - 12:36

L'articolo non è corretto con riguardo ai titoli. Ci sono infatti DUE titoli: campione della ICEHL (Karl-Nedwed-Trophy) e campione austriaco (Staatsmeisterpokal). Se una squadra non austriaca vince il campionato ICEHL, campione austriaco diventa la miglior squadra austriaca (nel 2013/14 e nel 2017/18 la finalista RB Salisburgo).

Sa., 06.04.2024 - 12:36 Permalink
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Carlo Bassetti So., 07.04.2024 - 22:56

Antwort auf von Thomas Unterwinkler

Nella sostanza credo di aver scritto quello. La Laga assegna infatti il titolo austriaco e nel caso ci fosse una finale tra due "ospiti" alla fine della serie sul ghiaccio verrebbe consegnato solo il KN Trofy. A meno di non far sfilare anche la prima squadra austriaca sul ghiaccio della finale appena terminata, magari a Bolzano per assegnare lo scudetto austriaco. Non crrdo avverrebbe. Piu facile questo avvenga in qualche teatro austriaco di periferia o meno.

So., 07.04.2024 - 22:56 Permalink
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Martin Daniel So., 07.04.2024 - 09:25

Io credo invece che la tesi sostenuta dall'autore non sia del tutto fuorviante. Anch il Dolomiten ha sottolineato il peso decisivo dell'arbitraggio prima della rete decisiva in gara 7 (ma anche di alcune altre della serie), su VB33 hanno evidenziato in diretta il grave errore arbitrale che ha direttamente preceduto il gol dell sudden death nell'overtime (l'icing non visto). In una delle gare precedenti al momento di un'altra rete decisiva (credo al palaonda) il Salisburgo aveva 7 giocatori sul ghiaccio

So., 07.04.2024 - 09:25 Permalink
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Manfred Klotz Mo., 08.04.2024 - 07:11

Antwort auf von Martin Daniel

Tutte queste affermazioni sono dovute alla scarsa conoscenza delle regole IIHF. L'icing, la cosiddetta liberazione vietata, non è tale se un giocatore avversario potrebbe intercettare la traiettoria del disco. Viene annullato ad esempio se un giocatore rallenta, se alza la stecca o comunque non interviene sul disco, quando potrebbe farlo. Nella fattispecie, il giocatore del Salisburgo tira il disco fuori dal proprio terzo lungo la balaustra alla sua sinistra. Parlett è appostato sulla linea blu, a un metro dalla balaustra. Se avesse voluto avrebbe potuto intercettare il disco, ma si è spostato verso il centro del campo. Quindi l'interpretazione dell'arbitro ci può stare.
Anche la situazione dei 7 giocatori sul campo è già stata spiegata diverse volte. I giocatori possono scendere sul ghiaccio dalla panchina, nel momento in cui il giocatore che intendono sostituire si trova a 1,5 m dalla balaustra davanti alla propria panca. Ci possono anche essere 20 giocatori in campo entro questa zona virtuale, a patto che né chi entra né chi esce tocchi il disco. E infatti nella situazione che si cita non è successo, perché il disco era già vicino alla porta del Bolzano.

Mo., 08.04.2024 - 07:11 Permalink