Politik | Il commento

Un anno senza B.

Qualcuno pensa ancora che il disegno dietro tutta quella baldoria fosse politico, che quella di Berlusconi fosse la rivoluzione liberale che ci era stata promessa?
  • È già passato un anno e possiamo ricordarlo con un certo distacco. B. aveva creato un grande movimento di costume, che poi è diventato un partito; con le sue tv ha portato il suo Festival Popolare Permanente in ogni tinello, mostrandoci allo specchio, mettendo fine a uno stile pubblico abbastanza innaturale, fatto di compassate signorine buonasera, intellettuali, politici (a messa o sulle barricate). 

    Ci ha presi su da una delle sale d’aspetto dove i figuranti cercano una particina e ci ha dato la chance di una vita, un film che si chiama televisione, in cui avremmo recitato noi stessi

    Certe parole, certe pose del nostro sottobosco semiotico, erano diventate improvvisamente ammissibili, ci sentivamo finalmente adeguati, senza vergogna potevamo rientrare nel giardino italiano dell’eden con una certa fierezza, a testa alta, contro chi ci aveva sempre trattati come dei paria, dall’alto in basso, il sottoprodotto di una modernizzazione italiana che aveva generato mostri: noi. Almeno così eravamo stati rappresentati, l’unico genere che eravamo riusciti a meritare era la commedia… un occhio pieno di sdegno ci seguiva ovunque, quello dell’intellettuale, del critico, del poeta, per i quali esistevamo solo come maschere… fino a quando lui ci ha presi su da una delle sale d’aspetto dove i figuranti cercano una particina e ci ha dato la chance di una vita, un film che si chiama televisione, in cui avremmo recitato noi stessi. Per liberarci da due mali che ci erano stati inflitti con un sadismo da manuale: la vergogna e la tristezza. Da Zampa a Fellini a Risi, una schiera di registi, invisi sia ai democristiani sia ai comunisti, aveva raccontato le nuove apparenze sociali di un’Italia alla deriva, senza finale redenzione. E anche i più indulgenti di loro ci giudicavano facendoci sentire sempre inadeguati, a volte mostruosi… e poi quanta tristezza… “A Robbe', che te frega delle tristezze…”  No, non ci importava più nulla “delle tristezze” e non dovevamo più vergognarti di come eravamo… erano loro, gli intellettuali e gli pseudo tali, che avevano costruito un’industria (che chiamavano cultura) sui nostri sensi di colpa, solo per ferirci… 

    ... noi con le offerte speciali su pellicce e materassi, sfilando tutti assieme, finalmente vestiti a festa, in una sala degli specchi in cui vedevamo riflessa l’immagine di noi stessi finalmente felici ...

    Lui capì tutto questo e per decreto fece in modo che si stabilisse il lieto fine come l’unico modo possibile per raccontarci… e così spostava il luogo dell’agitazione politica, come ancora si chiamava, dalla piazza al tinello di casa. La morte di Roberto nel Sorpasso, la strage di Steiner in La dolce vita, la malinconica deriva di un seduttore (il Casanova sempre di Fellini), bene, tutta questa tristezza era finalmente archiviata… c’erano solo i programmi che passavano la soglia dell’Auditel, e poi cinepanettoni e televendite, una generale moratoria per gli odi passati… dalle altre parti ci si riconciliava coi monumenti, noi con le offerte speciali su pellicce e materassi, sfilando tutti assieme, finalmente vestiti a festa, in una sala degli specchi in cui vedevamo riflessa l’immagine di noi stessi finalmente felici, senza tristezza e soprattutto senza vergogna. Poi ovviamente era tutto uno scherzo, tutta una messinscena, ma qualcuno pensa ancora che il disegno dietro tutta quella baldoria fosse politico, che quella fosse in fondo la rivoluzione liberale che ci era stata promessa… e forse è così, forse dovremmo essere contenti così…