L’attualità di Claus Gatterer...
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Ricorre quest'anno il centesimo anniversario della nascita dello storico, giornalista e romanziere sudtirolese Claus Gatterer (27/03/1924 - 28/06/1984). Questa ricorrenza ci induce a riflettere su quale possa essere oggi il valore e l'attualitä degli insegnamenti di un pensatore per molti versi scomodo e mai integrato.
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Il federalismo solidale
Che cosa puo insegnarci, ad esempio, la sua opera principale di storico, quel monumentale volume di 1.500 pagine intitolato Im Kampf gegen Rom (1968; trad. it. In lotta contro Roma, 1994), dedicato al problema delle minoranze e delle autonomie in Italia, scritto addirittura nel lontano e ormai quasi mitico 1968? Benché il titolo di quest'opera compaia ancora - anche se meno frequentemente di un tempo - nei siti che gravitano attorno alla Lega Nord e alla "Padania", niente sarebbe più fuorviante che vedere in Gatterer uno dei padri spirituali di questo movimento. Il federalismo e l'"autonomismo" di Gatterer hanno infatti radici culturali e finalità ben diverse: essi si rifanno da una parte all'austromarxismo, nutrendosi in maniera critica e tutt'altro che naïf anche del mito o dell'utopia cacanica della Mitteleuropa, dall'altra soprattutto ai testi di autori italiani "autonomisti" e "meridionalisti" come Guido Dorso, Luigi Sturzo, Carlo Levi, Emilio Lussu e Gaetano Salvemini. A partire dalle «idee "smarrite" del Risorgimento», Gatterer ricostruisce le alterne vicende delle minoranze etniche e delle lotte autonomiste non solo in Trentino e in Alto Adige, ma anche in Friuli, a Trieste, in Slovenia e in Croazia, in Valle d'Aosta, in Sardegna e in Sicilia. Egli non parla mai di secessione, e in tutti i suoi scritti non compare mai nemmeno l'idea di una riannessione del Sudtirolo all'Austria. Il suo grande interesse per tutte le espressioni culturali, e in particolare per quelle dei popoli confinanti, lo pone al riparo anche da ogni idea di superiorità di un popolo o di una minoranza etnica sull'altra. Il federalismo è per lui un'idea e un'utopia, prima ancora che un progetto politico-giuridico, e rappresenta la sola via verso la vera democrazia, che deve sempre partire dal basso, dalle comunità più piccole, per integrarsi poi in istanze sempre più vaste. Gatterer rifiuta soprattutto ogni federalismo per cosí dire egoistico, motivato solo da interessi e vantaggi economici, sostenendo invece l'idea di un federalismo solidale ed europeo, a cui anche il suo libro doveva contribuire, favorendo il «superamento degli egoismi etnici e regionali» e incoraggiando «la solidarietà globale che è l'indispensabile condizione preliminare per il successo dell'autonomismo».
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La storia come narrazione
Come storico, Gatterer anticipa una tendenza fondamentale della storiografia che sarà oggetto di discussione solo negli anni settanta e ottanta del secolo scorso, a partire soprattutto dalle riflessioni di Hayden White. Egli riconosce infatti innanzitutto il carattere narrativo di ogni rappresentazione storica, che non è mai e non può essere oggettiva, perché rappresenta una rielaborazione e ricostruzione dei fatti, guidata da una precisa finalità. Per questo egli definisce il suo libro Im Kampf gegen Rom «un testo politico, che si avvale di elementi storiografici». Negli ultimi anni si è diffuso il termine "narrazione", mutuato dall'inglese narrative, per indicare il racconto di una particolare visione della realtà o di una serie di eventi, che trasportando una serie di valori e di emozioni diventa espressione di un particolare gruppo sociale, politico o di opinione ovvero nazionale. Pur senza conoscere o utilizzare questo termine specifico, Gatterer ha evidenziato in tutti i suoi scritti storiografici la centralità e l'influsso sul presente e sul rapporto tra le nazioni di quelli che lui chiama i "miti" o le "leggende storiche", che corrispondono in sostanza alle "narrazioni" della terminologia attuale. Nella raccolta di saggi Erbfeindschaft Italien-Österreich (1972; trad. it. Italiani maledetti, maledetti austriaci: l'inimicizia ereditaria, 1989) egli scrive: «I luoghi comuni di ieri appaiono nei libri di storia di oggi come "verità storiche" e vengono trasmessi come tali alle generazioni di domani». I luoghi comuni, le costruzioni ideologiche di un gruppo o di una nazione, si trasformano in verità fondative, in miti o leggende, nella "storia da manuale scolastico" che è compito principale dello storico smascherare. Tutti i saggi contenuti nel volume Erbfeindschaft Italien-Österreich mirano proprio a demolire i pregiudizi storici e le mitologie che hanno fondato e caratterizzato il difficile rapporto tra Austria e Italia a partire dal Risorgimento. Ma anche il libro su Cesare Battisti intitolato Unter seinem Galgen stand Österreich (1967; trad. it. Cesare Battisti. Ritratto di un "alto tradi- tore", 1975) prende significativamente le mosse da due "narrazioni" opposte e complementari della figura di Cesare Battisti, considerato da una parte come "alto traditore" dalla storiografia austriaca ed esaltato invece come eroe nazionalista dalla propaganda fascista. In contrasto con queste due visioni, Gatterer si concentra soprattutto sull'uomo Battisti, sul contesto della sua formazione, sulle sue esperienze politiche, sulle difficili e spesso anche contraddittorie scelte esistenziali che ha dovuto compiere. La stessa attenzione per la dimensione umana della storia, per il popolo, per i singoli attori trascurati dalla storiografia ufficiale, ritorna anche in tutti i contributi di Erbfeindschaft Italien-Österreich. Perché solo in questo modo è possibile secondo Gatterer superare i miti e le leggende della storiografia ufficiale, riconoscendo, e identificandosi cioè, con «l'essere umano nell'altra trincea», non vedendo in lui il nemico bensi riconoscendo «l'essere umano con i suoi sentimenti, le sue preoccupazioni, i suoi desideri, le sue paure, i suoi problemi». Solamente guardando agli avvenimenti storici dalla prospettiva del "nemico ereditario" è possibile riconoscere infatti i punti oscuri, le ombre, le tematiche tabuizzate e rimosse della narrazione storica del proprio gruppo o della propria nazione.
Verso la microstoria e il romanzoÈ evidente come un simile atteggiamento conduca necessariamente verso quella tendenza della storiografia sviluppata a partire dalla meta degli anni settanta tra gli altri da Carlo Ginzburg, normalmente definita "microstoria". Si tratta di un tipo di storiografia "dal basso" che ha per oggetto contesti storici limitati e soggetti umani appartenenti alle classi inferiori e piu disagiate, che solitamente non hanno voce e non trovano posto nella storiografia strutturale e del lungo periodo. Tale storiografia non intrattiene solo stretti rapporti con l'antropologia storica, la "Alltagsgeschichte" ("storia della vita quotidiana") e la "storia orale", ma ha soprattutto una forte componente narrativa, poiché tende facilmente a trasformarsi in racconto o romanzo.
È quindi per molti versi assolutamente coerente, se Gatterer, dopo aver scritto due opere storiche, decide di scrivere «un libro di storia composto di storie», affrontando uno dei temi più spinosi della storia recente del Sudtirolo, vale a dire le vicende delle Opzioni, attraverso il genere letterario del romanzo. Questa scelta risponde infatti da una parte al riconoscimento da parte di Gatterer del carattere narrativo della storiografia, dall'altra alla necessità da lui postulata per la storiografia di occuparsi degli individui singoli e delle loro passioni. Già nell'opera su Cesare Battisti egli aveva opposto alle due narrazioni contrapposte e complementari di Battisti come alto traditore ovvero come eroe nazionalista le rappresentazioni letterarie della sua figura presenti nell'opera di Karl Kraus Die legten Tage der Menschheit (1915-1922, Gli ultimi giorni dell'umanità) e in Aufschreibung aus Trient (1965; Incidente a Trento), di Franz Tumler, per mostrare come proprio la letteratura, grazie all'intrinseca ambiguità del suo messaggio, riesca a superare le "verità storiche" definitive, vale a dire le "narrazioni", i "miti" e le "leggende" creati e sostenuti dall'ideologia. D'altra parte, il romanzo tende per sua stessa natura a personalizzare e a raccontare destini individuali, venendo incontro all'idea di Gatterer di porre il singolo al centro della ricerca storica. Come scrive in un appunto preparatorio del romanzo, infatti, «la vera storia è costituita dalle piccole storie. La verità vive e opera in esse. In esse si riflette la grande storia dell'altro ieri e di ieri, e si prepara la grande storia di domani».
Con il romanzo Schöne Welt, böse Leut (1969; Bel paese brutta gente) Gatterer realizza dunque un prototipo magistrale e insuperato di ricerca microstorica ante litteram. Il carattere indubbiamente autobiografico del racconto fatto in prima persona dell'infanzia e della gioventù del protagonista dai suoi sei anni fino ai sedici anni (dal 1930 fino al 1940, con un'appendice più sintetica fino al 1943), garantisce da una parte l'autenticità di quanto narrato, mentre lo sguardo a posteriori dello storico permette dall'altra una profonda analisi antropologica, sociologica e linguistica di una movimentata epoca storica caratterizzata da fortissime tensioni sociali e politiche, che segna il passaggio dal "mondo di ieri" di una civiltà contadina al presente di una società basata sul turismo. La realtà microstorica del piccolo paese di montagna, con i suoi usi e costumi e con i suoi molti personaggi pittoreschi, si contrappone e spesso si scontra con la macrostoria dei grandi personaggi e dei principali avvenimenti storici e politici del Novecento. Mentre la realtà individuale della microstoria serve spesso a smascherare il carattere ideologico delle narrazioni macrostoriche, la visione storica generale permette invece di comprendere meglio il significato dei piccoli avvenimenti, relativizzandone allo stesso tempo l'importanza e la centralità. Dal confronto/scontro tra la prospettiva ristretta dell'io narrante bambino o appena adolescente e l'implicito sguardo più ampio dello storico, che si manifesta nella composizione del racconto ma anche nelle riflessioni sociologiche, antropologiche o linguistiche, deriva quella che è la caratteristica peculiare di questo romanzo, vale a dire l'ironia.Il confronto con la storia del Sudtirolo e l'arma dell'ironiaCome Gatterer scrive nel suo Im Kampf gegen Rom, gli anni del dopoguerra furono caratterizzati in Sudtirolo da «un clima di quasi totale aridità spirituale», derivante dall'incapacità dei sudtirolesi di fare i conti con il proprio passato. In nome della necessità di salvaguardare l'unità del gruppo etnico, per contrastare la falsa leggenda della "marcia della morte" della minoranza, «il periodo fascista rimase un tabù con l'esclusivo compito di fungere da fonte di lagnanze e di accuse. E rimase un tabù il periodo nazista, poiché la circostanza che alcuni singoli sudtirolesi si fossero compromessi con quel regime poteva distruggere il prezioso cliché che rappresentava i sudtirolesi, collettivamente, come vittime dei dittatori Hitler e Mussolini». Gatterer non si limita tuttavia a diagnosticare questa "sterilità spirituale" e a indicarne le cause, ma cerca in un certo senso di porvi rimedio, confrontandosi per primo proprio con quel periodo cosí fortemente tabuizzato. Dovranno passare ancora quindici anni prima che Friedl Volgger torni a rivisitare le tensioni di quell'epoca nella sua autobiografia Südtirol am Scheideweg (1984; trad. it. Sudtirolo al bivio, 1985) e ben venti anni prima che l'importante mostra sulle Opzioni del 1989 inauguri finalmente una seria e controversa discussione sul tema. Poiché con il suo romanzo Gatterer mette il dito in una ferita ancora aperta e che si faceva di tutto per occultare, non c'è da meravigliarsi se in seguito alla pubblicazione dell'opera egli venne da molti diffamato come "Nestbeschmutzer", letteralmente "chi sporca il proprio nido", ovvero "chi sputa nel piatto in cui mangia". In realtà, tutte le analisi storiche, sociologiche, politiche e morali presenti nel romanzo sono molto acute e colgono nel segno.
Gatterer riconosce, ad esempio, come la vera esperienza traumatica per i sudtirolesi non sia stata l'annessione all'Italia, bensi la spaccatura avvenuta tra la popolazione sudtirolese in occasione delle Opzioni. Sottolinea inoltre come la politica culturale e scolastica del fascismo abbia mirato coscientemente a creare un popolo analfabeta e in quanto tale più facilmente "asservibile". Proprio l'educazione e la propaganda fascista avrebbero inoltre preparato e favorito l'avvicinamento di molti sudtirolesi all'ideologia nazista. Il romanzo sfata inoltre definitivamente la leggenda dei sudtirolesi come vittime del fascismo e del nazionalsocialismo, sottolineando la mancanza di coraggio civile di una popolazione timorata di Dio e rispettosa della legge e mettendo alla berlina le carriere di alcuni sudtirolesi che, per motivi egoistici, da fedeli fascisti si trasformarono in fanatici nazionalsocialisti. A dispetto di ciò, Schöne Welt, böse Leut è ben lontano dal rappresentare una sorta di resa dei conti morale con il passato. Nonostante quanto suggerito dal titolo, le "persone cattive" nel romanzo sono relativamente poche e anche queste vengono sempre ironicamente smascherate dal narratore o punite dagli eventi. Non solo prevalgono dunque di gran lunga le "persone buone", gli atteggiamenti di saggezza e di umanità, ma l'interesse antropologico del narratore impedisce ogni giudizio moralistico e favorisce invece un atteggiamento di comprensione e di tolleranza persino di fronte a scelte o atteggiamenti sbagliati. Il titolo del romanzo potrebbe percio, in un certo senso, venir ribaltato e suonare Böse Welt, schöne Leut (mondo cattivo, bella gente).
Quelli che hanno chiamato Gatterer un "Nestbeschmuteer", perché offendeva apparentemente la sua gente, e per questo motivo si sono magari rifiutati di leggere il romanzo, non hanno evidentemente capito che anche il titolo era ironico e faceva quindi parte della principale strategia retorica che caratterizza tutto il romanzo. L'ironia impregna profondamente tutte le pagine dell'opera, a partire dai titoli allusivi dei singoli capitoli, che sembrano appartenere a un romanzo picaresco. Essa si sprigiona poi soprattutto nello smascheramento della vuota retorica della propaganda fascista, ma si manifesta anche a un livello più alto, che richiede indubbiamente delle precise conoscenze storiche da parte del lettore, quando rappresenta le accese discussioni storiche tra il padrino di battesimo e il padre del protagonista, ovvero il modo in cui tre professori reagiscono, parlando di epoche e personaggi differenti, alla notizia dell'Anschluss. L'ironia, che a differenza della maggior parte delle figure retoriche non possiede segni distintivi che permettano di riconoscerla, richiede sempre il contributo attivo del lettore per essere compresa e rappresenta anche per questo motivo l'antidoto migliore a ogni ideologia, che per diffondere le sue semplificazioni conta sempre sulla passività del destinatario.
Da queste riflessioni dovrebbe risultare in maniera sufficientemente chiara, come Gatterer non sia stato solo un geniale precursore tanto in qualità di storico che di giornalista, soprattutto televisivo, e di scrittore, ma che anche a quarant'anni dalla sua morte, le sue idee e le sue analisi risultano ancora attualissime e degne di essere ripensate.Riferimenti bibliograficiCostazza A., Der Bildungsroman eines Historikers: Geschichte und Geschichten in Claus Gatterers Schöne Welt, böse Leut. In: Studia theodisca XI (2003), pp.165¬220
Costazza A., Oltre i confini: geografia e storia nel romanzo "Bel paese, brutta gente", di Claus Gatterer. In: Casari M., Gavinelli D. (a cura di), La letteratura contemporanea nella didattica della geografia e della storia, CUEM, Milano 2007, pp. 23-39
Costazza A., Die ironische Entlarvung der Ideologie in Claus Gatterers „Schöne Welt, böse Leut. Kindheit in Südtirol", in J. Butcher, A.M. Chierici (a cura di), Ein Jahrhundert schweren Zusammenlebens. Eine Bilanz über die legten 50 Jahre Südtiroler Literatur = Un secolo di difficile convivenza: Un bilancio degli ultimi cinquant'anni di letteratura altoatesina, Edizioni alphabeta Verlag, Merano 2019, pp. 121-139
Gatterer C., Unter seinem Galgen stand Österreich. Cesare Battisti - Porträt eines „Hochverräters", Europa Verlag, Wien/Frankfurt/Zürich 1967 (trad. it. Cesare Battisti. Ritratto di un "alto traditore", La Nuova Italia, Firenze 1975)
Gatterer C., Im Kampf gegen Rom. Bürger, Minderheiten und Autonomien in Italien, Europa Verlag, Wien/Frankfurt/Zürich 1968 (trad. it. In lotta contro Roma. Cittadini, minoranze e autonomie in Italia, Praxis 3, Bolzano 1994)
Gatterer C., Schöne Welt, böse Leut. Kindheit in Südtirol, Verlag Frite Molden, Wien/München 1969 (trad. it. Bel paese, brutta gente. Romanzo autobiografico dentro le tensioni di una regione europea di confine, Praxis 3, Bolzano 1989)
Gatterer C., Erbfeindschaft Italien-Österreich, Europa Verlag, Wien/Frankfurt/Zürich 1972 (trad. it. Italiani maledetti, maledetti austriaci: l'inimicizia ereditaria, Praxis 3, Bolzano 1986)
Hanifle T., Im Zweifel auf Seiten der Schwachen: Claus Gatterer. Eine Biographie, Studienverlag, Innsbruck/Wien 2005Weitere Artikel zum Thema
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