Da Sterzing a Schwaz: 70 km tra ...
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Terreno di osservazione quasi quotidiano in materia di comportamento nello spazio pubblico
Ci sono luoghi che sono semplicemente luoghi. E ci sono luoghi che sono esperimenti sociologici a cielo aperto. La stazione di Sterzing appartiene alla seconda categoria. È la mia finestra sul mondo, piccolo e grande, il mio terreno di osservazione quasi quotidiano in materia di comportamento nello spazio pubblico. E come per ogni osservazione sociale, anche in questo caso serve un gruppo di controllo: la stazione di Schwaz.
Sono appena 70 chilometri a separare queste due cittadine alpine, entrambe segnate dai Fugger e dalle miniere, entrambe, in un certo senso, tirolesi, eppure a ogni arrivo mi sento come in un altro universo.
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Un'ordine quasi straniante
Mei, a Schwaz è tutto così... ordinato. La stazione è nuova e pulita, il tetto a tenuta stagna, nessun cestino osa traboccare. E se anche succedesse, al massimo fino alla mattina dopo. Certo, uno degli ascensori abbastanza nuovi è guasto, mentre a Sterzing ne stanno costruendo uno da agosto dopo anni di invana attesa. Forse Schwaz non vuole apparire troppo superba, adesso che, dopo lavori durati solo due inverni, il nuovo imponente ponte di pietra (la Steinbrücke) è già stato inaugurato. Rispetto a Sterzing, la stazione di Schwaz sembra perfetta. Quasi straniante. Ma lì mi manca qualcosa: la patina della vita vera, quel disordine disinvolto e affascinante, appena appena tollerabile, a cui sono abituato a Sterzing.
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Le bottiglie di plastica sono italiane, le lattine di birra e Red Bull sono sudtirolesi?
Tornato a Sterzing, la differenza mi diventa improvvisamente chiara. Gocce pesanti battezzano chi attende sotto la pensilina non del tutto impermeabile – un rinfresco gratuito che nel Tirolo del Nord tormentato dal Föhn potrebbero quasi invidiare. Lungo la strada della stazione, passando accanto al vecchio e decadente casello ferroviario – la cui esistenza manca così tanto nel Tirolo rimasto austriaco – e alle rastrelliere per le biciclette, giace la solita collezione di bottiglie, una densa natura morta della smemorataggine da piccolo centro urbano. Dalla sua composizione, che cambia di settimana in settimana, formulo un'ipotesi sull'appartenenza etnica e sociale dei responsabili: le bottiglie di plastica sono italiane, le lattine di birra e Red Bull sono sudtirolesi; i pacchetti di sigarette interetnici; interi sacchi di spazzatura provengono da proprietari di seconde case o da camperisti; i bicchieri di birra sono stati inequivocabilmente lasciati da operai, autoctoni e non. Per quanto riguarda il genere, la mia ipotesi è che i responsabili siano quasi esclusivamente maschi.
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Da cosa dipende?
Da cosa dipende? Si potrebbe ora parlare pomposamente di diverse culture amministrative in Tirolo del Nord e del Sud – dell'amore per l'ordine rigido tirolese da una parte e della disinvoltura latina dall'altra. Si potrebbe citare il sociologo Putnam, che ci parla del capitale sociale distribuito in modo ineguale e del "senso civico" storicamente insufficiente in Italia, o scomodare la "teoria delle finestre rotte", secondo cui una finestra rotta è quasi un invito a romperne altre. La scienza politica mormorerebbe qualcosa su "deficit di implementazione dovuti a competenze frammentate tra Comuni, RFI e Provincia" o su "carenze organizzative e qualitative dei servizi pubblici", ma lasciamo perdere. Tanto non interessa a nessuno. D'altronde, la nostra Autonomia non conosce deficit del genere. Da noi la politica, specialmente quella ambientale e della sostenibilità, è tutta d'un pezzo: partecipata, trasparente, efficiente, orientata ai risultati, verificabile. Nel piccolo come nel grande.
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Forse, però, è tutto molto più semplice.
Forse è una questione di stile di vita. I nostri ex (?) fratelli e sorelle del Tirolo del Nord organizzano, pianificano, ottimizzano. Perfezionano lo spazio pubblico fino a farlo sembrare uscito da un catalogo turistico. E questo, sebbene non abbiano un'IDM così facoltosa – o se ce l'hanno, ci spendono meno. Noi in Sudtirolo, invece, viviamo e curiamo. Lasciamo che le cose facciano il loro corso, diamo una possibilità al caso e osserviamo cosa succede. Il risultato non è sempre bello, ma è autentico. È vero. E in fondo, la responsabilità è sempre di qualcun altro.
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A volte, durante il mio giro settimanale di raccolta volontaria in questo piccolo e sgradevole campo di osservazione, che trovo però analiticamente così illuminante, la mia attività di raccolta rifiuti — che cerco di trasformare in informazioni sulle motivazioni di chi li abbandona — mi sembra quasi meditativa. So che, qualunque cosa accada, la prossima bottiglia di plastica (italiana?) e la prossima lattina di birra (sudtirolese?) arriveranno di sicuro. E non riesco a togliermi dalla testa un tormentone: perché situazioni del genere non capitano a Schwaz?
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In tutta onesta: Schwaz recupera.
Forse la stazione di Sterzing, questa penisola urbana così periferica sul suolo del Comune di Wiesen-Pfitsch, in fondo non è nemmeno trascurata. Forse è solo uno specchio onesto di noi stessi: un po' abbandonata, il tetto che perde un gradito pretesto per scambiare due parole sulle difficoltà della vita da pendolare, ma fondamentalmente piena di vita. E in tutta onestà: Anche Schwaz ha bisogno di più arte di vivere all'italiana. È un buon segno che il Café Zentral del posto si chiami da alcuni mesi "Bar Centrale" e sia gestito da una famiglia del sud Italia, la quale, per inciso, capisce e parla egregiamente l'idioma della media Valle dell'Inn. (Mei, per chi non lo conoscesse: è molto più morbido dell'idioma/socioletto di Innsbruck, che in Sudtirolo viene comunemente proiettato su tutto il Tirolo del Nord.)
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E così, forse, riesce il salto sul grande palcoscenico politico.
E così, forse, riesce il salto sul grande palcoscenico politico. Sarebbe veramente un male per il Sudtirolo poter essere responsabile direttamente di tutto ciò che accade nella propria terra? Poter "curare" e "perfezionare" una combinazione propria di senso civico tirolese, anche rigido, e gusto di vita italiano, scegliendo il meglio di due mondi per costruirne uno comune insieme? Tutto questo, ovviamente, senza il quotidiano inchino o la coabitazione con le varie tipologie di post- e semifascisti: fratelli, sovranisti e leghisti.
https://www.noiland.org/de/
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