Automation, open source e comunità
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Alla 25ª edizione di SFSCON l’automation ha incontrato l’open source: tra workshop pratici, casi d’uso industriali e applicazioni in ambito green-tech, Gruppo FOS ha portato sul palco progetti che combinano visione, ricerca e prototipazione rapida.
Insieme a Giovanni Giannotta, Site Manager dell’area di Bolzano di Gruppo FOS, parliamo del perché ha senso investire nella community, di come si costruiscono soluzioni scalabili a partire da strumenti aperti e di che cosa significa fare innovazione “senza lock-in”.
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Perché per Gruppo FOS è importante partecipare a SFSCON e, più in generale, sostenere l’ecosistema open source?
Giovanni Giannotta: Partecipiamo a SFSCON da anni: direi in modo continuativo dal 2016. Nel tempo siamo passati dai primi contributi come speaker a un coinvolgimento più strutturato anche come supporter, perché crediamo nel valore della community e nel ruolo che questo appuntamento ha in Italia. Nel nostro Paese non esistono molte manifestazioni dedicate in modo così chiaro a free software e open hardware; SFSCON, a Bolzano, riesce a far dialogare realtà italiane e internazionali che portano culture diverse ma un filo conduttore comune: l’apertura. Per noi è soprattutto un luogo in cui agganciare ricerca e sviluppo, condividendo pratiche che poi riportiamo nei progetti.
Quali contributi avete portato quest’anno sul fronte automation?
Siamo arrivati con tre/quattro linee di lavoro che andavano dall’agritech all’ecologia applicata, usando ovunque lo stesso impianto metodologico: strumenti open, prototipazione rapida e scalabilità. Un esempio concreto è il progetto Track4BIO, pensato per il monitoraggio degli ecosistemi forestali e della biodiversità: sviluppiamo device per l’osservazione non invasiva di alcune specie di insetti, con un sistema che rileva, conta e restituisce indicatori sullo stato dell’habitat. Lo abbiamo presentato insieme all’azienda Terra Systems, cooperazione nata nell’ambito di un progetto dello Spoke 8 “Biodiversity Open Innovation and developement of KETs” del NBFC (“National Biodiversity Future Center”). È un caso interessante perché combina open hardware per i prototipi dei sensori e AI open source per l’analisi e l’elaborazione dei dati.
Quali tecnologie usate per la computer vision?Per il riconoscimento lavoriamo con YOLO (in particolare YOLOv5), nato e cresciuto nella comunità open source. Addestriamo i modelli sul nostro dominio d’uso per migliorare detection e classificazione. Lato prototipazione usiamo stack e tool di open hardware per iterare velocemente su forma, consumi e robustezza in campo. Questo è un buon esempio di come l’apertura (intesa come Open Source) acceleri il ciclo: possiamo ispezionare, adattare e rilasciare miglioramenti senza dipendere da un fornitore.
Perché l’open source, in pratica, vi avvantaggia rispetto a soluzioni closed?
Lo sviluppo aperto dà controllo e ispezionabilità: si vede il codice, si capisce da dove arrivano i risultati, si può intervenire. Si evita il vendor lock-in e il rischio di ritrovarsi bloccati se un’azienda cambia strategia o dismette un prodotto. Sul piano della sicurezza, la possibilità di audit indipendenti riduce la probabilità di “sorprese” nel software. Dal punto di vista economico, non è solo una questione di licenze: il vantaggio è nella flessibilità nel lungo periodo, nella riusabilità dei moduli e nella possibilità di contribuire a ciò che si usa, indirizzando l’evoluzione della tecnologia.
Che legame c’è tra open source e sostenibilità per un’azienda come la vostra?
Lavoriamo con obiettivi ESG e l’open source è un abilitatore naturale: comunità ampie e cooperazione tra gruppi e aziende rendono più facile ottimizzare processi e ridurre impatti ambientali e sociali. Nel progetto sulla biodiversità, ad esempio, l’adozione di modelli aperti e di hardware frugale aiuta a contenere costi e consumi, e allo stesso tempo rende replicabile la soluzione in altri contesti.
“Automation” per voi significa anche droni, XR e training industriale. Come si tiene insieme tutto?
L’automation è un cappello che riunisce tasselli diversi: drone e dirigibili per il monitoraggio, sciami di droni per scenari complessi, e poi realtà aumentata/virtuale/mista per la formazione in sicurezza, la manutenzione e il supporto in cantiere. In fabbrica costruiamo ambienti simulati che, “indossati” con gli occhiali XR, permettono agli operatori di provare procedure e automatizzare movimenti che devono diventare immediati per evitare incidenti. La scalabilità è la chiave: imparare un tool o un modello in un dominio - dall’agricoltura all’assemblaggio - significa poterlo trasferire in altri con tempi molto più rapidi.
Questione pratica: l’open conviene anche in termini di costi?
Le licenze risparmiate aiutano, ma il punto non è solo quello. Il costo totale di proprietà migliora quando puoi riusare, adattare e non dipendere da roadmap esterne. E soprattutto quando puoi auditare ciò che usi: la storia del software è piena di casi in cui, aprendo il codice, sono emersi problemi importanti. L’open ti mette nelle condizioni di verificare, contribuire e, se serve, cambiare strada senza rifare tutto da zero.
CollaborazioniSFSCON è stata resa possibile grazie al contributo dei supporter: Gruppo FOS, Telmekom, Vates, Alpitronic, LDV20, Made in Cima, Pandigital, Zirkonzahn, 1006.org, Catch Solve, Christian Gapp, deda.next, Peer, RMBtec, SiMedia, Südtirol Business School, Suggesto.
E dei partner: EDIH NOI, FediForum, FSFE (Free Software Foundation Europe), FUSS, Linux Magazine, Loacker, LUG BZ, Maker Space, MCI (Management Center Innsbruck), MiniNOI, Open Source JobHub, OW2, Rassegna Business, RIOS, Speck&Tech, Sticker Mule, unibz, WUD. L’evento è stato cofinanziato dall'UE nell’ambito del progetto FESR 1048 IMPACT.
Tutte le informazioni e il video-recap dell'evento sono disponibili sul sito ufficiale sfscon.it.
io ne capisco assai poco,…
io ne capisco assai poco, peccato e stranamente sospetto però che l'amministrazione pubblica, almeno per quanto io ne sappia rimanga incollata alle licenze Microsoft & Co.