Politik | Memorie

“La dinamite è dinamite!”

Nella seconda parte della galleria virtuale “I Presidenti e noi” ecco il racconto di quando Oscar Luigi Scalfaro fece arrabbiare la SVP. E non solo lei.

Ho già avuto modo di notare, nel primo articolo di questa serie, come i vertici tra capi di Stato e di governo e gli incontri a livello ministeriale tra Austria e Italia siano divenuti quasi una routine che non fa quasi più notizia e che non pone il problema alcuno a livello diplomatico. Ben diversa era la situazione esattamente ventidue anni or sono. Alla fine del mese di gennaio del 1993 il presidente della Repubblica italiana Oscar Luigi Scalfaro si recò a Vienna per una visita di Stato di diversi giorni da lungo tempo programmata e per lunghi anni rinviata. I rapporti tra i due paesi confinanti erano buoni ormai da decenni, ma per una completa normalizzazione e per evitare spiacevoli contrasti, si era voluto attendere sino alla definitiva conclusione dell'iter di attuazione del "pacchetto" altoatesino. La vertenza diplomatica si era chiusa, con la consegna al segretario generale dell'Onu della famosa quietanza liberatoria, nel giugno del 1992 e da quel momento erano partiti i preparativi per la visita del Presidente italiano nella capitale austriaca.

Un avvenimento carico di rilievo, come si capirà, anche per il mondo dell'informazione altoatesino che aveva inviato una pattuglia di giornalisti, tra i quali anche chi scrive queste note, a seguire da vicino lo storico viaggio, in vista del quale, tra l'altro, i vertici della Suedtiroler Volkspartei avevano come d'abitudine fornito al governo di Vienna una lista di richieste da sottoporre all'illustre ospite, tra le quali spiccava ovviamente la domanda di grazia presidenziale per qualche decina di sudtirolesi riparati all'estero per sfuggire alle condanne durante gli anni di piombo del terrorismo altoatesino.

Oscar Luigi Scalfaro arrivò in una Vienna avvolta in un gelido mantello invernale accompagnato fra l'altro dal ministro degli esteri Emilio Colombo. Passata agli archivi con reciproca soddisfazione alla vicenda altoatesina, i due paesi avevano ancora molti temi in comune su cui discutere e preoccuparsi. A pochi chilometri da Vienna i confini segnavano l'inizio di un mondo in tumultuoso cambiamento, quello dei paesi di una Europa dell'est impegnati nella difficoltosa uscita dai regimi comunisti, e di un altro, quello della ex Jugoslavia che si avvitava progressivamente in un conflitto sempre più sanguinoso e devastante. Per due Stati, come Austria e Italia, che su queste realtà si affacciavano, c'era materia per discutere, per preoccuparsi più che abbondantemente, per cercare soluzioni e forme di intervento.

La missione viennese del presidente Scalfaro iniziava sotto questi auspici, ma sarebbe ben difficile, sfogliando le cronache di quei giorni sulla stampa italiana, trovare più che qualche accenno alle tematiche internazionali che essa proponeva all'attenzione dell'opinione pubblica. Vidi allora avviare quel meccanismo, perfettamente funzionante ancor oggi, in base al quale le visite all'estero del capo dello Stato  (ma il discorso vale anche per i presidenti del consiglio) servono unicamente ad arricchire di una voce il dibattito politico interno. Si tratta di un aspetto non secondario di quella gravissima forma di provincialismo che affligge da tempo immemorabile il giornalismo italiano e per la quale qualunque frammento di notizia che riguardi l'eterno spesso inconcludente dibattito politico romano finisce per avere un peso preponderante nella confezione di notiziari scritti, parlati o per immagini, rispetto a qualunque tema di pur rilevante importanza internazionale. Basta confrontare, anche in questi giorni, le prime pagine o i sommari dei giornali e dei telegiornali italiani con quelli di altri paesi europei per rendersi conto delle differenze abissali nella valutazione delle notizie e nel peso attribuito alla cronaca politica interna e a quella internazionale.

Ricordo che, in occasione della visita viennese di Scalfaro, a far le spese di questa forma nefasta di distorsione professionale fu un validissimo collega della televisione che, con grande abilità professionale e preparazione, aveva confezionato un servizio dedicato proprio ai temi di politica europea e in particolare alla situazione nei Balcani che i colloqui di Vienna stavano affrontando. Fu costretto, dopo una ramanzina furibonda del suo caporedattore, a rimontare il pezzo per la seconda edizione e inserendo il chiacchiericcio sulle questioni politiche italiane che gli altri inviati, una pattuglia ben coesa dei cosiddetti "quirinalisti", avevano deciso concordemente di utilizzare per quella giornata.

C'era probabilmente un'intesa in questo senso anche in vista della conferenza stampa congiunta tra Scalfaro e il collega austriaco Thomas Klestil che avrebbe in sostanza concluso la parte più politica della visita, ma rompere le uova nel paniere dei giornalisti "embedded" e a sollevare una piccola bufera polemica furono proprio gli inviati da Bolzano. A fornire lo spunto, ma il tema sarebbe probabilmente saltato fuori lo stesso, le parole pronunciate il giorno precedente da Scalfaro, durante il brindisi ufficiale, nel corso del ricevimento svoltosi alla Hofburg. Il Presidente italiano aveva lasciato intendere come ben poche probabilità ci fossero di una concessione della grazia o dell'indulto agli ex dinamitardi sudtirolesi.

Alla domanda del sottoscritto di voler precisare la sua posizione, Scalfaro non si sottrasse, affermando, senza mezzi termini, che non era pensabile un provvedimento di clemenza per chi non aveva scontato nemmeno un giorno di galera, quando un simile gesto veniva negato a terroristi italiani che ormai scontavano la loro pena da molti e molti anni. Il parallelo tra gli "aktivisten" e i brigatisti rossi provocò subito la polemica reazione di qualche collega, ma il presidente taglio corto affermando seccamente, com'era del resto nel suo carattere, che "la dinamite è dinamite".

A questo punto la polemica era decollata e sarebbe proseguita anche nei giorni successivi, con puntualizzazioni da parte del mondo politico altoatesino e degli esponenti austriaci. Sta di fatto che la vicenda finì per occupare, una volta tanto senza i consueti richiami al dibattito politico romano, le pagine dei giornali e i sommari dei giornali radio e Tg. Conclusasi la visita ufficiale, con il commosso omaggio del presidente italiano al campo di concentramento di Mauthausen e al  grande cimitero che poco lontano raccoglie le salme di moltissimi soldati italiani morti in prigionia durante e dopo la prima guerra mondiale, anche la questione delle famigerate "liste nere" e dalla grazia ai terroristi passò per qualche tempo nel dimenticatoio. Risollevata periodicamente dalla Suedtiroler Volkspartei ad ogni appuntamento con i presidenti della Repubblica italiana è andata progressivamente risolvendosi, grazie ad alcuni limitati provvedimenti di clemenza e al trascorrere del tempo che riduce progressivamente il numero di coloro che potrebbero di quella clemenza beneficiare.

Bild
Profil für Benutzer Alfonse Zanardi
Alfonse Zanardi Di., 20.01.2015 - 20:53

Mi piace questa serie, aspetto già la storia su Pertini, che da piccolo una volta ho intravisto passeggiare sull'Alpe di Siusi.

Di., 20.01.2015 - 20:53 Permalink
Bild
Profil für Benutzer Mensch Ärgerdichnicht
Mensch Ärgerdi… Mi., 21.01.2015 - 13:53

Non si tratta di una "gravissima forma di provincialismo che affligge da tempo immemorabile il giornalismo italiano", ma semplicemente der servilismo made in RAI (dopo anche di Mediaset, ma chi si meraviglia?) di cui è sempre stata aflitto il giornalismo televisivo italiano e in buona parte anche quello cartaceo.

Mi., 21.01.2015 - 13:53 Permalink