Una “Convenzione sull’autonomia” poco autonoma

Questo organo consultivo dovrà consultare il Consiglio provinciale sulla riforma dello Statuto con più partecipazione diretta della società civile. L’intento di fondo risponde alle esigenze attuali della nostra provincia: più autonomia con più democrazia, cioè l’ampliamento dell’autogoverno territoriale aprendo anche nuovi spazi democratici per i cittadini. L’approccio scelto dai partiti di governo, invece, è limitativo e problematico. Spiego brevemente il perché.
È fortemente limitata la portata politica di questo organo, che entro un anno dall’insediamento dovrà fornire delle proposte di adattamento dello Statuto del 1972. Proposte che dovranno passare un triplice filtro prima di arrivare nelle aule del parlamento: il Consiglio provinciale, quello regionale, le Commissioni parlamentari. Non si può nutrire grandi speranze che il Parlamento onori un approccio più partecipativo alla riforma dello Statuto, non solo perché c’è il controvento centralista, ma anche perché le procedure analoghe nel Friuli Venezia Giulia (2004) e nella Valle d’Aosta (2006-07) sono finite con un nulla di fatto. In Italia le Regioni speciali non hanno autonomia statutaria, in Sudtirolo né il Consiglio né i cittadini hanno un diritto autonomo di proporre emendamenti allo Statuto. La vera partita di riforma dell’autonomia si gioca su altri tavoli: c’`e una nuova commissione regionale di esperti che si occuperà di competenze e istituzioni, ci sono i parlamentari e infine c’è il tavolo diretto fra governatori provinciali e governo. Tutto questo sminuisce il ruolo di una “Convenzione”, che nel quadro costituzionale italiano non è prevista e ha un peso così marginale da non meritare l’etichetta “convenzione”.
L’approccio seguito dalla SVP e PD è limitato anche sotto il profilo della partecipazione. Il termine “convenzione” suggerisce un organo rappresentativo del pluralismo politico, delle istituzioni più significative, dell’associazionismo diffuso. Non dico che un’assemblea per la riforma dell’autonomia andrebbe eletta direttamente dai cittadini, approccio invocato con referendum vittorioso dalla popolazione sarda per darsi un nuovo statuto, poi bloccato dai partiti al governo. Ma con buoni motivi i cittadini potrebbero chiedere uno spazio politico di primo piano. La proposta di legge PD-SVP però prevede che su 32 membri della futura Convenzione solo 8 saranno delegati da un Forum dei cittadini, peraltro con un metodo non meglio definito. 12 membri saranno scelti dal Consiglio provinciale ai quali si aggiungono 5 esperti pure nominati dal Consiglio. Perché tanta preselezione se il documento finale della Commissione non sarà altro che un elenco non vincolante di suggerimenti? Perché si crea un’assemblea per “un’ampia partecipazione della società civile” (art.1 proposta di Legge SVP-PD), che per tre quarti è composta da persone nominate dalla maggioranza del Consiglio provinciale? Ne deriva un carattere di quest’organo fortemente controllato dalla maggioranza del consiglio, e questo rischia di escludere buona parte del mondo politico sudtirolese e di non guadagnare nulla in termini di legittimità politica per una proposta di riforma di autonomia appoggiata da ampie fasce di cittadini.
Coinvolgere più cittadini nello sviluppo dell’autonomia, creare più dialogo fra i gruppi linguistici, semplicemente informare più cittadini sul potenziale di un’autonomia rafforzata, sono tutti ottimi motivi per lanciare questa sperimentazione partecipativa, dopo decenni di gestione troppo elitaria dello sviluppo dell’autonomia. Dubito che la proposta di legge di Steger e Bizzo sia coerente con un’effettiva apertura, piuttosto sembra che, come nel caso della legge sulla democrazia diretta a livello provinciale, anche in questo riguardo si parte con il freno a mano tirato.
Thomas Benedikter
La pubblicazione della coop. POLITiS del titolo “Con più democrazia verso più autonomia” (edizioni POLITiS, Bolzano 2014) può essere ordinata presso [email protected] (10 Euro spese postali incluse)
Gespräch über das Schweizer
Gespräch über das Schweizer Modell
http://www.brennerbasisdemokratie.eu/?p=23323
Warum ist es notwendig, dass
Warum ist es notwendig, dass jetzt auch Thomas Benedikter in italienischer Sprache schreibt? Ich habe den Eindruck, dass zunehmend das Prinzip der passiven Zweisprachigkeit nicht mehr gilt, d. h. jede/r schreibt in seiner/ihrer Muttersprache. Ich habe eine mindestens 35 jährige Erfahrung (Gewerkschaften, Neu Linke, usw.) dass man den Italienern entgegen kommen muss, weil sie den Beitrag sonst nicht lesen bzw. verstehen. Also jetzt ist salto.bz auch schon so weit! Wofür waren die Jahrzehnte langen Sprachprojekte und Bemühungen zur Förderung der Deutsch-Kenntnisse bei der Italienischen Bevölkerung?
Antwort auf Warum ist es notwendig, dass von Sepp.Bacher
Sepp, ich verstehe Deinen
Sepp, ich verstehe Deinen Punkt. Es ist auch viel energieraubender, einen anspruchsvollen Artikel in der Zweitsprache zu lesen, von den sprachlichen Spitzen, die man da sicher manchmal vermisst, ganz zu schweigen. Aber: Die Wahl der Sprache soll doch keinen prinzipiellen Regeln unterliegen, sondern dem Author vollen kreativen Gestaltungsraum geben. Insbesondere finde ich es wichtig, sich zu vergegenwärtigen, dass das muttersprachliche Prinzip uns territorial eingrenzt, salto aber mittlerweile über die Provinzgrenzen hinaus wahrgenommen wird.
Credo anch'io che questa
Credo anch'io che questa convenzione lasci poco spazio ai convenuti. Il sistema di scelta dei delegati è macchinoso incriccato tra sessi e lingue e età e mestieri e tirarne fuori 8 su un centinaio di candidati (candidati da chi?) Gli altri se li scelgono loro; 24. Non ci credo neanche un po', tutto sto can can per dare a esperti giuristi e politici navigati peraltro lontanissimi da qui qualche buon consiglio, qualche intelligente dritta sul nostro prossimo statuto di autonomia. Però vedo un aspetto positivo e interessante in questa convenzione. Con questa sono già due i tentativi della politica locale di coinvolgere in qualche modo i cittadini, la mia fiducia è scarsa ma i tentativi ci sono. Mi piace pensare che a forza di chiedere più democrazia, più democrazia diretta, dopo 20 anni un po' di ghiaccio si sia rotto. Se è così lo vedremo presto, nel giro di un anno potremo tirare le somme e verificare la qualità e la sincerità di questi tentativi. Se è così ce ne saranno degli altri sempre più coinvolgenti, sempre più sinceri. Poi fra 700 anni saremo svizzeri.
Bei einem interethnischen
Bei einem interethnischen Medienprojekt (siehe Link) am Ende der 1970-iger Jahre, der Südtiroler Volkszeitung habe ich auch aktiv mitgearbeitet. Sie wurde vom links-alternativen Südtiroler Kulturzentrum herausgeben. Sie hatte zwar ein interethnisches Prinzip, die vorherrschende Sprache – wie schon der deutsche Name verrät – war aber deutsch. Erst als dann Alexander Langer nach Bozen kam und die Neue Linke gründete, wurde aus der Volkszeitung das konsequent zweisprachige Projekt Tandem (mit deutschem und italienischen Untertitel). Es war dann aber kein Projekt mehr von einer bunten Gruppe freiwilliger Mitarbeiter, sondern mehr oder weniger das Parteiorgan der Neuen Linken und wurde auch von Langer und seinen Leuten gestalten. Folglich war es auch das Wahlkampfinstrument, mit dem auch die italienische Bevölkerung angesprochen werden sollte. Wie ich schon oben geschrieben habe, wurde die Kommunikationssprache innerhalb der Neuen Linken im engeren Sinne und anderer interethnischer Organisationen immer mehr das Italienische, obwohl das Prinzip der passiven Zweisprachigkeit galt. Die Realität war aber, wenn ich z. B. bei der Gewerkschaftsversammlung (Vereinigte Konföderierte des Öffentlichen Dienstes) das Prinzip anwandte und Standartdeutsch sprach, dann glaubte die Italienische Mehrheit, sie habe jetzt Pause und begann zu tuscheln. Dabei hatten die meisten eine höhere Schulbildung oder eine Laurea und die entsprechende Zweisprachigkeit. Also alle Voraussetzungen, um meinen Ausführungen folgen zu können. Aber das ist eben mühsam. Die Mehrleistung in der zweiten Sprache mitzuhören und zu verstehen wird von uns deutschen Kollegen als selbstverständlich erachtet. Selbst möchte man die Mehrleistung aber nicht erbringen. Die meisten meiner deutschen Kollegen – die das Italienisch besser beherrschen, als ich - haben die Konsequenz daraus gezogen und Italienisch gesprochen. Und so wurden die Italiener nie gefordert, wie z. B. wir Deutsche, die wir häufig vom bäuerlichen ländlichen Raum kommen. Deshalb gibt es immer noch keine befriedigende Zweisprachigkeit, mit Ausnahme derer, die aus zwei- oder mehrsprachigen Familien stammen oder in einem zweisprachigen Umfeld aufgewachsen sind. Meine Meinung ist: Man muss auch gefordert werden, um die zweite Sprache in Wort und Schrift zu lernen.
www.salto.bz/de/article/21032013/kleine-geschichte-der-mehrsprachigen-m…
Bei einem interethnischen
Bei einem interethnischen Medienprojekt (siehe Link) am Ende der 1970-iger Jahre, der Südtiroler Volkszeitung habe ich auch aktiv mitgearbeitet. Sie wurde vom links-alternativen Südtiroler Kulturzentrum herausgeben. Sie hatte zwar ein interethnisches Prinzip, die vorherrschende Sprache – wie schon der deutsche Name verrät – war aber deutsch. Erst als dann Alexander Langer nach Bozen kam und die Neue Linke gründete, wurde aus der Volkszeitung das konsequent zweisprachige Projekt Tandem (mit deutschem und italienischen Untertitel). Es war dann aber kein Projekt mehr von einer bunten Gruppe freiwilliger Mitarbeiter, sondern mehr oder weniger das Parteiorgan der Neuen Linken und wurde auch von Langer und seinen Leuten gestalten. Folglich war es auch das Wahlkampfinstrument, mit dem auch die italienische Bevölkerung angesprochen werden sollte. Wie ich schon oben geschrieben habe, wurde die Kommunikationssprache innerhalb der Neuen Linken im engeren Sinne und anderer interethnischer Organisationen immer mehr das Italienische, obwohl das Prinzip der passiven Zweisprachigkeit galt. Die Realität war aber, wenn ich z. B. bei der Gewerkschaftsversammlung (Vereinigte Konföderierte des Öffentlichen Dienstes) das Prinzip anwandte und Standartdeutsch sprach, dann glaubte die Italienische Mehrheit, sie habe jetzt Pause und begann zu tuscheln. Dabei hatten die meisten eine höhere Schulbildung oder eine Laurea und die entsprechende Zweisprachigkeit. Also alle Voraussetzungen, um meinen Ausführungen folgen zu können. Aber das ist eben mühsam. Die Mehrleistung in der zweiten Sprache mitzuhören und zu verstehen wird von uns deutschen Kollegen als selbstverständlich erachtet. Selbst möchte man die Mehrleistung aber nicht erbringen. Die meisten meiner deutschen Kollegen – die das Italienisch besser beherrschen, als ich - haben die Konsequenz daraus gezogen und Italienisch gesprochen. Und so wurden die Italiener nie gefordert, wie z. B. wir Deutsche, die wir häufig vom bäuerlichen ländlichen Raum kommen. Deshalb gibt es immer noch keine befriedigende Zweisprachigkeit, mit Ausnahme derer, die aus zwei- oder mehrsprachigen Familien stammen oder in einem zweisprachigen Umfeld aufgewachsen sind. Meine Meinung ist: Man muss auch gefordert werden, um die zweite Sprache in Wort und Schrift zu lernen.
www.salto.bz/de/article/21032013/kleine-geschichte-der-mehrsprachigen-m…
"Dubito che la proposta di
"Dubito che la proposta di legge di Steger e Bizzo sia coerente con un’effettiva apertura, piuttosto sembra che, come nel caso della legge sulla democrazia diretta a livello provinciale, anche in questo riguardo si parte con il freno a mano tirato."
Se così fosse, il compito per chi ha a cuore lo sviluppo della democrazia nella nostra terra non potrebbe essere altro che toglierlo, il freno a mano, partecipando, invece di rassegnarsi.