Politik | Il commento

Che domenica bestiale!

Qualche piccola riflessione sui ballottaggi e l'andamento del voto a Bolzano, Merano e Laives.

Una premessa d'obbligo: anche all'indomani dell'esito, per certi versi clamoroso, dei ballottaggi continuano a valere, sia a Bolzano ma anche a Merano e a Laives, le considerazioni espresse in un intervento all'indomani del primo turno, sulle grandi difficoltà che attendono i tre sindaci appena eletti nel formare una maggioranza di governo. E' tutt'altro che svanita l'ipotesi che, in uno o più dei comuni interessati si debba tornare quanto prima al voto. Restano tutte le perplessità su una legge elettorale che chiede ai cittadini di nominare direttamente il sindaco ma poi non gli garantisce una maggioranza sicura per espletare il suo mandato.
Detto questo, all'indomani del voto di ballottaggio, è lecito tentare qualche valutazione sull'andamento del voto e sul suo significato politico. Iniziamo, doverosamente, dal comune capoluogo.

 

LA BOLZANO DI GIGI

A Bolzano il sindaco uscente non è riuscito, al ballottaggio, ad ampliare di un millimetro il perimetro del suo consenso rispetto al primo turno ed anzi ha lasciato nelle urne qualche centinaio di voti rispetto a quelli ottenuti due settimane fa. Colpa, si dirà, dell'astensionismo, ma sarebbe pericolosissimo pensare che chi non è andato alle urne lo abbia fatto solo per godersi un fine settimana di vacanza. Le cifre poi si fanno ancor più pesanti se si torna indietro nel tempo. Alla sua prima comparsa sulla scena politica bolzanina, nell'autunno del 2005, Spagnolli raccolse quasi 29 mila preferenze personali, scendendo a 25 mila nella consultazione di cinque anni fa. In pratica il sindaco ha perso un elettore su tre nel giro di dieci anni e sono numeri che dovrebbero far riflettere. Questa volta ha pesato indubbiamente la chiusura nei confronti dei partiti di sinistra, i cui consensi, però, nemmeno se sommati a quelli dei 5 Stelle, giungono a coprire un disavanzo così netto.

Sul fronte opposto Alessandro Urzì riesce a capitalizzare al ballottaggio tutti i consensi andati al primo turno agli altri candidati del centro-destra, ma resta ben lontano, anche così, dalla mole di voti ottenuta nel 2010 dal candidato unico dello schieramento Giovanni Benussi ed anche, sia pur con minor distacco, dal risultato raggiunto cinque anni fa da Robert Oberrauch.

In conclusione si può ipotizzare che esista a Bolzano una vasta area del centro moderato che in queste elezioni non si è riconosciuta né nell'apertura lanciata da Spagnolli con la sua lista civica, né nel richiamo all'unità della destra di Urzì. È probabile che colui che riuscirà a convincere questa armata di delusi a tornare alle urne avrà le chiavi, in futuro, per governare la città.

 

LAIVES: IL MISTERO SVP

Prima o poi sapremo quali sono i veri motivi per i quali a Laives la Suedtiroler Volkspartei ha deciso, a pochi giorni dal ballottaggio, di scaricare in modo abbastanza brutale la sindaca uscente, nonché segretario provinciale del PD, Liliana di Fede. La storiellina messa in giro secondo la quale si tratterebbe di una vendetta per l'appoggio dato dalla Di fede al referendum sui pesticidi di Malles, offende sia l'intelligenza di chi la racconta che di coloro ai quali viene propinata. La verità resta per ora sepolta nei complessi rapporti interni di una SVP, quella laivesotta, da sempre divisa tra interessi e correnti diverse. A differenza del suo collega bolzanino Liliana di Fede recupera qualche consenso in più rispetto al primo turno, ma sono voti che non bastano a compensare la notevole crescita del suo avversario, Christian Bianchi, che, approfittando del marasma che affligge i  partiti di centro-destra tradizionali ha buon gioco nel presentarsi con i simboli rassicuranti, in specie per l'elettorato tedesco, di una lista civica e della Lega Nord.

 

MERANO: LO SCIVOLONE SVP

Questa tornata elettorale ci ricorda innanzitutto che le primarie, da sole, non bastano a selezionare il miglior candidato sindaco possibile. Il sogno, poi, sarebbe quello di essere una mosca per poter volare nella sala dove tra qualche giorno si riuniranno i maggiorenti meranesi della stella alpina e sentire come chiederanno conto all'Obmann Zeller della strategia che ha portato il loro candidato Gerhard Gruber a doversi inchinare davanti all'outsider della vigilia Paul Roesch.

A Merano non vale neppure la giustificazione dell'astensionismo per il candidato sconfitto. Cinque anni fa, quando andarono al ballottaggio Guenther Januth per la SVP e Christine Kury per i Verdi l'affluenza alle urne fu più o meno la stessa. Attenzione anche a non dare per scontato che il voto italiano, in piena libertà dalle indicazioni dei partiti, si sia concentrato solo sullo sfidante ecologista. Tra i pochi seggi nei quali Gruber è riuscito a prevalere ci sono quelli, italianissimi, di Sinigo mentre la vera Waterloo del candidato SVP si è materializzata nei seggi "tedeschi" di Maia Alta.
La realtà è che a Merano ha pagato la scelta dei Verdi di rinunciare questa volta a mettere in prima fila personaggi troppo ideologicamente esposti e di puntare invece su una figura nuova, convincente, ma anche rassicurante come l'ex direttore del Touriseum.

Italiani che votano i candidati tedeschi, a Merano come a Salorno. Tedeschi che votano i candidati italiani a Dobbiaco come a Laives. Dopo settant'anni di glaciazione politica il permafrost elettorale altoatesino comincia lentamente a sciogliersi. Potrebbero verificarsi cambiamenti oggi come oggi imprevedibili.

 

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Mirko Campo Di., 26.05.2015 - 10:18

La situazione di Laives vista dal territorio è sicuramente più complessa. La scelta non ancora del tutto chiarita (e forse mai lo sarà) della Svp locale, è solo il penultimo atto di un processo che parte da lontano e che riguarda sicuramente gli ultimi cinque anni, ma non solo. L'ultimo atto, nel bene e nel male, lo hanno fatto i cittadini con il loro voto.

Di., 26.05.2015 - 10:18 Permalink