Politik | Memoria

Caduti tirolesi: 60 croci e tante polemiche

La posa delle croci in Trentino per ricordare i Tiroler Standschützen ed una memoria della Prima guerra mondiale che si scopre divisa.

Una soluzione per commemorare degnamente i caduti e non prestare adito a strumentalizzazioni. A Caldonazzo sabato 8 agosto si sono radunate alcune compagnie Schützen dell'Alto Adige assieme alla locale SK Pergine Caldonazzo ed hanno posto la croce di ricordo sul muro della cappella del cimitero. In un luogo visibile, frequentato e anche storicamente importante: si trova infatti lungo la Kaiserjägerweg, la via che portava al fronte sull'altopiano di Folgaria-Lavarone-Luserna e inoltre ha sullo sfondo le vette sulle quali i Tiroler Standschützen combatterono durante il primo conflitto mondiale. 

Altrove in Trentino non è stato così, tanto che ad esempio a Cima Gavardina all'interno del territorio comunale di Fiavè, ci sono già stati i primi atti di vandalismo sulle croci.

Cercando un'estrema sintesi ciò che è accaduto in Trentino negli ultimi due decenni si può riassumere così. La storia, al solito, viene scritta dai vincitori, in questo caso gli italiani. La propaganda fascista, anche in Trentino così come è palese in Alto Adige, ha fatto celebrare l'eroismo italiano nei monumenti e nella toponomastica.

Recentemente appunto c'è stato un giusto movimento che ha portato ad una visione più equilibrata: dalla targa in via Belenzani a Trento per ricordare i caduti trentini nell'esercito austroungarico a maggiori spiegazioni sui monumenti funebri.

Il problema è che qualcuno “si è fatto prendere la mano”, o per meglio dire ha fatto un uso strumentale della storia a fini politici. Imitando quindi la retorica fascista, però dall'altra parte. Alimentando il consenso a suon di contributi e divise.

Il senatore Franco Panizza dalle colonne de L'Adige dice no ai nazionalismi, ma è un po' selber Schuld, visto il suo pregresso da assessore alla cultura della provincia di Trento. Il capogruppo Patt, lo storico Lorenzo Baratter, dice che non c'è contrapposizione. Ma proprio nel suo partito c'è chi si gongola nel Gott, Heimat, Vaterland. Tanto che c'è una trasversale alleanza fra destre, perché anche Marika Poletti di Fratelli d'Italia, Dio-patria-famiglia, non vuole la polemica e dice che è corretto onorare i propri morti. E anche la Lega Nord di Bolzano dà un messaggio simile.

Filippo Degasperi, consigliere regionale M5S, è stato tenente alpino e per passione ha seguito storie di chi ha combattuto nella prima guerra mondiale convintamente per portare Trento all'Italia. Degasperi ha sottolineato come si continui «a marcare il territorio a colpi di croci e salme issate a stendardo che prosegue imperterrito mentre chi governa la Provincia di Trento volge benevolmente lo sguardo altrove». E l'ex aviatore Aldo Rossi ha interpellato con una petizione il presidente Sergio Mattarella e il ministro dell'interno Angelino Alfano sulla vicenda. Magari i siciliani Mattarella ed Alfano avranno avuto anche degli avi mandati a più di mille km da casa a combattere sulle Dolomiti.

Tirando le somme quindi si arriva al fatto (abbastanza sbalorditivo) che anche in Trentino in questa fase ci sono delle difficoltà a celebrare una “memoria condivisa” di quell'evento di cento anni fa. E si finisce a tornare su trite e ritrite tematiche nazionaliste invece che sfruttare appieno le potenzialità di una zona intera, quella dell'Euregio alpina, dove le culture italiana e tedesca convivono, si amalgamano e portano ricchezza.