La memoria contro il terrorismo
Per sua stessa natura il terrorismo è un fenomeno intrinsecamente ambivalente. Perfino la definizione è sottoposta a forti oscillazioni a seconda del punto di vista che può essere fatto valere in diversi contesti. In modo molto generale si parla comunque di terrorismo a proposito di un’attività promossa da organizzazioni clandestine che, attraverso l’uso continuato e quasi esclusivo della violenza, mirano a raggiungere scopi di tipo politico. L’adozione di un termine più neutro – come per esempio quello di “attivismo” – non riesce perciò a comprendere il riferimento all’uso della violenza (contro persone o cose), che invece resta il suo tratto caratterizzante.
In Italia, la stagione del terrorismo viene fatta risalire alla fine degli anni sessanta. È in particolare l’episodio di Piazza Fontana (12 dicembre 1969), quando una bomba collocata nella Banca Nazionale dell’Agricoltura provocò la morte di 17 persone, a segnare l’inizio dei cosiddetti “anni di piombo”, lunga e lugubre stagione lacerata da attentati provocati da contrapposte fazioni ideologiche. Non è mai stato inoltre completamente fugato il sospetto che una considerevole parte di queste violenze fosse animata persino da iniziative occulte intraprese dai servizi segreti (definiti per questo “deviati”) inclini a condizionare la vita politica del Paese nel difficile contesto di quegli anni.
A sua volta originato in un clima di fortissime tensioni sociali, qui lette però in chiave di scontro etnico o comunque di lotta contro lo Stato, oggi è anche opportuno non dimenticare il “terrorismo altoatesino” di matrice indipendentista. Dal 20 settembre 1956 (data in cui si registrò lo scoppio di una carica di dinamite a ridosso di un capannone militare nei pressi di Terlano) al 30 ottobre 1988, nel nostro territorio si sono avuti 361 attentati con dinamite, mitra e mine antiuomo. Il bilancio (fonte Wikipedia): 21 morti, tra cui 15 appartenenti alle forze dell’ordine, 2 privati cittadini e 4 terroristi deceduti durante la predisposizione delle loro azioni.
Due osservazioni all'articolo
Due osservazioni all'articolo, pubblicato in modo molto opportuno.
Ritengo che molteplici indizi (di prove storiche è difficile parlare a causa della chiusura degli archivi) facciano ritenere per certo - quindi non di sospetto si può parlare - che le vicende politiche di quegli anni, in cui frange radicali delle due estreme si sono scontrate con un forte uso della violenza, siano state pesantemente influenzate da pezzi deviati delle istituzioni dello stato. Mi sembra perciò che Di Luca sia fin troppo cauto, nel suo articolo.
Una seconda osservazione: non credo (alla luce di quanto ho letto) che il terrorismo sudtirolese possa essere ricondotto entro la stessa categoria storica, anche se ha usato forme di "espressione" simili, come le bombe. E' una vicenda specifica della questione altoatesina/sudtirolese. Anche su di essa deve essere fatto ancora piena luce.
Condivido l'oppinione del Sig
Condivido l'oppinione del Sig. Corni, che gli avvenimenti successi in Sudtirolo tra il 1956 ed il 1988 non sono riconducibili entro la stessa categoria come lo scontro tra destra e sinistra radicale e le forze dello stato che nello stesso periodo tenevano in sospeso l' Italia.
Inoltre sarei molto prudente a citare un articolo in Wikipedia.it, che come vittime non riconosce ne Luis Amplatz, con tutta probabilità assassinato dai servizi segreti, ne Franz Höfler o Anton Gostner, morti in seguito alle torture, che nello stesso articolo vengono adirittura contestate.
Chi sà se Luis Amplatz, assassinato nel sonno, era uno di quei quattro, che in questo articolo vengono definiti come „deceduti durante la predisposizione delle loro azioni“? Magari sognava la sua prossima azione nel momento nel quale fu colpito dalle pallottole letali?
Inoltre Wikipedia.it parla di "stragi" effettuate dal BAS, non distinguendo tra le operazioni dello stesso, quelle dei Puschtra Buibn o quelle di altri gruppi come Ein Tirol, che finoggi é sospettato di essere stato pilotato dai servizi segreti italiani.
In articoli di storiografia divulagtiva, come lo presenta quello in Wikipedia.it, i Puschtra Buibn vengono accusati di avere commesso diversi attentati a Mühlwald, Antholz, Gsies, Sexten,... (in tutto almeno 9 vittime) dimenticando il fatto che non sono mai stati espressivamente condannati per tutti questi delitti (per esempio: Sentenza della Corte Assise Appello Milano del 12.06.1968).
Come mai? Perché non sono mai state fornite delle prove per la loro colpa...
E se non mi sbaglio, in paesi civili un sospettato viene considerato innocente affinché la sua colpa non é stata provata.
Alla luce di questi fatti, sarei prudente a paragonare la situazione in Sudtirolo a quella in Italia durante gli anni di piombo che costavano la vita a più di 130 persone, la maggiorparte di loro civili.
Non sono sinceramente uno
Non sono sinceramente uno studioso di storia del terrorismo in Alto Adige/Sudtirolo e non so se di recente siano state realizzate ricercha approfondite. Tuttavia, ne dubito. Credo che il tema sia molto importante e debba essere oggetto di approfondita attenzione da parte della storiografia, regionale e non. E' infatti un tema di storia nazionale - sicuramente - (oltre che internazionale) perchè presenta agganci, pur nelle profonde diversità, con filoni della storia italiana del secondo dopoguerra. Fra questi filoni mi sembra che in primo piano stiano le ancora poco chiare vicende dei servizi segreti e della loro intromissione nella vicenda dei terroristi sudtirolesi.
Un argomento importante, che a mio parere dovrebbe entrare più decisamente nella riflessione storiografica e civica dei cittadini della provincia di Bolzano. La costituzione del Centro di storia regionale potrebbe forse essere un'occasione per porre al centro questo ed altri temi scottanti e ancora poco studiati della storia regionale recente! E ribadisco, che a mio parere non si tratta affatto di una questione meramente "regionale".