Gesellschaft | Il caso

Pericolosa per l’Italia, innocua per l’Austria

Allontanata dall’Alto Adige e dall’Italia per il suo desiderio di combattere con i mujaheddin si trasferisce a Bucarest e poi a Vienna dove resta libera. Ora fa ricorso.

Era stata espulsa dall’Italia con un decreto del Ministero dell’Interno lo scorso agosto “per il suo impegno nella pubblicazione online di materiale di propaganda jihadista e il suo desiderio di combattere al fianco dei mujaheddin”. Diana Ramona Medan, rumena di 36 anni, viveva a Collalbo e aveva un’impresa di pulizie a Laives, aperta grazie ai contributi provinciali all’imprenditoria femminile. Dopo essere stata costretta a lasciare l’Italia si era trasferita a Innsbruck, dove risiede ancora in totale libertà. Né l’Austria né la Romania, suo paese d’origine, infatti, ritengono che la donna costituisca un pericolo per la sicurezza nazionale. Medan, ora, vuole tornare in Italia e ha impugnato il decreto d’espulsione davanti al Tar.

La donna, sposata con un cittadino tunisino e madre di due figlie, si era convertita all’Islam circa dieci anni fa, molto attiva sui social network con lo pseudonimo di Diana Kauther, nel 2011 sottoscrive una lettera pubblica per chiedere l’abrogazione delle proposte di legge che vietano niqab e burqa, i veli integrali femminili. A quel punto le autorità italiane decidono di mettere sotto controllo l’attività telematica della donna che nel frattempo continua la sua propaganda su Facebook, propaganda che si intensifica dopo la strage alla redazione francese di Charlie Hebdo dello scorso gennaio: “Unici fascisti e criminali siete voi [occidentali] che andate in altri paesi ad ammazzare la gente con la scusa più schifosa al mondo della democrazia e libertà”. Il post che le costa l’espulsione arriva qualche mese dopo: “voglio combattere a fianco ai mujaheddin, sono pronta al martirio”.

Medan viene quindi allontanata dall'Italia (sembra che avesse intrapreso inoltre una fitta comunicazione con alcuni foreign fighters britannici), appena tornata da un viaggio in Tunisia, e rimandata a Bucarest dove è subito messa in libertà. Ben presto la mancanza delle figlie si fa sentire e la donna si trasferisce a Innsbruck. Anche in questo caso non viene ritenuta una minaccia per il paese e riceve anzi un alloggio sociale a causa delle sue difficoltà economiche. Ora la questione, che ha già sollevato discussioni sulla differenza delle misure adottate dai paesi europei riguardo le strategie di espulsione, torna sul suolo italiano. Come finirà?