È un libro quasi sconosciuto in Alto Adige. Ricordo di averlo comprato negli anni sessanta quando frequentavo il liceo. Mi aveva incuriosito il fatto che un noto scrittore viennese potesse occuparsi delle opzioni. Nonché il fatto che la famiglia protagonista, la cui travagliata storia viene raccontata in questo libro, porta il mio stesso cognome. Ma già dopo una decina di pagine mi sono reso conto che questo libro non c’entrava nulla con la realtà storica del Sudtirolo.
Ernst Lothar, famoso scrittore austriaco di origini ebraiche, l'aveva scritto negli Stati Uniti, dov'era fuggito nel 1939. E lì questo romanzo sulle vicende storiche dei sudtirolesi nel 1942 fu accolto in modo trionfale. Il New York Times lo celebrò come "opera indimenticabile". Scrittori famosi come Thornton Wilder e Francois Mauriac manifestarono il loro entusiasmo. Nei paesi anglosassoni migliaia di lettori si sono appassionati alle peripezie della famiglia bolzanina costretta a lasciare la propria Heimat e deportata dai nazisti nella città ceca di Plzen. Il fatto che in questa storia non ci sia molto di vero sarebbe anche stato tollerabile, trattandosi di un romanzo. Ma il problema è che Lothar inserisce anche errori marchiani, come per esempio quando parla delle opzioni descrivendole come una vera e propria deportazione dei sudtirolesi.
Ernst Lothar
Molto accurata a tal proposito l'analisi del germanista Alessandro Costazza dell'università di Milano, nel suo saggio La memoria dei fascismi nella letteratura sudtirolese:
"Il fatto che questo romanzo contenga numerose inesattezze storiche può essere giustificato almeno in parte, considerando che al momento della stesura Lothar si trovava già da qualche anno in America dove, a dispetto di ciò che egli afferma nell'appendice del romanzo, non aveva accesso a informazioni precise di prima mano. Ciò non può giustificare assolutamente la rappresentazione delle opzioni data in quest'opera, che costituisce una grave falsificazione storica, ma è soprattutto ideologicamente inaccettabile.... Lothar rappresenta le opzioni come una vera e propria deportazione di massa, durante la quale i sudtirolesi che vengono prima perseguitati e incarcerati, poi prelevati dalle loro case di notte, trasportati alle stazioni tra grida e lamenti e quindi rinchiusi in vagoni piombati simili a quelli usati per gli ebrei. Non è necessario sottolineare quanto una simile rappresentazione significa una totale distorsione della complessa e contraddittoria realtà storica delle opzioni. Se forse è possibile chiudere un occhio sulla versione del 1942 di questo romanzo, fallito anche sotto altri punti di vista, la riproposizione dell'opera nella traduzione tedesca del 1961, quando ormai era chiara a tutti l'estensione ed il significato della persecuzione degli ebrei, appare assolutamente ingiustificabile".
Ingiustificabile quella del 1961, figuriamoci quella del 2016.
Quando il libro nel 1961 venne finalmente pubblicato in tedesco dalla casa editrice Zsolnay di Vienna, destò poco interesse e fu accolto da severe critiche. Il settimanale DIE ZEIT lo definì come "canto di odio lontano dagli avvenimenti reali occorsi in Sudtirolo". Il giornale lamentò la mancata correzione di molti errori: "Ma 20 anni non sono bastati per correggere gli errori più plateali?" alludendo alla descrizione del Catinaccio come ghiacciaio o allo scambio dei nomi delle chiese a Bolzano. Critiche che certo non potevano turbare un personaggio come Ernst Lothar, autore e drammaturgo prolifico che scrisse oltre 20 romanzi e che dopo la guerra tornò a Vienna come protagonista della vita culturale (fu per esempio cofondatore dei Salzburger Festspiele).
Ora si pone una domanda: perché una nota casa editrice italiana come edizioni e/o pubblica questo infelice romanzo dopo quasi 75 anni in italiano, celebrandolo come "una splendida saga, gioiello della letteratura mitteleuropea"? E lo pubblica con la premessa dell'autore del 1942, in cui egli pretende di raccontare una verità storica: "Questo è un romanzo solo in quanto i personaggi e gli eventi rappresentati sono descritti come se fossero frutto della fantasia del narratore. Ma qui è diverso. In questo libro gli eventi sono reali e i personaggi obbediscono all’autore solo quando egli si fa portavoce dei loro pensieri e sentimenti. Pensieri e sentimenti che, a loro volta, non sono stati imposti dal narratore ma dalla Storia". Proprio in questa trappola è caduto anche il giornalista Carlo Martinelli, che in una lunga recensione pubblicata sull'Alto Adige definisce il libro "un documento storico accuratissimo (cita giornali dell’epoca e fa nomi e cognomi) nella veste di un grande romanzo popolare."
Ma l'operazione più incongrua Martinelli la compie quando mette il romanzo di Lothar sullo stesso piano di quello di Francesca Melandri: "Gli ingredienti perché diventi, dalle nostre parti, un caso editoriale, ci sono tutti. E il pensiero corre ad “Eva dorme” di Francesca Melandri." Siamo all'assurdo. Probabilmente la ripubblicazione di questo romanzo altro non è che un'operazione commerciale, resa possibile dalla recente fortuna del filone letterario mitteleuropeo, con particolare richiamo alle vicende storiche tra le due guerre mondiali.
Con il suo romanzo Sotto un sole diverso Ernst Lothar pretende di "aver scritto la cronaca di una minoranza." Ha invece scritto le vicissitudini di una famiglia bolzanina (inesistente), la sua deportazione (inesistente) e la ferocia dei nazisti contro i sudtirolesi. Contro un popolo, cioè, che ha optato al quasi 70 per cento, e con convinzione, per il Terzo Reich.