Politik | L'evento

Tolomei è dentro di noi

La magmatica situazione della toponomastica in Alto Adige, la minaccia del nazionalismo e le occasioni perdute. Zeller, Ferrandi e Margheri a confronto all'Ost West Club.
Toponomastica
Foto: Salto.bz

L’attendismo e il dubbio sulla sclerotizzata neverending story della toponomastica altoatesina - fra irrigidimenti delle proprie posizioni presi come nobile coerenza e divari comunicativi che si allargano - regnano sovrani dopo il “blow-up” dello scorso 8 marzo, quando la Commissione dei Sei non raggiunge l’accordo sulla norma d’attuazione dopo il colpo di teatro di Roberto Bizzo (Pd) inizialmente convinto (e poi invece no) dal compromesso che prevedeva l’istituzione di una consulta che avrebbe dovuto decidere sui nomi in uso con il sistema della doppia maggioranza. Una dose di cerchiobottismo di fatto non sufficiente. E mentre il circo mediatico s’infiamma attorno al tema fra gli alleati Svp e Pd è gelo, tanto che pur di estromettere Bizzo dai giochi (e dare una spallata allo status quo) potrebbe essere presentata una mozione d’indirizzo sulla toponomastica in consiglio provinciale. Lo striminzito recap dell’ultima puntata arriva fino a qui e per quanto il relativo hype sia ormai stato evirato da tempo, ad analizzare il microclima intorno all’atavica questione dei toponomi si sono dati appuntamento all’Ost West Club di Merano, nell’ambito del ciclo di eventi La lampada verde, il senatore della Volkspartei Karl Zeller, il giornalista ed ex caporedattore Rai Maurizio Ferrandi e Guido Margheri, ex consigliere comunale di Sel a Bolzano.


C’eravamo quasi

“Ettore Tolomei ha creato un’opera dall’ombra lunghissima, ma è inaudito che un morto seppellisca i vivi - osserva il moderatore della serata Gabriele Di Luca -, la questione della toponomastica è complessa e all’esterno viene di fatto fraintesa, basta leggere ciò che viene scritto sui giornali nazionali, quello del ‘noi e gli altri’ è un discorso che non ha ragione di esistere perché genera tossine”. Tracciato il quadro la domanda, ovvia e urgente, è: cosa succederà ora? Secondo il senatore e membro della Commissione dei Sei Zeller, retore di buon mestiere e parlamentare da 23 anni suonati, non si tratta solo di un problema tecnico-giuridico ma di un banco di prova per la convivenza, “c’è un sottostrato emotivo che non consente di risolvere la cosa, non a caso la questione è aperta da più di 70 anni e nessuno è ancora riuscito a mettere un punto”.

"Chiunque tocchi la toponomastica perde voti perché, inevitabilmente, non si possono accontentare tutti, eppure ci siamo spinti più oltre di quanto abbia mai fatto lo stesso Durnwalder" (Karl Zeller)

Il tema, dice il senatore, è politicamente spinoso e per nulla allettante, “chiunque lo tocchi perde voti perché, inevitabilmente, non si possono accontentare tutti, eppure ci siamo spinti più oltre di quanto abbia mai fatto lo stesso Durnwalder, che peraltro all’epoca dell’accordo con Delrio decise di non firmare gli elenchi lasciando al vicepresidente della Provincia Theiner il compito di farlo. Abbiamo tentato di trovare una soluzione, e in questo senso va riconosciuto il grande impegno di Francesco Palermo”. Due esempi vengono poi portati dall’alfiere della Stella alpina ovvero il fatto che in Val di Fassa, nella provincia trentina, sono stati eliminati i cartelli con i nomi tedeschi e italiani mantenendo solo quelli ladini senza che nessuno avesse nulla da ridire in merito; e Aosta, dove dopo il 1945 è stata ripristinata la toponomastica francese. “Il problema è che in Alto Adige c’è una Storia ingombrante che innesca una forte emotività nei due gruppi linguistici, se salta l’accordo molto semplicemente accadrà che il privato sarà libero di piazzare cartelli monolingui nelle sue proprietà e nulla potrà essere fatto al riguardo”. Anarchy in Südtirol.


Tolomei vive, il nazionalismo pure

Secondo i bookmaker con il fallimento dell’accordo il timore di un rigurgito del nazionalismo, le cui tracce ad oggi sono di fatto più persistenti di quanto si possa pensare, è l’ipotesi più accreditata. Partendo da lontano, Maurizio Ferrandi, autore della monografia “Ettore Tolomei: l’uomo che inventò l’Alto Adige”, sottolinea l’assioma secondo il quale i nazionalisti “amano i simboli, i nomi e i monumenti”. Racconta Ferrandi che Tolomei era un nazionalista in un’epoca in cui i nazionalisti spuntavano fertili in tutta Europa, il politico originario di Rovereto prima di morire si recò dal podestà di montagna chiedendo di riservargli un appezzamento di terreno nel punto più a nord-ovest del cimitero di Montagna, “voglio essere sepolto con la testa verso nord perché da morto voglio vedere l’ultimo tedesco che passa il Brennero”.

"Bisogna stare attenti non ai Tolomei degli altri ma a quelli che sono dentro di noi" (Maurizio Ferrandi)

“Non era ancora passato a miglior vita che già gli fecero saltare la tomba, e dopo la sua morte si verificarono in quel luogo altri due attentati”, spiega Ferrandi. “I Tolomei - prosegue - sono tutti uguali e hanno caratteristiche comuni, usano i nomi come segnaposto e odiano tutto ciò che è misto, tutto ciò che è zona grigia, Hitler e Mussolini erano d’accordo sul fatto che non fosse decoroso che dei tedeschi stessero in una zona governata dall’Italia, non a caso si volevano spedire 200mila sudtirolesi in giro per l’Europa”. Il punto è che l’onda del nazionalismo riprende vigore, sottolinea Ferrandi, “bisogna stare attenti non ai Tolomei degli altri ma a quelli che sono dentro di noi”. Per Margheri, che peraltro aveva presentato in passato un esposto alla magistratura sulla cartellonistica di montagna, il rischio di una ripresa del nazionalismo ci sarebbe con l’approvazione della norma e dunque con l’esame infinito dei toponomi, “il compromesso non va bene, e intendiamoci, se si trattasse di nomi che nessuno conosce o usa non saremmo qui a discuterne”.

L’ultima vittoria di Tolomei, interviene Zeller, sarebbe quella di mantenere tutti i nomi, compresi quelli non in uso, “il naufragio della norma di attuazione - dice - è una sconfitta per i due gruppi linguistici e una sconfitta personale”. Il dibattito si anima poi su una via di Bolzano in particolare, via Vintola, “che è la traduzione di un nome tedesco”, puntualizza Margheri, “se questo nome in italiano è ormai entrato in uso non possiamo certo cambiarlo ora”, ribatte Zeller. “Cristian Kollmann lo farebbe”, provoca Di Luca. “Ma Kollmann è un estremista pazzo”, replica serafico il senatore.
La serata si chiude fra le sollecitazioni del pubblico ad inquadrare il problema non solo dal punto di vista giuridico-normativo ma anche culturale e a “non scherzare con il fuoco, perché anche una qualsiasi crisi economica potrebbe dividere irrimediabilmente i due gruppi linguistici e farci fare pericolosi passi indietro”. Resta da vedere se le (ulteriori) incrinature di questi giorni confermeranno il vizio storico dell’inamovibilità in merito al microcosmo toponomastico, “progressi sono stati fatti - dice il presidente del gruppo per le Autonomie del Senato -, i tempi per risolvere la questione evidentemente non sono ancora maturi ma la partita non è ancora chiusa”. Significa che con Bizzo si riaprirà il dialogo? “Difficile - risponde Zeller - ha cambiato troppe volte idea, ma resto fiducioso”.