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Spettri di Ramadan

Uno spettro si aggira per l'Europa, ma di quale spettro si tratta? La settimana di Tariq Ramadan e la sua mancata apparizione in regione.
Ramadan
Foto: Salto.bz

Più biforcuto di una vipera

 

Nell'ultimo weekend prima dell'inizio di giugno Bolzano sembra una città in cui solo con grande difficoltà potrebbe succedere qualcosa. È venerdì, nelle vie del centro il passeggio pomeridiano prende vigore a mano a mano che chiudono gli uffici. I ragazzi delle scuole, zaini in spalla, hanno deciso di tornare a casa più tardi, e riempiono le gelaterie ridendo di tutto e di niente. Tra loro anche qualche ragazza velata, alla maniera musulmana, che si gode la vigilia del mese di digiuno. Nella libreria Ubik sei o sette persone prendono dagli scaffali dei volumi che sfogliano distrattamente, poi li ripongono, passano ad altro. Sul banco, impilati, una decina di esemplari de “Il musulmano e l'agnostico”, il libro scritto da Riccardo Mazzeo e Tariq Ramadan del quale in settimana si è parlato moltissimo – e moltissimo a sproposito. Davide Pietroforte cerca i dati delle vendite nel pc: tre a Bolzano e quattro a Trento. Una miseria. Evidentemente le polemiche non hanno incuriosito nessuno. Di queste cose, infatti, tutti pensano di avere già un'opinione salda, è sufficiente aver intercettato un titolo in rete, intravisto un link (anche in questo caso non serve aprirlo o leggerlo, ci si fida di chi l'ha citato), e poi, via, sono cose che “si sanno”. L'importante è alzare un po' di polvere, battere i piedi. Il rumore scaccia le vipere e i cattivi maestri col cervello in Occidente e il cuore in Oriente, più biforcuti delle vipere.

 

Bolzano non accoglie

 

Come ormai tutti sanno, Ramadan avrebbe dovuto parlare a Bolzano martedì 23 maggio. La cosa non è andata in porto per una serie di circostanze – disgraziate per alcuni, fortunate per altri. Qualcuno, negli ambienti leghisti, si era accorto che l'intellettuale svizzero di origini egiziane era forse quel famoso pensatore (leggi: provocatore) musulmano non così duro nel condannare senza se e senza ma il terrorismo islamico, per non parlare della sua posizione ambigua nei confronti dello stato di Israele (in certi casi basta un niente per farsi il nome di antisemita) e della lapidazione, una pratica da lui criticata troppo mitemente (in realtà un clamoroso equivoco, una bufala, visto che Ramadan si è espresso più volte per la sospensione di questa aberrante pena presente nella giurisdizione di alcuni paesi con larga presenza di credenti musulmani). Voci, aggravate da un'antipatia formulata all'ingrosso per tutto ciò che puzza di musulmano o di Islam o di Isis (tutto fa brodo), e quindi messe in giro per evitare che il Ramadan suddetto facesse addirittura la sua apparizione nella Sala di rappresentanza del Comune, portato dal Centro per la pace e previamente benedetto da un incontro col sindaco.

 

Ancora una volta Bolzano non accoglie

 

Per far saltare tutto è bastata una telefonata di Alessandro Bertoldi a Renzo Caramaschi, mentre il sindaco stava pranzando con Francesco Comina, che del Centro è coordinatore e uomo immagine. Telefonata non ovviamente a titolo personale, ma col paravento dell'associazione Italia-Israele, della quale Bertoldi è un infaticabile promotore. Ecco allora che Caramaschi vacilla, si guarda attorno smarrito e trova gli occhi altrettanto smarriti di Comina, che però dell'incipiente e post-prandiale caso Tariq Ramadan non ha ancora messo a fuoco l'essenziale: tutto sta infatti perfezionandosi in un'accusa allo stesso Comina e al Centro per la pace, visti come inopportuni destinatari di un finanziamento annuale (113.000 euro nel 2017) in violazione del codice etico (il sindaco e Comina sono amici personali e la votazione decisiva sarebbe per questo “sporcata” dal favoritismo). Per leghisti e amici (tra i quali il battagliero Gabriele Giovannetti, neo-dottore in legge vicinissimo al leader di Alto Adige nel Cuore, Alessandro Urzì) non conta così nulla che il Centro per la pace abbia garantito da anni la presenza in città di numerose figure di primo piano della cultura e della интеллигенция (intellighenzia) internazionale: lo scandalo del musulmano antisemita, lapidatore e – horribile dictu – fautore del multiculturalismo può servire intanto a disarcionare Comina dal suo cavallo bianco come una colomba. E il sindaco, colto di sorpresa, pronuncia la frase che serviva: “A uno come Ramadan non posso certo stringere la mano indossando i panni istituzionali”. Ancora una volta, Bolzano non accoglie.
 

 

Lo spettro di Ramadan

 

Ripercorro gli antefatti mentre siedo in auto proprio accanto a Comina. Siamo diretti a Trento, dove nel frattempo l'evento, ucciso a Bolzano, è stato fatto risorgere. Risorto per modo di dire, visto che la mattina del 23 il docente oxoniense ha comunicato di essere stato male e di non poter più partire. Alla Erickson non si sono però persi d'animo. Ramadan sarà ugualmente presente, anche se in forma un po' spettrale (risorto insomma a metà) mediante uno schermo e una diretta Skype. A questo punto anche l'ipotesi – rivelatasi impraticabile – di rischiare la frizione con il sindaco e far parlare comunque Ramadan a Bolzano (nella sala prevista, o in un altro luogo, reperito in fretta e furia) perde d'importanza. Il malessere rende per così dire la polemica più ovattata: evidentemente era destino che Ramadan rinunciasse al suo viaggio in regione. Ma i pugnali contati diventano sempre di più, e tra gli ultimi si aggiungono anche quelli di “una parte” del quotidiano Alto Adige, che con una mano ha inteso fornire ai suoi lettori più acculturati l'intervista di Mauro Fattor al teologo Vito Mancuso (secondo il quale Ramadan è tutt'altro che un mascalzone travestito da intellettuale), mentre con l'altra getta benzina sul fuoco della polemica contraria al Centro per la pace. Sono quasi le sei e arriviamo a Gardolo, alla periferia di Trento, dove sorge l'edificio che ospita la casa editrice. Fuori sostano alcuni carabinieri, probabilmente comandati dal tam-tam mediatico che paventa incidenti o attentati appena si parla di Islam (i fatti di Manchester lo ricordano), fingono di rassicurare i convenuti.

 

Contro il laicismo

 

I 100 posti della sala non bastano a contenere tutti quelli che vogliono sentire quel che ha da dire Ramadan, o meglio la sua figura spettrale che galleggia sullo schermo. Si aggiungono sedie, tra il pubblico anche molti musulmani trentini, venuti per omaggiare una figura che, si capisce, per loro costituisce un forte punto di riferimento. Il motivo è semplice e la breve conferenza si incaricherà di confermarlo. Ramadan è un intellettuale credente, un musulmano profondamente radicato nella cultura occidentale, e si sforza di asserire la compatibilità dell'Islam con le democrazie d'impronta laica. Dicendo ciò è inevitabile che la sua posizione cada fuori dai fondamentalismi contrapposti, cioè non possa essere compresa dai fautori della guerra santa contro gli infedeli, da un lato, e contro i musulmani in quanto tali, dall'altro.

Il vero pericolo è rinunciare a pensare, ossia guardare alla verità con gli occhi del pregiudizio...

 

Ma attenzione a non confondere il termine “laico” con il “laicismo”. Nel libro “Il musulmano e l'agnostico” la polemica più acuminata si rivolge infatti contro quelle posizioni che si illuderebbero di abolire il riferimento al religioso senza capire che con esso verrebbe abolita anche la ricerca del “Senso”. Leggendo insomma la modernità come avvento compiuto della “morte di Dio”, l'anti-modernismo di Ramadan si sposa perfettamente con le istanze di una rinnovata attenzione per il religioso e l'ecumenismo. E non è un caso che prima di dare la parola a Ramadan e Mazzeo, il saluto agli astanti venga rivolto dal coordinatore nazionale di Paxchristi, don Renato Sacco, il quale biasima i recenti incontri d'affari tra Donald Trump e gli emiri sauditi, e soprattutto mette in guardia dal vero pericolo: “Il vero pericolo è rinunciare a pensare, ossia guardare alla verità con gli occhi del pregiudizio...”.
 

 

Sul binario marxista

 

Il discorso di Ramadan, in francese, viene tradotto un po' a fatica perché la qualità della trasmissione non è eccellente. L'essenziale però si capisce benissimo, ed è lo stesso Comina a postarne su Facebook quasi una diretta: inutile monito per chi si è divertito a rendere torbide quelle acque che qui, alla Erickson di Trento, tornano cristalline. “L'antisemitismo – afferma con forza Ramadan – va rigettato. Va contro lo stesso Islam. Da trent'anni mi batto per la libertà e l'autonomia della donna, che deve essere aiutata a ricevere lo stesso salario degli uomini piuttosto che coinvolgerla sempre in discussioni sugli indumenti che deve o non deve mettersi. Come musulmani europei dobbiamo rispettare la legalità e la cultura dei paesi in cui ci troviamo ed evitare che si creino conflitti. Io mi batto per la giustizia sociale. Alla sindrome della paura cerco di contrapporre una rivoluzione della fiducia. Peccato che non me ne avete data, perché avreste conosciuto un uomo di pace e di dialogo. Io so che una cosa mi accompagnerà fino alla morte: io sarò sempre dalla parte degli oppressi. Se il dittatore che schiaccia l'oppresso sarà musulmano, io sarò contro quel dittatore musulmano. Gli assassini di Manchester sono dei nemici dell'umanità e dunque condanno tutti i terrorismi”.

Se il dittatore che schiaccia l'oppresso sarà musulmano, io sarò contro quel dittatore musulmano

Il pubblico è soddisfatto, applaude convinto. Le domande sono lodi col punto interrogativo, la parola “dialogo” è quella che si sente ripetere più spesso. Solo un graffio, a un certo punto, incrina l'irenismo dal sapore d'incenso (almeno se comparato ai toni minacciosi evocati cinquanta chilometri più a Nord) che pervade ogni cosa. Il docente Gaspare Nevola (della facoltà di Scienze politiche) chiede a Ramadan come sia possibile conciliare la tradizione del velo integrale con il principio della trasparenza e della piena riconoscibilità del volto, che rappresenta un caposaldo ineliminabile della civiltà occidentale. Ramadan si fa tradurre la domanda, riflette in modo fulmineo e replica: “La guerra al velo integrale è stata condotta in Francia soprattutto nelle periferie, dove vivono i musulmani poveri. Nel centro di Parigi, sull'Avenue des Champs-Élysées, ricchissime donne completamente velate entrano ed escono dai negozi di lusso e nessuno batte un ciglio”. Piuttosto che alle diatribe identitarie, par di capire, egli preferisce dedicare attenzione alle contraddizioni materiali, ossia al tratto comune che taglia la vita delle persone distinguendole in “potenti” e “impotenti”, sapendo benissimo che una condizione di impotenza materiale può trovare sbocco alla frustrazione proprio drogando il piano dei valori, per giungere poi all'esasperazione simbolica che diventa il combustibile dei fanatismi. Non è un caso che l'ultimo capitolo del libro “Il musulmano e l'agnostico” s'intitoli “Ripensare l'azione politica”, e metta in campo analisi, formule e speranze che suonano dolci alle orecchie di chi, musulmano o cristiano, tende innanzitutto a pensare che la storia debba essere rimessa in cammino sul vecchio e arrugginito binario marxista, oggi dato per morto e quindi diventato davvero spettrale, che partì dalla questione della giustizia proletaria.

 

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Max Benedikter Sa., 27.05.2017 - 15:17

Mamma mia, quel Caramaschi usa il cervello a corrente alterna. Ma uno che dice di non ricandidarsi, secondo voi, si fa trascinare così da ogni ventata populista?
Secondo me il colto sindaco ha qualche lacuna culturale o una spina dorsale fatta di burro.

Sa., 27.05.2017 - 15:17 Permalink
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Maximi Richard So., 28.05.2017 - 11:09

Secondo me, questa idea che la ricerca del senso della vita è possibile solo all'interno di una dimensione religiosa, è incompatibile con i valori europei o, per dirla più semplicemente, è una cretinata.

So., 28.05.2017 - 11:09 Permalink