L'Etiopia in faccia
Quante volte l'avete sentita questa frase? “Nelle colonie africane noi italiani abbiamo portato le strade, gli acquedotti, la civiltà”. Il sottotesto, addirittura esibito: noi eravamo diversi, siamo diversi, perché noi – prima, persino durante, e sicuramente dopo il fascismo – in fondo siamo “brava gente”. Sconfiggere una simile superstizione (perché di superstizione si tratta) è arduo. Essa si riproduce inesausta, masticata da commentatori pigri o semplicemente ignoranti, propagata da appassionati di storia allergici al concetto di verità storica, ripetuta in ogni salsa e in ogni occasione al fine di garantire continuità a un mito autoassolutorio, che ha invece necessità impellente di essere contestato.
Per fortuna, fuori dal coro (anzi: contro questo coro) troviamo i lavori di studiosi importanti. Angelo Del Boca e Filippo Focardi, per limitarci a quelli che ci vengono subito in mente. Ma la penetrazione dei loro lavori non è mai riuscita a varcare i confini del pubblico specializzato, restando insomma lontana dal farsi necessario “senso comune”. Ecco dunque l'esigenza di utilizzare uno strumento più duttile e pervasivo, come può essere la scrittura letteraria o di finzione, avendo però cura di accentarla anche in senso documentaristico, quando chi la produce è per l'appunto interessato ad allargare il raggio della conoscenza su fatti che rovesciano lo stereotipo indicato e ci presentano il conto esatto di ciò che è stata la disgraziata avventura italiana nella prima metà del Novecento.
Marco Consentino, Domenico Dodaro e Luigi Panella sono tre professionisti (di ambito legale) che hanno avuto, insieme all'editore Sellerio, l'idea di tradurre in un romanzo - I fantasmi dell'Impero - che è già un grandissimo successo (ad oggi più di 25.000 copie vendute) una mole impressionante di documenti e fotografie della guerra d'Etiopia (dal 1935 al 1941), disegnando quindi una limpida controstoria della conquista imperiale fascista ed esponendola per quel che è: “un vero e proprio Vietnam italiano”, macchiato di crimini indicibili e concluso da una sconfitta umiliante. Tutti e tre presenti al Centro Trevi il giorno 9 giugno, gli autori hanno esposto davanti al pubblico bolzanino (non numeroso, ma attentissimo) da quali circostanze è nato il libro, il metodo della sua composizione a sei mani, e quale vuole essere la sua funzione.
In una brillante recensione del libro pubblicata sul Corriere della Sera da Antonio D'Orrico si legge: “I fantasmi dell'Impero (…) è uno dei più formidabili romanzi scritti negli ultimi tempi, un’avventura incredibile, un kolossal, la tomografia assiale computerizzata di una delle pagine più ignominiose del fascismo. In uno dei buchi neri dell’archivio del fu Ministero dell’Africa italiana, l’avvocato Panella ha scovato una pepita d’oro, un’inchiesta condannata all’oblio. Ma una copia è sopravvissuta”. Anche a Bolzano i tre autori (autodefinitisi dilettanti) hanno rievocato il ritrovamento dell'inchiesta dalla quale è partito il loro emozionante progetto. Sepolte in uno scantinato della Farnesina, minimo spazio nel quale si è ormai rattrappito il defunto “Ministero dell'Africa italiana”, le pagine dell'inchiesta commissoniata dal viceré d'Etiopia, il famigerato generale Rodolfo Graziani, al colonnello Vincenzo Bernardi, hanno portato alla luce una figura dal fascino sinistro, vale a dire il capitano Gioacchino Corvo, le cui poco edificanti gesta non a caso scarseggiano su Wikipedia o negli altri strumenti utili al grande pubblico per ricostruirne l'agghiacciante profilo. Ci voleva dunque un libro, un vero libro di carta, per colmare la gigantesca lacuna. Ne è nato un capolavoro di “non-fiction” che tiene incollati i lettori dalla prima all'ultima pagina.
La passione di collezionista di “imprese coloniali” di Luigi Panella riversa sul tavolo di lavoro dei tre, allestito quasi per scommessa, i materiali mnestici dai quali trarre intrecci e dialoghi. Sono tessere di orrida evidenza, quel che manca è solo un metodo per comporre il mosaico e – si esprimono così i tre amici all'unisono – “sbattere l'Etiopia in faccia ai lettori”. Tale metodo, spiegano, ci è stato dato dalla tecnica della “nuvola informatica” (cloud computing). In pratica: una lista di capitoli gestiti all'unisono dai tre, riversandovi “a macchia di leopardo” le informazioni via via accumulate, per poi essere “pettinate” da letture e riscritture successive. Fino ad ottenere la forma più o meno desiderata. A questo punto è poi intervenuta la mano sapiente di un editor geniale (Mattia Carratello) e la cura inappuntabile della casa editrice Sellerio, marchio di garanzia per operazioni di questo tipo, dedicate cioè al restauro della memoria.
Ma perché un'opera del genere è a dir poco essenziale nell'attuale panorama culturale italiano? Come si diceva all'inizio, sui fatti relativi alla costruzione dell'imbarazzante mitologia del “posto al sole” voluto da Mussolini indugia da anni una reticenza a conoscere i dettagli di un'operazione caratterizzata da impressionante violenza. Reticenza prodottasi non solo, e in modo comprensibile, tra i banchi di lurida nebbia del Ventennio, ma anche in epoca repubblicana. Chi conosce nel dettaglio, ad esempio, la storia del citato Gioacchino Corvo o di Pietro Agosteo? Leggete e saprete, così, come un filo nero congiunga i misfatti compiuti contro i “ribelli” abissini e la repressione dei partigiani in alta Italia, spesso facente capo ai medesimi protagonisti. Sono questi i fantasmi scomodi che tornano di frequente a visitare l'inquietante autobiografia che ci riguarda. Bisogna perciò gridare quasi al miracolo quando qualcuno apre finalmente gli armadi, facendone fuoriuscire gli scheletri.
Rispondendo al pubblico, Consentino, Dodaro e Panella hanno detto con sobrio compiacimento che “il libro è piaciuto a tutti: critici, storici e ai letterati”. Una condizione di assoluto privilegio, unita all'alto livello di leggibilità e documentazione del testo, che ha fatto lievitare in modo assai rapido il consenso più ambito: quello dei lettori comuni. In un Paese incline alla dimenticanza e refrattario ad approfondire gli aspetti più cupi del proprio passato, l'esistenza de I fantasmi dell'Impero consola e commuove. Un grande romanzo storico che mancava è finalmente fra noi.
mi dispiace non essere stato
mi dispiace non essere stato alla presentazione e sicuramente il libbro apre nuove conoscenze. Mi hanno detto che Addis pullula di caffee all'italiana e ristoranti dove fanno gli spaghetti e anche la miglior pizza d'africa di cui sono molto orgogliosi. L'analisi del periodo coloniale in tutta l'africa non solo in etiopia e molto complessa e non ancora sedimentata e il testo pubblicato da Sellerio apporta materiale alla discussione. in ogni caso quello che venne dopo il colonialismo in termini di oppressione della popolazione, malefatte e crimini ha superato anche il piu becero dei antecedenti