Gesellschaft | Migranti

Il sistema di Dublino a una svolta

La Commissione Libe del Parlamento europeo dice sì alla riforma del Regolamento. Non più obbligo di domanda di asilo nel primo Paese di arrivo. SOS Bozen dice la sua.
Rifugiati
Foto: upi

Il letargo prolungato dell’Europa sta, seppur a velocità di crociera, finendo? Una risposta, in questo senso, è arrivata ieri (19 ottobre) dalla Commissione Libertà Civili Giustizia e Affari Interni (Libe) del Parlamento europeo che ha dato il primo via libera, con 43 voti favorevoli e 16 voti contrari, alla modifica del Regolamento di Dublino firmata dalla relatrice svedese Cecilia Wikström

Una “rivoluzione copernicana del sistema dell’asilo” la definisce l’europarlamentare di Possibile Elly Schlein, relatrice della riforma di Dublino per il gruppo dei Socialisti e democratici. Si tratta di un cambiamento ambizioso “a cui abbiamo lavorato un anno e mezzo - commenta Schlein in un video postato sulla sua pagina Facebook -, la posizione è forte ed è quella che il Parlamento porterà al negoziato con il Consiglio europeo dove l'approvazione sarà più difficile perché prevalgono gli egoismi nazionali, e la vera battaglia sarà lì. È però molto importante il segnale dato dal Parlamento con il voto di oggi (ieri per chi legge, ndr) perché significa che almeno una delle tre istituzioni europee si prende carico di tale questione come europea e mette in campo delle soluzioni comuni basate sulla solidarietà e sull’equa condivisione delle responsabilità già previste dai trattati, la soddisfazione è grande perché il testo è stato votato da una maggioranza ampia e trasversale che va dai Socialisti e Democratici, ai Verdi e la Gue, per arrivare ai Popolari e ai Liberali”.
 

 

Qualcosa sta cambiando

Il punto principale di questa riforma è che i richiedenti asilo non saranno più obbligati a fare domanda di protezione internazionale nel primo paese d’approdo. Il meccanismo verrà sostituito da un sistema di ricollocamento - di fatto una redistribuzione permanente e automatica - a cui sono tenuti a partecipare obbligatoriamente tutti gli stati membri dell’Unione europea. Inoltre si terrà conto, per la prima volta, dei legami familiari: sarà introdotta una nuova procedura accelerata di ricongiungimento; con indicazioni sufficienti sulla presenza di un familiare in un altro stato membro sarà possibile un rapido ricollocamento. Fra le altre cose saranno rafforzate le garanzie procedurali e gli obblighi di informativa per i richiedenti asilo, in particolare le salvaguardie per i minori non accompagnati tra le quali la nomina entro 24 ore di un tutore. 

"Le conseguenze dell’immobilismo sono agghiaccianti, e i minori bloccati nei campi nei paesi di ingresso hanno sviluppato gravi stati di ansia, soffrono di depressione e incubi notturni. Alcuni di loro sono arrivati addirittura a tentare il suicidio"

Nel 2017, sono arrivati via mare in Italia 14.070 minori non accompagnati, il 13% del totale dei migranti giunti alla frontiera sud del nostro Paese. Solo 56, tra i minori soli presenti sul territorio nazionale, sono stati ricollocati in altri paesi europei e 399 hanno avuto accesso formale alla procedura prima del 26 settembre scorso, quando è stata sospeso il sistema straordinario di ricollocamento europeo.

“La scelta fatta oggi dal Parlamento Europeo è un primo passo importante nella riforma di un sistema che ha costretto troppi minori soli e famiglie a rimanere nei paesi di ingresso come l’Italia e la Grecia, impedendogli in molti casi di ricongiungersi con familiari, amici o comunità in altri paesi europei. Le conseguenze dell’immobilismo sono agghiaccianti, e i minori bloccati nei campi nei paesi di ingresso hanno sviluppato gravi stati di ansia, soffrono di depressione e incubi notturni. Alcuni di loro sono arrivati addirittura a tentare il suicidio”, ha dichiarato Karen Mets, Senior Advocacy Adviser di Save the Children. Nella maggioranza dei casi i minori non accompagnati si sono resi irreperibili al sistema di accoglienza formale riaffidandosi nelle mani di trafficanti e sfruttatori per cercare di attraversare il confine nord del nostro Paese. Secondo i riscontri sul campo, la quasi totalità dei 22.586 minori soli di origine eritrea (11.251), somala (5.618), siriana (2.927) e afghana (2.790) arrivati via mare in Italia tra il 2011 e il 2016 si sono esposti a questi rischi. La situazione si è ulteriormente aggravata dal 2016 a seguito della maggiore chiusura all’accesso da parte dei paesi confinanti alla frontiera nord, come confermano i 5.000 minori soli “riammessi” in Italia dalla Svizzera solo tra maggio e novembre 2016.

 

Una Provincia “paranoica”

A sperare che l’iter della riforma del Regolamento di Dublino possa avere un esito positivo sono, inevitabilmente, i volontari di SOS Bozen secondo i quali “il conflitto aperto tra stati con visioni anche estremamente opposte, in relazione alla questione della riforma del sistema comune europeo in materia di diritto d’asilo, continua a giocarsi sulla pelle di donne e uomini il cui unico fine è il miglioramento della loro situazione esistenziale. Costringere le persone a fughe e ritorni che possono durare anche diversi anni, senza possibilità di armonizzare le loro esistenze con le aspettative e le speranze proprie di un progetto migratorio è l’emblema del fallimento delle politiche europee in materia”.

Assoluto consenso è espresso da parte dell’associazione riguardo l’abolizione del principio del paese di primo ingresso, così come su “un accordo sul sistema – finora ‘ballerino’ - di ‘quote’ di assegnazione, a livello continentale e sull’introduzione del concetto di ‘legami significativi’, in relazione al principio che tenga conto dell’effettiva storia biografica delle persone. In un momento come questo, dove le autorità degli stati nel centro e nord Europa facilitano e attuano respingimenti anche extra legem, occorre interrogarsi ed agire”.

"È inaccettabile che gli interlocutori delle istituzioni continuino ad essere soggetti i quali si sono resi corresponsabili di evidenti episodi di disservizio, che, a tutt’oggi, si rendono disponibili ad avallare, senza remore, pratiche arbitrarie (si veda, su tutte, l’infame circolare Critelli che restringe significativamente il diritto all’accoglienza in provincia) in materia d’asilo"

Rimane intanto di stringente priorità un cambio di rotta nella gestione dell’accoglienza in Provincia di Bolzano dove “vige un sostanziale paranoico controllo dei migranti”, dice il gruppo di SOS Bozen apprezzando “lo sforzo di semplificazione” dato dall’istituzione di uno sportello unico per fornire le prime informazioni ai profughi giunti nel capoluogo altoatesino, a seguito di un accordo fra Provincia, Stato, Comune di Bolzano, Caritas e Volontarius.

Inaccettabile, tuttavia, dicono i volontari “che gli interlocutori delle istituzioni continuino ad essere soggetti i quali si sono resi corresponsabili di evidenti episodi di disservizio, che, a tutt’oggi, si rendono disponibili ad avallare, senza remore, pratiche arbitrarie (si veda, su tutte, l’infame circolare Critelli - qui il testo - che restringe significativamente il diritto all’accoglienza in provincia) in materia d’asilo e che continuano supinamente a cavalcare le decisioni di Provincia e Commissariato di governo sul territorio”. Inappropriata, inoltre, sottolinea l’associazione, l’eventuale presenza delle forze dell’ordine - come annunciato dalla Provincia -, “all’interno di un presidio che è, e deve restare, esclusivamente umanitario, con obbligo di mantenere una propria autonomia ed indipendenza, ‘trattando’, in gran parte dei casi, persone con particolari vulnerabilità sociali, psichiche e quindi esistenziali”.