Per esprimere dubbi sul desiderio periodicamente ricorrente dei sudtirolesi di ottenere ANCHE la cittadinanza austriaca si possono scegliere due vie. La prima, tecnica e sobria, è stata battuta dal Senatore Francesco Palermo, il quale ha spiegato le sue perplessità in un'intervista pubblicata da Salto.bz. La seconda, senza dubbio più rozza, ma a mio avviso abbastanza vicina alla verità elementare, la batto adesso qui io, e riguarda gli aspetti, per così dire, psico-patologici della questione. Non serve usare analisi troppo sofisticate: i sudtirolesi che desiderano ottenere ANCHE la cittadinanza austriaca lo fanno principalmente per un solo motivo: perché si vergognano di essere italiani, dunque non vogliono essere scambiati per degli italiani e farebbero di tutto per sembrare “diversi” (e diventare formalmente “austriaci” è chiaramente il minimo, ma se servisse accetterebbero anche di diventare “cinesi”). Ora, perché questi sudtirolesi si vergognino di essere italiani è abbastanza scontato e semplice da capire (del resto, ci sono anche tanti italiani che si vergognano di essere italiani). Nonostante l'Alto Adige-Südtirol faccia ormai parte dell'Italia da quasi 100 anni, il processo di adesione al “sentimento” nazionale della maggioranza dei suoi abitanti potrebbe essere descritto ricorrendo al famoso paradosso di Zenone, utilizzato – come noto – per dimostrare l'illusorietà del movimento. Lo riassumo rubando le parole ad Aristotele: “Un mobile più lento non può essere raggiunto da uno più rapido; giacché quello che segue deve arrivare al punto che occupava quello che è seguito e dove questo non è più (quando il secondo arriva); in tal modo il primo conserva sempre un vantaggio sul secondo”. Non ha nessuna importanza stabilire chi sia Achille o la tartaruga. Mettiamoci l'anima in pace e diamo per scontato che la distanza rimarrà invariata per l'eternità: un italiano non sarà mai e non si sentirà mai sudtirolese e un sudtirolese non sarà mai e non si sentirà mai italiano, almeno fin quando esisterà la possibilità di un “confronto”. Questa è la situazione, non c'è in fondo nulla di male e, grazie all'autonomia, si è potuto dimostrare che si possono persino fare anche parecchie cose insieme andando quasi d'accordo su tutto. Quando subentrano invece i problemi? I problemi subentrano quando, retrocedendo dallo stare insieme pur essendo diversi, si vorrebbe continuare a sottolineare che non basta limitarsi ad “essere” diversi, ma lo si vuole certificare, scrivere a lettere di scatola, e insomma manifestare in ogni modo possibile, COME SE NON FOSSE MAI ABBASTANZA. Da questo insaziabile bisogno di distinzione non può nascere nulla di buono, perché spingerà sempre la parte corrispondente a fare altrettanto, in una spirale di bulimia identitaria tanto stupida quanto dannosa.