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FUSS: un caso ancora aperto

“Dalla Provincia dicono che i costi per il progetto sono troppo alti ma i conti non tornano”, dice il comitato pro open source. Lettera aperta dei docenti a Roma.
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Foto: Unsplash

Non si arrendono i “difensori” del progetto FUSS che nel 2005 introdusse il software libero nelle scuole (65 server e 4500 computer). Il comitato, composto da Anton Auer, Hugo Leiter, Piergiorgio Cemin, Markus Egger, Marco Marinello ed Ezio Monastero, rappresentante i 1056 firmatari della petizione che chiede il mantenimento dell’esperienza FUSS, ha incontrato nei giorni scorsi l’assessore Giuliano Vettorato, non ottenendo tuttavia per il momento rassicurazioni se non quella di un nuovo incontro per tentare di venire a capo della questione. Come noto in questi mesi è stata messa in discussione sia la validità didattica del FUSS, sia i costi relativi che secondo l’assessorato risulterebbero troppo alti.

Si è puntato quindi sulla possibilità di ritornare al sistema operativo Windows, “nonostante FUSS abbia ricevuto riconoscimenti nazionali e internazionali e sia un’esperienza di punta dell’open source a livello europeo - sottolineano i membri del comitato -. Inoltre non si capisce perché la Provincia di Bolzano dovrebbe chiudere questa esperienza, quando invece sostiene l’open source anche economicamente attraverso diverse iniziative (es. NOI Techpark, SFScon – South Tyrol Free Software Conference, ecc.)”. Dato che i soldi non ci sono e manca quindi il personale per gestire la manutenzione dell’hardware delle aule informatiche delle scuole, sostiene Vettorato, il progetto FUSS è stato chiuso e la soluzione proposta è di far effettuare il servizio alla Ripartizione Informatica della Provincia che si assumerebbe i costi per il personale, con la clausola di migrare tutti i sistemi a Windows. La motivazione è di avere in Provincia una uniformità di strutture che dovrebbe facilitare il servizio e ottimizzare i costi.

 

La matematica non è un’opinione

 

“Non è compito nostro presentare i dati che ci sono stati sottoposti durante l’incontro - dice il comitato - noi sosteniamo che i costi in questi anni sono stati i seguenti: il costo complessivo FUSS nel periodo 2005 – 2019 è stato di circa 670.000 euro per la attivazione, lo sviluppo e la manutenzione del sistema (mediamente meno di 45.000 euro all’anno) con una quota del 3% circa per costi di licenze software”. Nello stesso periodo, fa notare il comitato, i costi di sole licenze software per il sistema Windows adottato nelle scuole di lingua tedesca (circa 380 scuole con circa 12-15000 postazioni di lavoro) ammontavano a mediamente 400.000 euro annuali, con contratti triennali (2015-2017: 1.250.000 euro, 2018–2020: 1.825.000 euro).

A ciò si aggiungono costi di sviluppo e manutenzione per applicazioni specifiche, per esempio il „Landesschulinformationssystem LASIS”, che negli ultimi 5-20 anni non ha dato luogo ad alcuna pubblicazione e condivisione di codice con le altre scuole o pubbliche amministrazioni, a fronte di un’ingente spesa pubblica. I costi in questo ultimo anno (2019) per il progetto FUSS ammontano a circa 40.000 euro per la manutenzione del sistema e comprendono anche la messa a disposizione al pubblico di tutto il codice prodotto. Circa 55.000 euro invece sono stati impiegati dall’amministrazione per stipendiare i sostituti dei due docenti utilizzati nel progetto, solo parzialmente e comunque in parte occupati in classe per il resto del loro orario scolastico. I conti però non tornano.

“Non si spiega come mai l’Assessore abbia dichiarato sul quotidiano Alto Adige che le spese annuali di FUSS ammontino a 150.000 euro, in quanto dai nostri calcoli non superano i 95.000 euro per il 2019 tra costi di manutenzione e personale docente comandato in intendenza. Considerato che anche nelle altre intendenze vi sono docenti comandati o personale che si occupa di tecnologie informatiche per la didattica curando il rapporto con i docenti referenti tecnici delle scuole e la loro formazione, il costo di 55.000 euro per un comando in intendenza italiana può anche non essere considerato”. E ancora: “Il raffronto tra costo per lo sviluppo di FUSS/Software Libero e costi di licenza per l’eventuale acquisto di prodotti Microsoft e migrazione a Windows è pertanto 40.000 euro contro 120.000 euro (prendendo per buono questo costo preventivato di licenze Microsoft)”.

In merito ai costi di licenza se mediamente le intendenze tedesca e ladina spendono 1.537.500 euro ogni tre anni e cioè 512.500 euro l’anno per circa 46.626 studenti, in proporzione le scuole in lingua italiana che hanno 15.847 studenti dovrebbero spendere circa 174.186 euro l’anno. Come sono stati stimati pertanto i 120.000 euro l’anno? Si chiede il comitato. Ai costi di licenza di prodotti Microsoft dovrebbero essere aggiunti anche i costi per la sostituzione di circa 1.500 PC che sebbene funzionanti con Linux risulterebbero inutilizzabili con Windows 10 oltre a tutti i costi connessi all’installazione di Windows su PC e server unitamente alla migrazione del software didattico. Ecco quindi, riassumendo, la stima della spesa:

 

Il nodo personale

 

Un altro problema posto da Vettorato e dal sovrintendente provinciale per la scuola italiana Vincenzo Gullotta è il costo di due tecnici della ripartizione informatica che sono in carico all’intendenza. “Costi che di certo non vanno imputati al progetto FUSS in quanto spettanti alla pubblica amministrazione per il servizio di manutenzione delle scuole da parte della ripartizione informatica, servizio che va garantito a ciascuna scuola indipendentemente dal fatto che usi Windows, Mac o Linux”, così il comitato che aggiunge: “Nel 2015 il gruppo FUSS, che gestiva la manutenzione e la consulenza didattica fu ridotto di 5,75 unità come da delibera provinciale con la decisione che la Ripartizione Informatica assumeva la gestione e la responsabilità di far funzionare i sistemi FUSS nelle scuole in lingua italiana. Nell’incontro l’Assessore ci comunica che alcuni insegnanti si lamentano della scarsa funzionalità del sistema, ma chi aveva la responsabilità in questi cinque anni di far funzionare le scuole? Come mai ora manca il personale e i sistemi sono in difficoltà? Come mai il gruppo FUSS riusciva a far funzionare le scuole?

Non crediamo che tornare a sistemi Windows proprietari porti a migliori occasioni di apprendimento

Il gruppo chiede un potenziamento del personale tecnico e che quest’ultimo sia gestito direttamente dalle Intendenze tedesca, italiana e ladina in modo che le risorse siano dislocate meglio sul territorio e possano così essere soddisfatte le esigenze delle scuole. “Non si possono addebitare al software libero le inefficienze del sistema di gestione. Le citate difficoltà del corpo docente sono dovute anche all’insufficienza dei piani di aggiornamento, imputabili ai pochi investimenti nella formazione del personale in questo settore. Una delle innovazioni di FUSS è aver creato dei docenti che oltre a una preparazione tecnica nella gestione delle reti, avevano una formazione didattica tale da supportare i colleghi nel loro lavoro quotidiano in classe. Una parte delle ore di servizio venivano dedicate a questa funzione. In questi anni queste figure sono state eliminate piano piano (risparmi sul personale) a favore di tecnici della Ripartizione informatica, lasciando così sguarnito il versante della didattica con le tecnologie”, puntualizza il comitato che infine dichiara: “Crediamo che gli studenti abbiano bisogno di tecnologie le più aperte possibili, perché la scuola è un luogo di sperimentazione e deve garantire la possibilità di ampliare il campo delle esperienze. Non crediamo che tornare a sistemi Windows proprietari porti a migliori occasioni di apprendimento”. Nel frattempo, per chiedere ulteriori spiegazioni e dira la propria in merito al progetto accantonato, si sono mobilitati anche i docenti (referenti tecnici) delle scuole in lingua italiana che hanno scritto una lettera aperta indirizzata a Vettorato, al sovrintendente e alla ministra per l’Innovazione Tecnologica e l’Informatizzazione Paola Pisano.

 
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Toomai - Mo., 03.02.2020 - 23:14

Il paradigma OpenSource che sta alla base del sistema informatico per la didattica FUSS prevede nella sua licenza d'uso la possibilità di riutilizzo e di eventuale estensione o miglioramento da parte di chiunque del sistema stesso. FUSS ha riscosso sin dal suo esordio notevole riscontro (https://joinup.ec.europa.eu/collection/open-source-observatory-osor/doc…). La proposta formativa per l'uso delle componenti didattiche disponibili in FUSS è ampia e sempre attuale (https://piano-aggiornamento.fuss.bz.it/login/). Ogni altra scuola italiana od europea o estera che volesse porre in uso FUSS, lo potrebbe fare semplicemente scaricandolo dal sito (https://www.fuss.bz.it/) dell'Intendenza Scolastica in Lingua Italiana della Provincia di Bolzano; questo sia per le componenti server che per quelle dei singoli client utilizzabili in classe ovvero sui pc e notebook nelle case degli studenti. La possibilità di contribuire miglioramenti è aperta a tutti, Enti compresi.
È stata la possibilità di poter "mettere le mani" all'interno di un sistema a codice aperto come FUSS che ha permesso ad un giovane studente bolzanino di soddisfare la sua insaziabile curiosità per l'uso proficuo dell'informatica (https://opensource.org/node/1007).
La Provincia di Bolzano ha speso nelle Scuole in Lingua Tedesca e Ladina, durante i 14 anni di vita di FUSS, per licenze Microsoft e aggiornamento dell'hardware necessario, da 5 a 8 milioni di euro (i dati complessivi non sono mai stati resi disponibili).
Perchè non ci domandiamo dove e cosa sarebbe oggi FUSS se si fossero investiti (e non solamente "spesi" oltre-oceano) quegli stessi denari per sostenere e migliorare questo sistema (realizzato- non dimentichiamolo mai- con investimento di denaro pubblico) e completarlo in quelle componenti che parte dei docenti ritiene, a suo giudizio, ancora non adeguate?
La Provincia di Bolzano, che già in altri settori investe in sistemi aperti (vedi ad esempio la grande quantità di Open Data http://dati.retecivica.bz.it/it/), avrebbe potuto attivamente appoggiare la crescita di FUSS, arrivando a "sponsorizzarne l'uso" presso altre Regioni, agendo così in linea con la normativa nazionale (DEC).
Perché non si è agito in questo modo?
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Per contro, ripensando a meno recenti avvenimenti, cos'altro ci si può tristemente attendere da un Ente capace di progettare e finanziare per diversi anni il progetto aperto LibreBZ (https://joinup.ec.europa.eu/collection/open-source-observatory-osor/new…) per poi, repentinamente, gettarlo alle ortiche assieme agli investimenti fatti, con un volta faccia che nessuno ha mai pubblicamente e pienamente spiegato?

Mo., 03.02.2020 - 23:14 Permalink
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Massimo Mollica Mi., 05.02.2020 - 00:16

Sottoscrivo in pieno tutte le considerazioni fatte sia nell' articolo che nel commento.
Detto questo credo che la logica il buon senso non servano a nulla. Chi è al comando della cosa pubblica e deve prendere delle decisioni è culturalmente lontano dagli aspetti informatici. Basti prendere a esempio la gestione informatica sanitaria oppure la semplice carta d'identità digitale. Sono fortissimi nelle mele e vino ma quando si tratta di computer sanno usare a malapena l'Iphone.

Mi., 05.02.2020 - 00:16 Permalink