Il professore e il futuro
Non era difficile da prevedere ma è bastato poco, complici i crismi dell’ufficialità, per ricacciare nell’angolo la fanfara di polemiche che ha accompagnato, stonando, le celebrazioni a Merano, per i 25 anni della quietanza liberatoria, la chiusura della vertenza altoatesina davanti alle Nazioni Unite e di un complicato conflitto diplomatico. È bastato poco, si diceva, per sostituirla con note e intenzioni, sullo spartito, più melodiose.
Dopo il valzer dei protocolli, i flash dei fotografi, le auto blu e le strette di mano, il discorso del presidente austriaco Alexander Van der Bellen, che ha avuto il merito di rimpicciolire tutti i propalatori delle divisioni e i soliti fomentatori seriali. A cominciare dalla gioventù della Südtiroler Freiheit che non ha perso occasione per scendere in piazza, stavolta con dei palloncini neri per ricordare i trattati post prima guerra mondiale che assegnarono l'Alto Adige all'Italia, precisando che “i torti non vanno in prescrizione, nemmeno dopo 98 anni”.
Van der Bellen è naturalmente il presidente “sbagliato” per assecondare i secessionisti, da buon Verde e da convinto europeista insiste sulla condivisione e la cooperazione, da portare avanti con l’aiuto dell’Italia. E punta al futuro assicurando che l’Austria si impegnerà perché l’autonomia del Sudtirolo “venga ulteriormente sviluppata”. Il Presidente sembra voler ridurre ogni distanza, ricorda di essere nato nella Kaunertal, in Tirolo, e lo fa per tracciare una linea empatica quando parla del Brennero e del cosiddetto “Grenzemanagement” che l’anno scorso venne proposto al fine di arginare i flussi migratori diffondendo paure e malumori. Plaude la cooperazione transfrontaliera sublimata nell’Euregio.
La battaglia per l’autonomia del Sudtirolo, dice dal podio della sala del Kurhaus, è stata lunga, difficile e segnata da drammatici eventi, ma oggi, questa autonomia, è un modello a cui guardare. Una lode che verrà conferita anche dal suo omologo Sergio Mattarella con il quale Van der Bellen condivide spirito europeista e mitezza dei toni. Con Mattarella, peraltro, il Presidente della Repubblica d’Austria si era già incontrato circa un mese fa al Quirinale, un ulteriore segno di confermata vicinanza fra Vienna e Roma. Il professore austriaco ha infine ripreso un’affermazione fatta dal presidente Kompatscher assicurando l’impegno comune per garantire il meglio a questa “piccola Europa nel cuore dell’Europa”.
Il Kursaal ascolta in religioso silenzio, silenzio rotto solo, qua e là, da uno scroscio educato di applausi. Non è la cornice adatta per sfoggiare la peculiare vena provocatoria che in diverse occasioni ha contraddistinto il professore-politico, come quando, lo scorso aprile, aveva evocato la possibilità di chiedere un giorno a tutte le donne di indossare il velo, in segno di solidarietà contro l’islamofobia. Quello del Kursaal è il palcoscenico delle grandi occasioni, dove enfatizzare il gesto sartoriale, imbastire il futuro, incardinare coram populo (o quasi) una mutua collaborazione. Perché non è solo l’Europa a chiedercelo.