Umwelt | Nucleare

Nucleare, ci sono cambiamenti?

Il fisico e divulgatore scientifico Luca Romano, alias l'Avvocato dell'atomo, sulle frontiere dell'energia nucleare come lotta alla decarbonizzazione (mentre il Governo lavora al ritorno delle centrali in Italia).
energia nucleare
Foto: xceed
  • É notizia di questi giorni che il governo stia prendendo accordi per finanziare la costruzione di nuove centrali nucleari. Da quando l’Unione Europea ha lanciato il green new deal e la necessità di arrivare a tagliare, e successivamente azzerare, le emissioni di anidride carbonica, il dibattito sulla produzione di energia è tornato in primo piano, portando con sé l’annosa questione legata alle centrali nucleari. Le rinnovabili sono la sola energia verde? Saranno sufficienti per abbattere l'emissione di CO2? Già appena insediatosi il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, Pichetto Fratin, si è detto aperto a finanziare progetti per la costruzione di nuove centrali e, da come riporta anche un articolo de Il Post, sembra che tali progetti stiano prendendo forma.

    In Italia il nucleare è stato a lungo oggetto di numerosi tabù, in una discussione spesso inquinata da posizioni ideologiche fortissime ed identitarie, che continuano a dividere in maniera netta gli schieramenti, e che ha sofferto di mancanza di ancoraggio scientifico, senza considerare quasi mai dati, statistiche e studi, guardando poco agli esempi virtuosi o meno dei paesi che, invece, prevedono il nucleare tra le proprie fonti. Un modo di operare che, nel tempo, ha interessato, e continua ad interessare, altri argomenti diventati oggetto di tifo lontano dalla scienza, come nel caso di OGM, omeopatia o agricoltura biodinamica. Per far luce su alcuni aspetti, considerati controversi, dell’energia nucleare abbiamo intervistato Luca Romano, fisico e divulgatore scientifico conosciuto come l’Avvocato dell’atomo, che da anni si batte contro (a suo dire) le tante fake news. 

    SALTO: Luca Romano, qual è lo stato del dibattito in Italia? 

    Luca Romano: Per molto tempo le scenario è stato molto polarizzato e legato a fazioni politiche. Nonostante si tratti ancora di una battaglia identitaria, che identifica la contrarietà o meno al nucleare come un'appartenenza ad uno schieramento politico, secondo la quale la destra si dichiara favorevole, mentre gli ambientalisti di sinistra alzano un muro, legati soprattutto ad una tradizione che vedeva la lotta al nucleare tipica del vecchio ambientalismo che metteva insieme, confondendolo, nucleare militare e civile, lo scenario sta cambiando, non solo in Italia: i sondaggi riscontrano un’inversione di tendenza, soprattutto nei giovani, con percentuali di consenso al nucleare decisamente importanti. 

  • Luca Romana, l'Avvocato dell'Atomo: "Si tratta di un’energia sicura, che presenta notevoli vantaggi, a partire dagli spazi che occupa, ai Gigawatt che produce, alle possibilità di stoccaggio e ai costi in bolletta." Foto: privat
  • C’è un problema di mancanza di educazione scientifica? 

    Sicuramente statistiche, numeri e studi fanno fatica ad affermarsi, non solo nell’ambito dell’energia nucleare. Moltissimi temi soffrono la mancanza di un apporto legato alla scienza, siamo soliti criticare gli esponenti politici per gli errori grammaticali ma non facciamo altrettanto per le bufale in ambito medico o fisico, anzi, purtroppo stentiamo a riconoscerle. 

    Nella lotta alla decarbonizzazione, invece, il nucleare gioca un ruolo fondamentale? 

    Si tratta di un’energia sicura, che presenta notevoli vantaggi, a partire dagli spazi che occupa, ai Gigawatt che produce, alle possibilità di stoccaggio e ai costi in bolletta. Anche il problema delle scorie, usato come spauracchio, non rappresenta in realtà un vero problema, poiché il materiale da smaltire è limitato, viene conservato in contenitori testati per resistere a moltissimi agenti, compresi terremoti ed esplosioni e, come dimostrano i depositi finlandesi, possono essere stoccati in maniera del tutto affidabile. Dobbiamo, inoltre, considerare che ogni paese ha comunque bisogno di gestire materiale radioattivo, proveniente da centri di ricerca ed ospedali, ma l’Italia si rifiuta di costruire siti anche in questo caso, incorrendo in procedure d’infrazione. 

    É impossibile arrivare a decarbonizzare mediante il solo solare ed eolico

    Le sole fonti rinnovabili non basterebbero a coprire il fabbisogno nazionale? 

    É impossibile arrivare a decarbonizzare mediante il solo solare ed eolico. Nel caso di queste due fonti, anche non considerando la questione legata alla fabbricazione e allo smaltimento dei materiali, lo spazio necessario per costruire campi di pannelli o file di pale eoliche è molto esteso, un esempio: per arrivare a fornire energia ad una città come Milano servirebbe un’area destinata al fotovoltaico pari all’estensione di Milano stessa. Non si devono considerare infatti solamente i pannelli, ma anche la tecnologia necessaria a stoccare l’energia che possa essere utilizzata quando i pannelli non funzionano, perché essendo legati agli agenti atmosferici, non parliamo di impianti a ciclo continuo. Agenti atmosferici, come grandine o neve, che possono poi provocare danni ingenti, con una manutenzione continua, come nel caso del defronsting per le pale eoliche, che avviene gettando dagli elicotteri acqua bollente sulle pale congelate. Non sto dicendo di non considerare tali fonti, ma bisogna conoscerne tutti gli aspetti. 

    Una delle obiezioni più forti è quella che riguarda costi e tempi…

    In realtà tutti gli investimenti in campo energetico richiedono somme ingenti, nel bilancio non si considerano mai i 10 miliardi di euro che spendiamo ogni anno in finanziamenti alle fonti rinnovabili. Il costo maggiore per le centrali nucleari è rappresentato spesso dai tassi d’interesse sui capitali necessari all’investimento. In tal senso si stanno facendo alcuni passi avanti e il tema è sul tavolo, sperando nella possibilità di un tetto ai tassi, come avviene in altri settori. Per i tempi si può parlare di una media di 12 anni, divisi in 4 di atti burocratici e 8 di lavori, sicuramente di più di un campo solare, ma parliamo di impianti che poi saranno capaci di produrre per decenni, consumando poco combustibile. 

    Non servono grandi quantità di uranio? 

    Il mercato dell’uranio è decisamente piccolo, sia per la quantità necessaria alla produzione di energia sia per la quantità di scarto prodotto, che, come avviene in Francia, può anche essere parzialmente riciclato. Un dato che toglie potere anche all’argomento delle infiltrazioni mafiose, senza considerare il livello di altissima sicurezza, attenzione a protocolli e controlli, anche internazionali, che ci sono in caso di costruzioni di centrali, che non ha pari in nessun altro ambito. Proprio l'incidente di Chernobyl, possibile solamente nell'URSS che utilizzava reattori RMBK non usati neanche all'epoca in Occidente, ha generato un timore tale da innalzare ancora di più le procedure per la sicurezza, con dei modelli che rappresentano un unicum virtuoso tra tutte le infrastrutture. 

    Il nucleare funziona molto bene e, in alcuni casi, le aree vicine alle centrali sono diventate zone interessate da progetti faunistici

    Proprio la Francia rappresenta un ottimo esempio? 

    Il programma nucleare francese è nato in realtà come reazione alla crisi petrolifera degli anni ‘70 e alla paura della dipendenza da altri paesi per la produzione di energia. La necessità di decarbonizzare non era tra gli obiettivi all’epoca ma ad oggi la Francia ha un incredibile vantaggio e il sistema francese è già praticamente decarbonizzato, con un costo dell’energia nettamente meno pesante in bolletta. Anche in altre nazioni, come Canada o USA, il nucleare funziona molto bene e, in alcuni casi, le aree vicine alle centrali sono diventate zone interessate da progetti faunistici, come nel caso del coccodrillo della Florida che si riproduce vicino alle centrali o delle balene nelle baie delle coste canadesi, poiché intorno alle centrali è interdetta la navigazione e le acque sono pulite e tranquille. 

    La Germania invece ha dimostrato poca lungimiranza?

    I fattori che hanno portato allo spegnimento dei reattori sono legati alle politiche energetiche degli anni ‘90. Da un lato, fatto ormai assodato, c’era una pressione russa, concretizzatasi soprattutto nella figura dell’ex cancelliere Schröder, dall’altra la possibilità di produrre carbone direttamente nella zona della Ruhr. Ad oggi la Germania continua a bruciare carbone, ma non credo che possa ammettere una rettifica della scelta sul nucleare, sebbene sarebbe in grado di riattivare alcuni reattori nel giro di un anno. 

    Il Trentino-Alto Adige potrebbe essere un buon sito per una centrale? 

    Nonostante sia una regione ricca di acqua non ci sono grandi bacini, necessari per il raffreddamento. L’unica zona potrebbe essere quella del lago di Garda, vicino a regioni ad alta densità di industrie come Veneto e Lombardia. In realtà, vista la conformazione italiana, sarebbe più facile avere delle centrali vicino al mare, che potrebbero sostituire i già esistenti impianti a carbone, come a La Spezia, Civitavecchia, Brindisi…

    Tutti gli investimenti in campo energetico richiedono somme ingenti, nel bilancio non si considerano mai i 10 miliardi di euro che spendiamo ogni anno in finanziamenti alle fonti rinnovabili

    Servirebbero molte centrali? 

    Se pensiamo al fabbisogno attuale italiano e lo proiettiamo anche verso una crescita nel tempo, siamo nell’ordine di 7 o 8 centrali, composte da più reattori, nel caso di impianti abbastanza grandi. 

    Senza nucleare l’Italia potrà raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione? 

    Mi rendo conto che, vista la maggiore velocità di costruzione, campi eolici e fotovoltaici siano un capitale più spendibile politicamente, mentre il timore di vedere il progetto di una centrale nucleare, che dura necessariamente più legislature, approvato da un governo e poi stralciato dal successivo tenga lontani gli investitori. Emblematico è il caso di Caorso: la centrale venne aperta nell’84 e chiusa nell’87 a causa del referendum, con uno spreco ingente di capitali. Credo, però, che sia impossibile raggiungere gli obiettivi UE con le sole fonti rinnovabili, insufficienti  per arrivare alla produzione di energia pulita. Servirebbe, invece, una base di energia nucleare pari ad almeno il 30% della produzione, anche se io opterei per un 40%. Del resto negli USA c'è un consenso trasversale, Trump e Biden hanno investito in nucleare, e anche nel programma di Harris c'è la conferma su tali fondi, bisogna prendere atto che delle indicazioni dei report sul tema e comprendere, finalmente, che il nucleare è un energia green.