"Metto in scena le radici dell'orgoglio"

-
SALTO: Bozzo, lei parteciperà al Thrive Festival con una lezione dedicata alle radici e alla storia del movimento LGBTQIA+ in Italia. Da dove nasce il desiderio di studiare questo movimento e di trasformarlo in un libro, una lezione, un racconto?
Giorgio Umberto Bozzo: Tutto nasce da una curiosità. Era il 1992, tornavo da un viaggio negli Stati Uniti dove avevo acquistato un libro appena uscito, molto pubblicizzato: Making History. L’autore, Eric Marcus, aveva intervistato decine di persone coinvolte nel movimento di liberazione omosessuale americano — attivisti o testimoni diretti — dagli anni Cinquanta fino agli Ottanta, nel pieno dell’emergenza AIDS. Tornai in Italia con il desiderio di scoprire quale fosse stato il percorso del movimento nel nostro Paese. Mi recai alla libreria Babele di Milano — allora l’unica libreria LGBT esistente — e chiesi al gestore, Gianni Delle Foglie, di darmi tutto ciò che parlava della storia del movimento omosessuale italiano. Mi rispose: “Non c’è nulla.” E poi aggiunse: “Perché non lo scrivi tu?”. Sembrava una battuta, ma quelle parole mi rimasero in testa…
"Mi sentivo come uno di quei collezionisti che possiedono capolavori nascosti in cantina. Avevo un archivio ricchissimo, ma non lo stavo condividendo"
Dopo quell’imput, come è iniziato il processo di ricerca?
Decisi di fare “un’operazione alla Eric Marcus”: presi un registratore professionale e iniziai ad intervistare le prime persone. Intervistai uomini e donne anziani, settantenni e ottantenni, per capire com’era la vita omosessuale del dopoguerra. Ogni incontro portava a un altro nome, a un’altra storia: si creava una rete di contatti. Quell’indagine è andata avanti per trent’anni, dal 1992 fino al 2020-21. Durante il lockdown mi resi conto che si stava avvicinando un anniversario importante: il cinquantesimo della nascita del movimento omosessuale in Italia, iniziato il 15 aprile 1971.
-
Cos'è Thrive+ Festival
Domani, sabato 11 ottobre, inaugurerà a Brunico la seconda edizione di Thrive Festival, un evento dove lo sviluppo del potenziale, le pari opportunità e il coraggio per il futuro prendono forma. Il programma di quest'anno prevede oltre 25 eventi per un'esperienza speciale: keynote, panel, workshop e performance su diversità, inclusione e shaping del futuro. Tra gli altri, speaker quali Cathy la Torre (avvocata e attivista LGBTQAI+), Daniela Prugger (corrispondente di guerra), Christian Contarino (Alto Adige Pride-Centaurus), Johanna Mitterhofer (Eurac) e il Presidente della Provincia Arno Kompatscher. Thrive+ riunisce le persone-donne, persone FLINTA* e oltre: all genders welcome-con nuove idee, input efficaci e incontri autentici. A differenza dei formati esperienziali, Thrive+ è concepito come un movimento "attivante", in cui l'empowerment personale va di pari passo con la responsabilità sociale.
Foto: Laura Graf -
Arriviamo al 2021, cinquant’anni dopo quella data…
La ricerca che avevo portato avanti sulla storia della comunità aveva aperto una diga: mi sono accorto di avere un patrimonio immenso — quasi 400 testimonianze registrate e circa 12.000 articoli raccolti in trent’anni. Mi sentivo come uno di quei collezionisti che possiedono capolavori nascosti in cantina. Avevo un archivio ricchissimo, ma non lo stavo condividendo, così ho deciso di far coincidere i cinquant’anni dalla nascita del movimento omosessuale italiano con la restituzione di ciò che avevo trovato. Le Radici dell’Orgoglio è nato per questo: per restituire questo patrimonio alla comunità. Recuperare la memoria e le radici comuni significa dare forza e dignità a un gruppo. La parola orgoglio — che celebriamo ogni 28 giugno — ha senso solo se è riempita di significato. E uno dei significati più importanti è la storia: sapere da dove vieni.
"Nel 2025, in televisione, una conduttrice pone ancora una domanda che mezzo secolo fa sarebbe stata considerata sciocca"
Si dice spesso che, per quanto riguarda i diritti della comunità LGBTQIA+, stiamo tornando indietro rispetto alle libertà conquistate. È una visione corretta?
Assolutamente sì. Faccio un esempio molto concreto: qualche giorno fa, nel programma TV della Rai Uno Mattina in Famiglia, Ingrid Muccitelli ha chiesto “Come si riconosce un gay?”, facendo partire una conversazione, a tratti molto imbarazzante, in cui si faceva una specie di identikit delle persone omosessuali attraverso gli stereotipi. Ecco, già nel 1973 (più di cinquant’anni fa) sulla rivista popolare Due più, una pubblicazione della Mondadori, si diceva che l’aspetto esteriore non determinasse l’orientamento sessuale. Si leggeva: “Attenzione, perché potreste incontrare una persona dall’aspetto effeminato che in realtà è eterosessuale, così come una persona dall’aspetto virile può essere omosessuale.” Nel 2025, in televisione, una conduttrice pone ancora una domanda che mezzo secolo fa sarebbe stata considerata sciocca. Ci sono forze politiche e culturali che lavorano per ristabilire un ordine tradizionale, spesso in nome della “famiglia naturale” o di valori che vengono presentati come universali, ma che in realtà escludono. È un meccanismo subdolo…
-
Giorgio Umberto Bozzo
Giorgio Umberto Bozzo (Rapallo, 1963) è un autore radiotelevisivo, drammaturgo,
regista teatrale e produttore culturale. Per oltre trent’anni si è occupato di ricerca
e di raccolta di testimonianze sulla storia sociale e politica del movimento e della
comunità LGBTQIA+ del nostro paese. -
Cosa intende?
Non si nega più apertamente l’esistenza delle persone LGBTQIA+, ma si cerca di renderle marginali. Lo vediamo nella narrazione contro le persone trans, che sono diventate il bersaglio principale di campagne di disinformazione e di odio. Oppure nel modo in cui si discute di gestazione per altri, con un linguaggio violento e ideologico — basti pensare all’uso dell’espressione “utero in affitto”, che è un’invenzione retorica, non un termine giuridico. Questi segnali ci dicono che una parte della società vuole ricondurre la diversità all’interno di categorie di colpa o di patologia. È una forma moderna di repressione, più sofisticata ma altrettanto pericolosa.
In questo contesto, che cosa possono imparare le nuove generazioni queer dalla storia del movimento italiano?
Prima di tutto, l’orgoglio. Può sembrare banale, ma è fondamentale. Lo vedo quando tengo le mie lezioni — da due anni porto in giro una lezione-spettacolo ispirata ai miei libri, come quella che porterò domani al Thrive Festival. I giovani restano colpiti, perché non conoscono questa storia. In realtà, pochi la conoscono davvero. È un modo per entrare in contatto con sé stessi non solo sul piano personale, ma anche sociale. Ti fa sentire parte di un gruppo, di una storia collettiva.
-
Tra tutte le testimonianze che ha raccolto, ce n’è una che l’ha colpita in modo particolare?
Sì, molte in realtà. Ma una mi viene subito in mente: l’omicidio di Ermanno Lavorini, un bambino di 12 anni rapito nel 1969 a Viareggio la sua città, e ritrovato morto a Marina di Vecchiano (a 11 km) dopo circa 40 giorni. All’epoca la sua scomparsa fece scalpore. Per settimane la stampa e la magistratura seguirono una pista che collegava il delitto agli “ambienti del vizio”, cioè agli omosessuali, perché il bambino era stato visto vicino a una pineta frequentata da persone gay. I giornali alimentarono una campagna violentissima: per la prima volta in Italia, la cronaca nera associò apertamente omosessualità e pedofilia. L’omosessuale divenne nell’immaginario collettivo un potenziale corruttore di minori, un criminale.
Come si concluse la vicenda?
Solo dopo oltre un anno d’indagini si scoprì che l’assassinio era stato commesso da un gruppo di giovani neofascisti e pseudo-monarchici, che avevano rapito il bambino per chiedere un riscatto da usare per acquistare esplosivi e partecipare alla strategia della tensione. Quella vicenda segnò profondamente l’immagine pubblica dell’omosessuale, costruendo uno stigma durato decenni: quello del “mostro”, del “deviato”, del “malato”. Ecco perché il movimento di liberazione omosessuale è stato così necessario: per restituire verità, dignità e voce a chi per troppo tempo era stato schiacciato da una narrazione di malattia, criminalità e peccato.
-
Weitere Artikel zum Thema
Society | La parataIl Pride arcobaleno invade Bolzano
Society | AnkündigungDas Thrive+ Festival kommt nach Bruneck
Stimme zu, um die Kommentare zu lesen - oder auch selbst zu kommentieren. Du kannst Deine Zustimmung jederzeit wieder zurücknehmen.