Politik | Autodeterminazione

A.A.A.: Indipendentisti cercasi

Sabato 18 maggio, a Merano, gli Schützen propongono una “festa folcloristica” sul tema dell’autodeterminazione. Intanto si cercano italiani disposti a dar manforte ai soliti noti.
Andrea Valentino
Foto: Salto.bz

Possiamo immaginarci il tema dell’autodeterminazione come un carro – o un carrozzone – che di tanto in tanto attraversa il discorso pubblico sudtirolese. Perlopiù questo carro è guidato dalle solite persone. Possiamo chiamarle “i professionisti dell’autodeterminazione”. Però si trova anche qualche volto nuovo, e allora ecco l’impressione che qualcosa si muova sul serio. Impressione ingannevole: ciò che rimane costante è la mancanza di un vero progresso degli argomenti portati in favore della causa secessionista. Continuano a prevalere invece pressappochismo e dubbia voglia di protagonismo.

Tra quelli sempre un po’ indecisi se salire o meno sul carro – o per meglio dire: con un piede fuori e l’altro dentro – troviamo la Svp. Martha Stocker, in un’intervista pubblicata dall’Alto Adige, ha affermato che “libertà e indipendenza sono gli obiettivi di ogni minoranza”. Parole certo apprezzate da Roland Lang (Süd-Tiroler Freiheit), il quale ha allestito di recente un repertorio di citazioni allo scopo di dimostrare che la finalità del partito di raccolta non è tanto (o non dovrebbe essere) quello di difendere l’autonomia, quanto piuttosto quello di puntare con decisione all’indipendenza (nel 1993, cioè un anno dopo la “quietanza liberatoria”, nel programma del partito si poteva ancora leggere che “die SVP bekräftigt die Unverzichtbarkeit des Selbstbestimmungsrechtes der Südtiroler”). Come noto la Svp ha però molte anime, e all’interno del partito la diversificazione delle posizioni talvolta riesce a rasentare la contraddittorietà senza danneggiare la sua logica di fondo: accontentare (e dunque anche deludere) contemporaneamente quasi tutti i suoi interlocutori.

Volendo parlare sensatamente di autodeterminazione bisognerebbe porsi piuttosto una domanda stringente: che cosa è mutato adesso – cioè proprio “Iatz” – per riproporre con maggiori probabilità di successo una questione che a livello internazionale (e includiamo ovviamente l’Italia e l’Austria tra i principali attori di questa partita) nessuno mostra l’interesse di riaprire? In realtà pochissimo. Ed è forse per questo che, da un po’ di tempo a questa parte, qualcuno ha compreso che soltanto mobilitando l’intera popolazione residente a favore della “causa”, dunque non sottolineando più esclusivamente le prerogative delle “minoranze”, sarebbe possibile riaprire i giochi, almeno prospetticamente (i Freiheitlichen hanno ottimisticamente previsto quattro anni di tempo).

Così ultimamente si cercano disperatamente nuovi attori sensibili al tema. Ma quanta credibilità possono avere, alla fine, neofiti del genere? E soprattutto, visto che dovrebbero essere in particolari gli “italiani” a montare sul carro indipendentista, quali sono le posizioni emerse di recente in grado di sostenere questa tendenza? A parte qualche provocazione (Alessandro Bertoldi, del Pdl, ha affermato che non vedrebbe malvolentieri un referendum che prospetti l’ipotesi di un Alto Adige libero soprattutto di riaprire le case chiuse e i casinò per attirare tanti facoltosi turisti), qualcuno al massimo si dichiara interessato “a parlarne” – il Movimento 5 Stelle promuove per esempio un incontro esplorativo –, tuttavia senza indicare concretamente né come, né con chi, né tantomeno in vista di cosa (Elena Artioli, annunciando la sua presenza al raduno di sabato, ha scritto che “male che vada, potremmo farci una cultura della musica tradizionale catalana, basca e scozzese”). Insomma, “male che vada”, intanto godiamoci la festa e scherziamo un po’ col fuoco. Poi si vedrà.