*Un’ esistenza nomade

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Testo: Carlo Calderan, Presidente Fondazione Architettura Alto Adige, da gennaio 2015 a ottobre 2021, per Turris Babel No.135 Ein Haus der Architektur | Una casa per l’architettura
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Dalla chiusura dello spazio in Via Rosmini a Bolzano la Fondazione Architettura Alto Adige è rimasta senza fissa dimora per le sue attività culturali. Sembra quasi un contrappasso che proprio chi si occupa di ciò che è più stabile, immobile e sedentario, l’architettura, sia condannato ad una esistenza nomade.
Una spinta all’esterno, un desiderio di comunicazione
Questa natura erratica, non necessariamente negativa, ci ha negli anni costretto e stimolato a cercare i luoghi di volta in volta diversi in cui poter parlare di architettura, tra noi e soprattutto con la società altoatesina. Una spinta all’esterno, un desiderio di comunicazione che sono del restola ragione stessa per la quale l’Ordine degli Architetti di Bolzano ha dato vita nel 2004 ad una propria Fondazione. Meglio ancora, sono aspetti che connaturano il lavoro e la condizione del fare architettura. La nostra professione ha bisogno di consenso, ciò che facciamo è indispensabile, come ciò che fa un medico o un avvocato, ma è fragile: per riuscire bene serve l’appoggio di molti soggetti, solo uno dei quali siamo noi. All’architettura serve una comunione di intenti che gli architetti faticano a costruire. Ci sentiamo infatti sempre messi in discussione, in dovere di giustificarci, di difendere le nostre ragioni che noi percepiamo come forti, ma sono invece intese dai più come secondarie e meno certe del valore lambda di un rivestimento termico. La comprensione e il superamento di questa «diffidenza» è stato uno dei nodi che la Presidenza di Wofgang Thaler ha affrontato a metà degli anni 10’ spingendo la Fondazione ad occuparsene.La nostra professione ha bisogno di consenso ma è fragile
Per questo la Fondazione ha lavorato in questi anni ad allargare la platea dei nostri interlocutori, spostando le conferenze nelle sedi delle ditte con cui lavoriamo, cercando un contatto con il mondo dell’agricoltura con il »Bauern(h)auszeichnung«, rendendo disponibile a tutti la somma del nostro lavoro con il sito »arch.atlas«, cercando di trasformare il Premio Architettura da riflessione »privata« attorno al nostro fare ad evento che aiuti a far percepire la costruzione di un edificio come un fenomeno culturale di interesse collettivo. Senza dimenticare le varie edizione delle »Giornate dell’architettura« con le quali abbiamo esplorato ogni valle altoatesina alla ricerca delle nostre opere meglio riuscite, ma pure dei molti problemi che lo sviluppo di questi anni ha prodotto.
Ciò detto ci si potrebbe chiedere a cosa serva in fondo una casa dell’architettura in una regione policentrica come la nostra e per un oggetto, l’architettura, che non può esser certo trasferito e imprigionato in un luogo, per la quale cioè il modo migliore di comprenderla è andare a vederla direttamente. -
*Ausgehend von Turris Babel #135 werden wir im kommenden Jahr – im Wechsel zu unserem üblichen Zwei-Wochen-Rhythmus – Texte und Beispiele zu einem möglichen Haus für die Architektur in Südtirol präsentieren. Damit möchten wir das Thema einer breiten Öffentlichkeit nahebringen und gemeinsam die Vorteile sowie die Bedeutung einer solchen Institution für Südtirol erkunden.
Ein besonderer Dank gilt dem Team von Turris Babeunter der Leitung von Alberto Winterle sowie dem Kurator dieser Ausgabe, Andreas Kofler, die sich diesem Thema angenommen und es weiterentwickelt haben.
Bisher:
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Nel 2015 la Fondazione Cassa di Risparmio che da poco aveva acquisito la »Casa della Pesa« a Bolzano con lo scopo di destinarla ad attività culturali, lanciò un bando per cercare l’istituzione in grado di utilizzarne gli spazi. Questa richiesta ci costrinse a riflettere sul nostro ruolo, sulle nostre potenzialità e sui limiti della nostra azione. Ute Oberrauch che lavorò allora alla nostra candidatura raccolse e documentò l’attività di istituzioni analoghe in Austria, Germania e Italia, facendo emergere una mancanza che fino ad allora non avevamo percepito. Le case dell’architettura non sono un museo in cui rinchiudersi a parlare tra noi, ma al contrario un luogo pubblico, riconoscibile in cui al costruire, cioè all’attività più pervasiva che investe il nostro territorio, è riservato uno spazio di discussione. Di fatto l’architettura è lo spazio che ci circonda e che attraversiamo quotidianamente nelle nostre vite per questo non può rimanere né semplice scenografia, ne disciplina per pochi. A questo serve una casa dell’architettura: a riconoscere in un luogo fisico l’importanza quotidiana della cultura dell’architettura e del progetto come valore comune, a far sì che i cittadini se ne sentano parte integrante e soprattutto attiva. Un luogo così ci manca e spingerebbe la nostra Fondazione a fare un salto organizzativo ad abbandonare almeno in parte la dimensione volontaristica che oggi la caratterizza, nel bene, per la passione che chi ci lavora mette in quello che fa, e nel male per la sporadicità dei nostri interventi sempre dipendenti dal tempo che riusciamo a dedicare oltre le nostre attività professionali. Partendo da quel primo tentativo, la ricerca di una casa negli anni successivi è diventata un tema comune a Fondazione, Ordine ed arch.academy ed è stato creato un apposito gruppo di lavoro coordinato da Yvonne Kreithner.
l’architettura è lo spazio che ci circonda e che attraversiamo quotidianamente nelle nostre vite
Nel 2019 l’allora presidente Johannn Vonmetz ha firmato una richiesta congiunta delle tre istituzioni per la concessione da parte dell’amministrazione provinciale di un luogo adatto ad ospitarne le attività consapevoli che una futura casa dell’architettura non debba comunque limitarsi ad esse ma debba necessariamente estendersi alle molte istituzioni che ne hanno a cuore il tema. Nel tempo abbiamo chiesto di trasferirci al Noi Techpark, sognato di occupare la vecchia sede abbandonata dell’Alto Adige di Armando Ronca, ci hanno proposto di traslocare al Renon, di riaccendere Archimood e abbiamo provato a pensare come saprebbe la »Blaues Haus« Walther Norden trasformata in casa dell’architettura. Finora una vana ricerca. Cos’è del resto il nostro stesso logo se non la rappresentazione grafica di un desiderio: un tunnel che, più avanziamo, più si stringe e si allunga, ma forse anche già il perimetro inafferrabile e sghembo di una futura casa.