Lupo, arrivano le quote di abbattimento
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Qualcosa si muove sulla gestione del lupo. Martedì 18 febbraio l’ISPRA (Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale) ha presentato alcuni protocolli tecnici in cui sarebbero fissate le quote massime delle uccisioni di lupi per Regione e per le Provincie autonome di Trento e Bolzano. Sulla base del censimento nazionale del 2021, che stimava la presenza in Italia di circa 3.300 lupi, è stata stabilita la quota ammessa di prelievi che è tra il 3 e il 5%, dunque tra 100 e 160 lupi. Secondo Mauro Fattor, che ha dato la notizia sul portale Il Dolomiti, si tratterebbe di una quota estremamente prudenziale che si basa sulle effettive consistenze territoriali. In partica, per il 2025 l’Alto Adige potrà prelevare 1-2 esemplari, il Trentino tra i 3 ed i 5, il Piemonte tra i 10 ed i 17, l’Emilia-Romagna tra i 9 e i 15, la Toscana tra i 13 e i 22 e così via. Il protocollo, già attivo, potrebbe essere utilizzato esclusivamente per animali pericolosi, confidenti o particolarmente dannosi. La situazione, secondo l’esperto, rimarrà comunque quella di una gestione che, per la prima volta, propone un “prelievo sostenibile” degli esemplari, pur mantenendo fermo lo stato di conservazione della specie, il cui controllo spetta ad Ispra e al Ministero per l’Ambiente e dovrà in ogni caso
“Non è apertura della caccia, non è l’abbandono di una politica rigorosa di tutela della specie”.
Secondo Fattor, a cambiare radicalmente sarebbe l’approccio alla gestione del lupo. “Su questo punto Ispra è stata estremamente chiara, qualunque cosa accada in Europa con la procedura di abbassamento dello status di protezione, l’obbligo per gli Stati è e sarà sempre quello di mantenere uno stato favorevole di conservazione della specie e il controllo spetta ad Ispra e al Ministero per l’Ambiente. E questo vale per tutti e su base territoriale. Messaggio chiaro anche alla Provincia di Bolzano che aveva cercato di ottenere abbattimenti in deroga facendo leva sulle buone consistenze di lupo in Trentino. Niente furbate. Non è apertura della caccia, non è l’abbandono di una politica rigorosa di tutela della specie”.
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Secondo Fattor lo sviluppo delle quote obbligherebbe quindi a rafforzare le politiche di prevenzione e costituirebbe un primo passo importante soprattutto a livello di messaggio politico, per cercare di ragionare sul nuovo status di protezione del lupo. Il 3 dicembre 2024 il Comitato Permanente della Convenzione di Berna aveva votato a favore del declassamento del grado di protezione del lupo da "strettamente protetto" a "protetto" e la modifica entrerà in vigore a partire dal 7 marzo 2025 a meno che almeno 17 Stati Membri non si oppongano.
“Se la direttiva e gli allegati relativi venissero fatte oggi, il lupo non entrerebbe più in una specie altamente protetta perché non ha più necessità di questa protezione”
Su questo aspetto si è espresso anche Herbert Dorfmann, eurodeputato della Volkspartei. “Un abbassamento del livello di tutela del lupo non potrà portare l'estinzione del lupo. L'abbassamento del livello di tutela è una misura logica in seguito all'espansione della popolazione, se la direttiva e gli allegati relativi venissero fatte oggi, il lupo non entrerebbe più in una specie altamente protetta perché non ha più necessità di questa protezione. Il resto è tutta polemica, è positivo concentrarsi sulle esperienze di protezione e sugli interventi adottati, ma è anche fondamentale controllare l’espansione rapida della popolazione di lupi per garantire un equilibrio tra fauna selvatica e animali domestici” , conclude l’eurodeputato.
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“Nessun via libera alla strage dei lupi”
Critica l’associazione animalista LAV, secondo cui invece la Direttiva Habitat impedirebbe l'applicazione di questi protocolli. “Le presunte ‘quote' servono solo a far contenti, nella forma ma non nella sostanza, allevatori e cacciatori che non tollerano la presenza dei lupi. Si tratta di un inutile imbroglio patrocinato dal Ministero dell'Ambiente, che dovrebbe invece concentrarsi sulla promozione delle tecniche per mitigare l'impatto di questi predatori e sulla valorizzazione della loro presenza nel territorio nazionale”, afferma Federico Crisetig dell’area animali selvatici LAV.
L'articolo 16 della direttiva richiede infatti tre condizioni per esercitare la deroga al divieto di uccidere qualsiasi animale che goda della tutela: non basta che lo stato di conservazione della sua popolazione sia ritenuto soddisfacente, ma l'uccisione deve risultare necessaria per risolvere specifiche e gravi problematiche e, soprattutto, non devono esistere misure alternative valide per risolvere tali criticità, che invece, come tutti sappiamo, esistono e sono estremamente efficaci. Su questo aspetto, ricorda LAV, è lo stesso ISPRA a chiarire che esistono vincoli estremamente rigidi per le Regioni e le Provincie autonome, ribadendo la necessità di implementare politiche di prevenzione e mitigazione del danno incruente, o di migliorare le strategie già attuate. “Insomma, nessun via libera alla strage almeno fino a quando saranno rigorosamente protetti dalla normativa comunitaria”, chiarisce la LAV in una nota.
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