Politik | Medio Oriente

"Pace mai così lontana"

Dialogo con Fabian Odeh, bolzanino di nascita, madre del quartiere Don Bosco e padre palestinese. "Sbagliato attaccare i civili, ma abbiamo il diritto di difenderci".
Fabian Odeh
Foto: F. O.
  • Stando a 3800 km di distanza, il primo sentimento che compare quando sullo schermo scorrono immagini drammatiche dal Medio Oriente è una forma di empatia per chiunque stia soffrendo in quella parte di mondo. Palestinesi o israeliani, non fa differenza. Ma per chi non è “tifoso” e per chi non si considera onnisciente (e di questi tempi, si tratta forse di una minoranza), un secondo dopo che il fotogramma tragico si è impresso sulla retina è impossibile non essere colti da un senso di inadeguatezza. Riuscire a razionalizzare è complicatissimo. 

    Se qualcuno prova ad evidenziare l’atteggiamento di Israele nei confronti della popolazione palestinese sia nel West bank (Cisgiordania) sia a Gaza, o parla delle centinaia di migliaia di coloni israeliani (oltre 500.000, pare) che occupano illegalmente i territori, o dell fatto che negli ultimi 13 anni, prima del sabato nero, tra i civili avevano perso la vita 5.603 palestinesi e 251 israeliani, viene subito tacciato di antisemitismo.  Chi ritiene comunque ingiustificabile da ogni punto di vista l’azione di Hamas, rischia a sua volta di essere accusato di sionismo e incapace di considerare gli infiniti torti commessi da Israele nell’indifferenza della comunità internazionale. 

    Qualche giorno fa David Grossman, scrittore e intellettuale israeliano solitamente critico con l’estrema destra che guida il suo Paese, da Fabio Fazio ha detto: “Certo, Israele ha commesso tanti errori negli anni. Ma questo è un male assolutamente unico, estremo, come non lo abbiamo mai conosciuto prima”. Come non ammutolire?

    Ebbene, a scanso di equivoci è bene precisare che quella che segue è un’intervista di parte. Fabian Odeh, 46 anni, padre palestinese di Nablus, madre tuttora residente nel quartiere Don Bosco, è nato a Bolzano ed è poi cresciuto tra Libano e Siria, mentre ora vive a Brescia. Fabian non dirà nulla di comprensivo nei confronti di Israele, anzi, ma il suo è un punto di vista che vale la pena di essere ascoltato perché è uno di quei palestinesi che non vuole semplicemente l’annientamento di Israele. Vorrebbe solo che Israele appoggiasse sinceramente la proposta “due popoli, due Stati” e che il suo, di popolo, non fosse costretto a vivere separato e in una prigione a cielo aperto come avviene a Gaza. Una soluzione, quella dei due Stati, che ai tempi degli accordi di Oslo tra Rabin e Arafat, nel 1993, sembrava perseguibile, mentre oggi è lontana anni luce. Dopo l’omicidio di Rabin da parte di un colono ebreo estremista, alla guida di Israele si sono susseguiti governi di destra o di estrema destra, mentre i palestinesi hanno virato su Hamas, e il dialogo si è fermato. 

    SALTO: Lei è appena rientrato in Italia dalla Palestina, si trovava a Gaza?

    No, non ero a Gaza, dovevo andarci, perché seguo dei progetti anche lì, ma ero a Ramallah. Come noto Gaza e la West Bank (Cisgiordania, ndr) sono separate. Non è che un palestinese della West Bank può andare facilmente a Gaza e viceversa, perché ci vogliono i permessi israeliani. Avevo un permesso per andare a Gaza ma poi per fortuna non ci sono andato perché sennò probabilmente sarei ancora lì. Torno da Ramallah, che è il posto in cui lavoro e Nablus, che è il paesino in cui vivo quando sono in Palestina. 

    Di cosa si occupa?

    Sono un ingegnere meccanico e seguo principalmente i progetti finanziati dalla Banca Mondiale. Quindi lavoro con i diversi ministeri palestinesi, ma principalmente con quello dell'Energia Palestinese.  

    Da qui è difficile farsi un’idea precisa. Le versioni dei fatti sono sempre diverse a seconda delle fonti. Lei come si è vissuto questo attacco senza precedenti di Hamas? Se lo aspettava? Non teme che abbia solo contribuito a peggiorare, forse per sempre, la situazione per il popolo palestinese?

     Nessuno si aspettava questo attacco nel sud di Israele. Si dice che nessuno ne fosse al corrente neppure nella dirigenza politica di Hamas che vive all’estero. Normalmente il confine di Gaza è super controllato. Qualcuno prova a superare il confine, ma nessuno ci riesce. Il fatto che i miliziani di Hamas siano riusciti in un gruppo così numeroso ad entrare in territorio israeliano con i pick up e con i deltaplani riuscendo a spingersi anche 15 km all’interno, occupando diversi kibbutz, era inimmaginabile fino al giorno prima. 

  • Viaggio in Oman: Fabian Odeh Foto: F. O.

    Ma nel corso dell’attacco, durato diverse ore, a Ramallah sapevate quello che stava accadendo?

    Era molto difficile capirci qualcosa. Le informazioni che arrivavano da canali differenti non combaciavano. Via Telegram arrivano le notizie dal Fronte, poi ci sono le informazioni palestinesi che però hanno scarsa affidabilità, e poi c’è la radio israeliana in lingua araba che di solito è più affidabile, anche se va un po’ filtrata. Quello che arrivava via Telegram era completamente differente da quello che diceva la radio israeliana. La radio israeliana parlava solo di un attacco missilistico, mentre sul canale Telegram si vedevano filmati dei pick up e perfino le mappe di quali kibbutz erano stati raggiunti. 

  • Nessuno capiva come mai le informazioni non corrispondessero, perché di solito la radio israeliana dà queste notizie. Quindi sembrava tutto inverosimile. Ci sono volute parecchie ore, almeno sei o sette, perché la radio israeliana dicesse quello che stava succedendo. Ma anche successivamente i canali israeliani non riuscivano a spiegare perché l’esercito israeliano non si fosse mosso. Quando anche nel West Bank si è realizzato che era tutto vero, la prima reazione è stata positiva. Non certo per i morti civili, ma perché sembrava caduto il mito dell’esercito e dell’intelligence israeliani considerati tra i più efficienti al mondo. Sembrava quasi che Hamas avesse liberato una parte dei territori del sud. Le prime sensazioni tra molti palestinesi erano che questo attacco avrebbe potuto riequilibrare il tutto, che tutto quello che non si era riusciti ad ottenere con risoluzioni Onu e processi di pace che non hanno portato a nulla, potesse essere finalmente ottenuto. Già dal giorno dopo si è capito che i palestinesi sarebbero stati come sempre lasciati soli ad affrontare una situazione forse ancora più complicata di prima. 

    Le chiedo: gli accordi di pace di Oslo che cosa hanno portato ai palestinesi?

    Anche se lei dice di non approvare l’attacco sui civili,  sembra però comprendere le ragioni di Hamas. 

    Io ripudio non solo gli attacchi ai civili ma l’uso della violenza in genere. Diverso, invece, è il diritto di un popolo di difendersi. Le chiedo: gli accordi di pace di Oslo che cosa hanno portato ai palestinesi? Quella è stata la più grande truffa nei nostri confronti.  Di lì a poco ci doveva essere uno Stato palestinese, ma a trent’anni di distanza siamo in realtà tornati indietro. La West Bank, la cosiddetta Cisgiordania, secondo gli accordi doveva essere palestinese. Oggi è divisa in tre zone, ABC. Nella zona A ci sono principali città palestinesi, come Ramallah o Nablus, nella Zona B si trovano i paesini vicini alla zona A. La Zona C, che rappresenta ben il 60% del territorio, è invece occupata da Israele. Questo è quello che finora ha portato il processo di pace, una grande ingiustizia. Per il popolo palestinese non c’è nessuna prospettiva, nessun possibile futuro politicamente e economicamente indipendente. Per i palestinesi è vietato costruire una casa, è vietato utilizzare le proprie risorse naturali e i terreni vengono regolarmente confiscati. Quella di Israele, come sanno tutti, è un'occupazione progressiva. Le colonie israeliane crescono ogni giorno. Persino il governo di Israele parla di insediamenti illegali nei territori occupati, che, lo ripeto, sono ben più della metà. L'esercito entra tutti i giorni nelle città, fa arresti, uccide civili. E non lo dicono i palestinesi, ma sono dati ufficiali confermati dalle organizzazioni internazionali. E questo è quello che succede nella West Bank. A Gaza è ancora molto peggio, perché la Striscia è una prigione a cielo aperto. Gaza è sotto assedio da parte di Israele dal 2007, nessuno può uscire né entrare se non con permessi particolari. La maggioranza delle persone non può uscire. Ho colleghi che lavorano a Gaza che non sempre ottengono i permessi per arrivare a Ramallah o nella West Bank. Ci sono centinaia di bambini che soffrono di malattie gravi, che non possono uscire dalla Striscia per curarsi. E poi c’è la costante minaccia dei bombardamenti. Prima di quelli attuali l’ultimo grosso bombardamento è stato due anni fa, in risposta a razzi lanciati dalla Striscia. 

    Dispiace per i civili uccisi da Hamas, ma mi auguro che dispiaccia anche per le migliaia di palestinesi civili uccisi negli ultimi decenni.

    Dopo l’attacco di Hamas nella Striscia la situazione è peggiorata ulteriormente. Che informazioni ha?

    Non c’è acqua pulita, nemmeno per i bimbi malati. Ma quello che vorrei sottolineare è che non solo dopo l’attacco ma anche prima, l’energia elettrica funzionava ad intermittenza, 8 ore di luce e 8 ore di blackout. Dopo 15 anni di vita in una situazione di questo tipo, e dopo 30 anni di non applicazione degli accordi, la Striscia di Gaza e la West Bank erano, come dire, una pentola a pressione. Era inevitabile che a un certo punto scoppiasse. Dispiace per i civili uccisi da Hamas, ma mi auguro che dispiaccia anche per le migliaia di palestinesi civili uccisi negli ultimi decenni. Quindi non si può guardare solo la pentola che è scoppiata, ma bisogna considerare i motivi per i quali è scoppiata. Hamas ha fatto un attacco prendendo di mira militari israeliani, ma anche civili. Per il resto invito alla cautela nel prendere le informazioni che arrivano. Sono sicuramente stati commessi atti gravi, ma ad esempio in Italia è stato detto che i miliziani di Hamas abbiano sparato all’impazzata uccidendo centinaia di ragazzi inermi durante un rave vicino al confine. Ma noi finora abbiamo visto solo video di ragazzi che scappano impauriti, non mi risulta ci siano video di centinaia di corpi di ragazzi uccisi. Se dovesse essere confermato, ribadisco che uccidere a caso dei ragazzi durante un rave è un’azione gravemente sbagliata. La contabilità dei morti è una cosa orrenda. Ma è necessario dire che le fonti ufficiali parlano di 1400 gli israeliani uccisi nell’attacco. Ma da allora siamo già ad almeno 3300 palestinesi uccisi di cui il 60% ha meno di 18 anni e il 90% sono civili, non miliziani di Hamas. Mi chiedo come è possibile che l'Europa e la Lega araba non prendano posizione su questo. Non è nella cultura della mia famiglia giustificare l’uccisione di civili e nemmeno l’uso della violenza in genere. Ma il popolo palestinese deve avere il diritto di difendersi.

    In questo diritto di difendersi però non vi è quello di fare rastrellamenti di casa in casa uccidendo o rapendo donne e bambini. Sul fatto che questi siano avvenuti invece non ci sono dubbi, giusto?

    Sì, nell’attacco sono stati uccisi tanti civili ma anche molti militari. Tra le cose che però ho sentito negli ultimi giorni è che Hamas avrebbe dato la disponibilità al rilascio di tutti i civili in cambio di un cessate il fuoco. Poi, in base a notizie che giungono dalla Palestina sembra che i civili e donne e bambini siano trattati in modo dignitoso. Poi queste sono notizie che io non posso verificare, ma invito chi sta qui a non fidarsi ciecamente di quanto dice la propaganda di Israele. E’ bene inoltre che si sappia che Hamas nell'immaginario palestinese non è un gruppo terrorista. L'abbinamento all'Isis è assolutamente lontano da quello che è Hamas. Oggi capisco che nel dire certe cose si diviene bersagli di attacchi, perché oggi il mondo intero ha visto quelle immagini di miliziani di Hamas che entrano nel sud di Israele e rapiscono e portano via famiglie. Ma su iniziativa di qualche ministro israeliano di estrema sono girate alcune immagini fake di bambini decapitati, subito diffuse dai media occidentali, che sono state poi smentite. L’attacco che coinvolge i civili è sbagliato, ma bisogna avere il coraggio di dire che lo Stato di Israele compie regolarmente azioni di tipo terroristico. E stupisce molto che l'opinione pubblica internazionale non reagisca allo stesso modo per i crimini israeliani. Dopo l’attacco di sabato, la Striscia di Gaza è stata bombardata indiscriminatamente ed è stato perfino bombardato un ospedale.

    A questo proposito va rilevato che invece Israele sostiene che l’ospedale sia stato colpito da un razzo di Hamas. Capisce che per chi sta qui è davvero difficile capire cosa succede davvero. 

    Sì, lo capisco. La resistenza palestinese ha negato che ci sia stato il lancio di un missile in quell’orario. Io su questo non ho una certezza, ma è invece certo che Israele aveva già bombardato nelle vicinanze di quell'ospedale e aveva pure chiesto di evacuarlo, come ha chiesto di evacuare tutti gli ospedali del nord della Striscia di Gaza. Di fronte a queste certezze, mi riesce difficile credere alla versione israeliana. Ma per quanto possa essere anche stato un errore dei miliziani di Hamas, la responsabilità della situazione insostenibile a Gaza può essere solo di Israele. Perché chiedere a 2 milioni di persone che vivono negli angusti spazi della Striscia di Gaza di spostarsi dal nord verso sud e poi bombardare anche la zona sud? Questo è quello che ha indubitabilmente fatto Israele, dopo l’attacco. Come fa Israele a chiedere di spostare i malati gravi che vivono nelle condizioni disperate di Gaza nel giro di 24? Il piano di Israele è chiaro: è quello di far uscire tutti i palestinesi dalla Striscia verso i Paesi arabi confinanti. Ma questo è un piano criminale. 

  • Esplosione: Il momento in cui un missile raggiunge l'ospedale di Gaza Foto: Screenshot
  • Lei non appoggia l’Autorità nazionale palestinese e non fa parte di Hamas. Quindi lei riconosce il diritto all’esistenza di Israele ed appoggerebbe una soluzione due popoli, due Stati?

    Vorrei che fosse chiaro che la gran parte dei palestinesi riconosce il diritto all’esistenza di Israele. Il problema è che Israele non ha mai avuto intenzione di riconoscere ai palestinesi il diritto ad un proprio Stato. I palestinesi sarebbero favorevoli alla convivenza pacifica di due Stati. Un problema pratico è che un solo Stato palestinese non è più possibile perché geograficamente non c'è più continuità territoriale: la West Bank è infatti distante da Gaza. Ai tempi degli accordi di Oslo, trent’anni fa, il numero dei coloni era alto, ma imparagonabile a quello di adesso. Erano 150.000, ora sono circa 750.000. Quindi c'è stato un incremento spaventoso degli insediamenti illegali all'interno dei territori che dovrebbero essere palestinesi. Il piano degli israeliani è di non permettere la creazione di uno Stato palestinese ma, nella migliore delle ipotesi, di creare delle piccole autonomie. E quindi queste zone che sono chiamate A o B sono amministrate e sotto il controllo dell’Autorità palestinese ma non ci sono ovviamente confini e gli israeliani fanno comunque quello che vogliono. L'Autorità nazionale palestinese oggi fa semplicemente quello che è nell’interesse di Israele. E quindi oggi la questione non è di dire che la Palestina riconosca Israele, ma esattamente il contrario. Il presidente palestinese Abu Mazen pensa ai propri interessi non a quelli del popolo palestinese. Lui ufficialmente è per la soluzione dei due Stati, ma dal punto di vista pratico non fa nulla per andare in quella direzione e accetta tutto quello che impone Israele.

    Dopo gli accordi di Oslo, che sono pure molto sbilanciati a favore di Israele, purtroppo non c’è mai stato un governo israeliano disposto ad applicare nemmeno quanto previsto da quegli accordi.

    Ma se lei fa parte delle persone del fronte democratico, chi riconosce come interlocutore da parte di Israele? Prima che lo uccidessero, c’era Rabin, chi può essere un interlocutore oggi? Se ovviamente la pace non si può fare con Netanyahu, con chi si può fare?

    Sinceramente non ne ho idea. Dopo gli accordi di Oslo, che sono pure molto sbilanciati a favore di Israele, purtroppo non c’è mai stato un governo israeliano disposto ad applicare nemmeno quanto previsto da quegli accordi. Questo lo riconoscono anche molti israeliani. E il tragico risultato di questa mancanza di volontà lo abbiamo visto in questi giorni. D'altra parte anche tra i palestinesi chi può essere l'uomo in grado di portare avanti delle trattative di pace? Abu Mazen è davvero troppo moderato per ricoprire questo ruolo e, come detto, bada agli interessi suoi e dei suoi uomini. Oggi abbiamo un governo di Israele troppo estremista e un’autorità palestinese troppo morbida che non è preoccupata di rispettare il volere del popolo palestinese. Nei giorni scorsi l'Autorità nazionale palestinese, per dire, ha represso duramente con numerosi arresti le manifestazioni pubbliche di condanna dei massacri di Israele a Gaza.

    Si può dire che la pace non è mai stata così lontana come lo è oggi?

    Purtroppo è così. Ma non ha senso dare la colpa di questa situazione ad Hamas. Il governo israeliano ha enormi responsabilità. Ci vorranno generazioni e generazioni fino a quando tutto questo odio sarà smaltito. 

  • Corteo per la Palestina

    Il 14 Ottobre sempre a Bolzano, un corteo di oltre cento persone ha sfilato per le vie del centro del capoluogo sudtirolese. Durante la manifestazione erano state denunciate le responsabilità di Israele in questo conflitto come l’utilizzo anche di bombe chimiche al fosforo, la detenzione amministrativa e quello che secondo chi organizza può ritenersi un sistema di apartheid costruito verso i cittadini palestinesi che conta migliaia di prigionieri politici.

    È previsto per il 22 Ottobre un appuntamento analogo: appuntamento alle ore 10.30 in via Museo per una manifestazione in solidarietà del popolo palestinese. Le parole d’ordine con cui è chiamata l’iniziativa rimangono sempre: Fermiamo il massacro del popolo palestinese e palestina libera. Con un invito ad organizziarsi assieme contro la guerra firmato da antimilitariste e antimilitaristi solidali con il popolo palestinese.