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L'Asl ignora i malati di Parkinson/2

Per ripicca l'Azienda sanitaria non ha invitato l'Associazione al recente convegno in cui veniva illustrato il funzionamento della rete olandese ParkinsonNet. Zendron: "Profondamente amareggiati, nessuno ci spiega il senso dell'operazione".
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Foto:  Parkinson Attualità
  • La comunicazione tra Azienda sanitaria dell’Alto Adige e i malati di Parkinson continua a non essere delle più facili. E' anzi in peggioramento, forse anche a causa di un articolo apparso su SALTO un paio di mesi fa. (un commento al riguardo è leggibile nell'infobox in fondo al pezzo, ndr).

    Cosa è accaduto?  Nel denunciare la difficile situazione in particolare a causa della mancanza di adeguati percorsi riabilitativi, la presidente dell’Associazione malati di Parkinson, Alessandra Zendron, lamentava il grave ritardo nella definizione e nell’attuazione di un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) che possa garantire parità di trattamento ai pazienti su tutto il territorio provinciale. Non è teoria, nel documento si parla di cose molto concrete, come il numero di controlli, la logopedia, l'ergoterapia o la ginnastica di gruppo. Viene da chiedersi quale possa essere una delle cause della tattica dilatoria adottata dall'ASL per l'adozione del PDTA. Una possibile spiegazione è che se questo strumento venisse attuato  oggi, per dire, il Comprensorio di Bolzano non avrebbe abbastanza ventose per arrampicarsi sugli specchi, dal momento che da diversi anni - misteriosamente - non è in grado di garantire un livello decente di riabilitazione per i pazienti parkinsoniani (e non solo). 

    Nelle stesse ore in cui usciva l’articolo su SALTO, l’Azienda sanitaria annunciava questo convegno sul Parkinson e Zendron al riguardo disse:  “Mentre si aspetta che finalmente venga pubblicato il PDTA approvato l'anno scorso dopo 3 anni di lavoro di moltissime persone, in dicembre l'ASL organizza un mega congresso con cui si vuole introdurre un altro contenitore. Nessuno sa spiegare come questo sistema olandese si relazioni con il PDTA che in tutte le altre regioni costituisce il riferimento per la cura del Parkinson e la formazione dei terapisti. E a questo convegno, comunque, l'Associazione altoatesina Parkinson non è stata invitata”. 

    L'evento si è regolarmente tenuto il 18 e 19 dicembre ma la cosa davvero difficile da credere è che, anche nei successivi due mesi alla pubblicazione dell'articolo, il sodalizio, che conta più di 500 soci ma è punto di riferimento per tutti i malati, non solo non è stato invitato, ma nessuno ha preso contatto neppure per spiegare il perché. Neanche all'asilo, avrebbe detto la prof di italiano del liceo. Quindi, visto che in tempo reale l’ideatore di ParkinsonNet, l'olandese Bas Bloem, ha annunciato urbi et orbi la collaborazione con il South Tirol ...

  • Foto: Screenshot
  • ... abbiamo chiesto all’Asl – come sempre per iscritto-  come mai non sono stati invitati i rappresentanti dell'Associazione Malati di Parkinson e, poi, nell’ordine: quanto è costato il convegno, quanti medici vi hanno partecipato e se la costosa traduzione dall'inglese verso l'italiano e il tedesco fosse necessaria visto che l'idioma di Shakespeare è la lingua ufficiale della scienza. Abbiamo anche domandato quanti siano i medici favorevoli all'adozione del sistema olandese, come si coniughi questa ParkinsonNet con il lavoro triennale per la stesura di un PDTA e quali siano i costi per l'adozione del sistema. Visto, infine, che tutti sono d'accordo che la riabilitazione sia l'elemento chiave per un adeguato sostegno ai pazienti, abbiamo chiesto a che punto sia l'organizzazione dei corsi di ginnastica promessa da ANNi dall'azienda sanitaria. 

    Tante domande, forse troppe, ma comunque abbastanza precise. Questa la risposta fornita dall’Azienda sanitaria a firma del Direttore sanitario Josef Widmann e della Direttrice Tecnico-Assistenziale, Marianne Siller.

    A riscontro di quanto richiesto illustriamo le caratteristiche del convegno citato, tenutosi il 18 e 19 dicembre a Bolzano e le sue finalità, che si collocano all’interno di una strategia più ampia.

    Stiamo parlando – e vogliamo sottolinearlo – di un convegno al quale hanno partecipato (tra presenti e collegati da remoto) circa 100 persone con un’alta qualità dei contributi offerti. Va altresì sottolineato come si sia trattato di un convegno clinico/tecnico “tra operatori del settore”, volto a un importante confronto tra le migliori e più recenti esperienze nazionali ed internazionali (evidence based) con il preciso scopo finale di migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da Parkinson.

    Mostrando sia gli insuccessi di alcuni modelli di cura, sia nuove evidenze cliniche, il convegno ha fornito un rilevante contributo per ottimizzare i percorsi di cura del paziente e l’organizzazione dell’intero sistema collegato. Il fatto poi che siano stati presentati modelli concepiti altrove non ne determina una automatica trasposizione nel nostro sistema: qualsiasi modello, anche il migliore, va adattato alla nostra situazione (altoatesina e italiana) e ogni possibile modello - compreso eventualmente ParkinsonNet - si deve basare sul nuovo PDTA, sul quale l’Azienda sanitaria dell’Alto Adige è attualmente concentrata in termini di approvazione/diffusione/adozione. Si fa infine presente come il PDTA non sia un progetto di natura triennale, ma piuttosto continuativo e che al momento si trova nella sua fase conclusiva che terminerà nella primavera del 2025 e rispetto al quale si terranno dei webinar informativi dedicati e si definirà un piano di implementazione.

    Con riferimento specifico all’Associazione Malati di Parkinson, si conferma che il dialogo non si è mai interrotto e anzi gli si vuole dare nuovo impulso per il futuro: al momento si stanno programmando nuove date di incontro, sempre nell’ambito della futura implementazione del PDTA, ma l’evento specialistico di questi giorni rivestiva una natura eminentemente tecnica nonché formativa per un pubblico mirato e ristretto, ovvero era destinato al personale sanitario e sociale.

    Con specifico riferimento alla traduzione da lingua inglese, si fa notare come essa fosse necessaria data la complessità della terminologia tecnica utilizzata da tutti i relatori (e nella discussione).

    Per quanto attiene invece ai costi, possiamo confermare che sono stati sostenuti costi standard come per altri convegni e seguendo le dovute procedure. Un’estrazione di un preciso dato numerico (aggregato anche tra diverse voci di spesa) non è però possibile in via immediata.

    Ci preme poi in conclusione ribadire che il convegno rappresenta solo un tassello del nostro lavoro come Azienda sanitaria, un lavoro che mira sempre a cercare le migliori soluzioni per agevolare la vita dei pazienti e accompagnarli nei loro percorsi di cura.

    Un evento di questo tipo, con un target internazionale può quindi essere solo di vantaggio perché fornisce nuovi spunti clinici/organizzativi per orientare decisioni future. Per questo ha incontrato il favore e l’interesse non solo dei professionisti del nostro territorio, ma anche di altre realtà.

    Sperando di avere contributo a condividere le esperienze maturate nel settore che sono state oggetto del convegno di questi ultimi giorni e che sono oggetto del nostro quotidiano impegno, porgiamo cordiali saluti.

    Posto che è quasi impossibile credere che – a convegno concluso – l’Azienda sanitaria non sia in grado di fornire le cifre dei costi e che quattro domande sono state ignorate, è tutta la risposta ad essere complessivamente elusiva. 

  • Il direttivo dell''associazione: la terza da sinistra è Alessandra Zendron Foto: TV33
  • “Siamo profondamente amareggiati - dice Zendron - per non essere stati invitati ad un momento così importante. Ovvio che un convegno sia per definizione pensato per la formazione dei medici ma ad un analogo evento organizzato il  19 ottobre 2022 alla presenza di diversi luminari fummo regolarmente invitati. Se fossimo stati presenti la scorsa settimana avremmo potuto capire meglio quali sono i propositi dell’Azienda e fare delle domande. Nessuno di noi sta capendo in che direzione voglia andare la sanità pubblica per l’assistenza ai malati di Parkinson. E’ un’evidenza scientifica che una riabilitazione specifica sia l’unica cosa che può far mantenere una qualità di vita decente o buona ai malati. Su questo aspetto il medico israeliano Nir Giladi, recentemente scomparso, al convegno di due anni fa insistette molto. E a Bolzano manca praticamente del tutto la riabilitazione. Più di un anno fa ci avevano promesso che avrebbero costituito a breve i gruppi per la ginnastica, ma i gruppi non sono mai partiti”. Ma sono stati trovati soldi ed energie per organizzare un convegno finalizzato all'adozione di un sistema pensato per la sanità olandese. 

    Nella voce di Zendron si avverte che la rabbia sta lottando per non trasformarsi in rassegnazione, un sentimento che chi rappresenta le istanze di un gruppo di malati non può permettersi praticamente mai. “Mi risulta che al convegno di qualche giorno fa - continua la presidente dell'associazione - i neurologi presenti, a parte quelli che hanno parlato, fossero piuttosto pochi.  La sensazione è che questa necessità di introdurre ParkinsonNet non la capiscono neanche gli stessi neurologi. Visto che in Olanda la sanità pubblica è strutturata in modo radicalmente diverso, non si parla mai del ruolo svolto dagli ospedali, che invece nella nostra sanità sono la base. Quindi mi chiedo: cerchiamo di importare un costoso sistema da fuori quando avevamo pronto un PDTA sicuramente efficiente seguendo le modalità del resto d’Italia? Da 20 anni ci dicono che 'i soldi non sono un problema". Ok, ma se è così perché non iniziare a spenderli per formare i terapisti e bandire i concorsi? Quando dobbiamo aspettare? Questa, peraltro, non è solo la posizione dell’associazione, ma quella di molti medici del settore. Solo che in Sudtirolo i professionisti non possono esprimere la loro opinione pubblicamente se non vogliono ritorsioni nella loro carriera”.  

    Ai primi di gennaio nel reparto di Neurologia dell'Ospedale di Bolzano, dopo una raffica di dimissioni, prenderà servizio come primario l'altoatesino Giosuè Gulli. Dotato di un curriculum di alto livello, il medico nato e cresciuto in Bassa Atesina ma con importanti esperienze lavorative all'estero, dovrà praticamente riorganizzare l'intero reparto, trovando le sinergie con la riabilitazione in perenne difficoltà, con gli altri reparti di neurologia dei diversi comprensori e con la neuroriabilitazione di Vipiteno. Per tutti i protagonisti, visti i tempi, si tratta sicuramente di un'impresa difficile. Ma se ai vari livelli - da quello medico a quello dirigenziale amministrativo - si decidesse di mettere per una volta le esigenze dei pazienti al primo posto, forse non impossibile. 

  • Chi critica è perduto

    L'ormai proverbiale permalosità degli amministratori pubblici altoatesini si è manifestata ancora una volta per le dichiarazioni rilasciate da Alessandra Zendron, presidente dell’associazione Malati di Parkinson, in questo articolo del 24 ottobre.  

    Il pezzo in cui l'ex presidente del consiglio provinciale lamentava di non essere stata invitata ad un importante convegno è, quindi, di due mesi fa, e l'evento, venduto sui social addirittura come un "forum", era in programma il 18 e 19 dicembre all’Eurac. A chiunque verrebbe naturale pensare che i vertici dell'azienda, essendo rappresentanti della sanità pubblica il cui unico scopo dovrebbe essere il bene dei pazienti, cinque minuti dopo (ma anche una o due settimane dopo) aver letto il pezzo si siano messi al pc e abbiano mandato l'invito all’Associazione. 

    Macché, non scherziamo. Non importa se la tua associazione rappresenta chi soffre di una brutta malattia neurologica, ma in questa terrà, se violi il codice d'onore, per il reato di lesa maestà è prevista la pena all’indifferenza da 4 a 8 mesi, che diventano 3 se ti scusi mostrando grande pentimento. In caso di reiterazione del reato, invece, la condanna è la morte civile unita all’oblio perpetuo.

    Battute sarcastiche a parte, così siamo messi, in Alto Adige. La presenza ad un convegno può essere considerata una questione più simbolica che altro, un "problemino" da non ingigantire. Forse in parte è vero, ma il punto è un altro. Il messaggio lanciato, forse con l'assenso dell'intera catena di comando, è però chiarissimo: tu mi critichi pubblicamente, lamenti il fatto di non essere stata invitata, e io ti punisco, facendoti vedere chi comanda. Vedete, queste testosteroniche dimostrazioni di forza potrebbero essere semplicemente risibili se parlassimo, che ne so, di trasporti, di contributi all'agricoltura o di qualunque altro servizio. Parlando di sanità, invece, fanno davvero poco ridere. Fanno imprecare, più che altro. 

    Quando accadono cose del genere alle voci critiche talvolta "scappano" dei paragoni con la Russia di Putin, ma va da sè che si tratta di raffronti effettivamente impropri. Non si può dire, infatti, che in Alto Adige non ci sia una democrazia piena. La Giunta provinciale, per fare un esempio lampante, è costantemente nel mirino delle opposizioni e ciascuno esprime liberamente le proprie opinioni nelle aule ed anche su diversi media. 

    Il problema, però, non è il livello politico ma le decine di “piccole autocrazie” sparse ovunque nella pubblica amministrazione, nelle società partecipate, ma pure nelle associazioni di categoria. In questi ambiti i vertici spessissimo – per non dire sempre - sono “culturalmente allergici” alla critica, al confronto democratico e a chi non fa squadra nella "copertura" di errori e disservizi (si ricordi ad esempio questa inquietante vicenda). 

    Negli ultimi decenni si è sempre creato un legame potente tra gli amministratori (cui viene istantaneamente perdonato qualunque tipo di errore e leggerezza fino a quando arrivano alla pensione) e i politici che invece, magari, cambiano ogni cinque, dieci o quindici anni. La prassi ormai rodata e accettata da tutti è che l'amministratore che fa esattamente ciò che chiede il politico di riferimento (i dirigenti più "bravi" ne anticipano addirittura le intenzioni) si vede poi garantita mano liberissima nella conduzione del proprio piccolo o grande regno. Le eccezioni naturalmente ci sono, ma queste dinamiche si possono riprodurre ad ogni livello, dall' ufficio provinciale o comunale con tre dipendenti, alla sezione di paese di un'associazione di categoria, per arrivare al mega dipartimento, al primariato o all'istituzione scolastica. 

    La logica alla base è sempre la stessa: se chi esercita il potere vive la critica all'istituzione come un'offesa personale, è letteralmente finita. Vendetta, tremenda vendetta. Non è un caso che ad avere il coraggio di rompere lo schema sia un'ex politica di opposizione di grande esperienza come Alessandra Zendron. Per chi non ha la stessa dimestichezza nella gestione delle pressioni nei rapporti con il potere, e per chi abbia una carriera lavorativa davanti a sè, è più che normale, quindi, che prevalga la volontà di non mettersi nei guai. E' una cosa più che normale, ma siamo sicuri che sia "giusto" andare avanti così, nei secoli dei secoli?