Il giorno dei morti lontani da Halloween
-
Da bambina ho amato ogni venerdì santo, seduta tra le prime file in chiesa a Badia, ascoltavo la lettura della triste storia di un uomo fino alla sua morte. Che più crescevo, più quella narrazione diventava simile alla mia quotidiana scoperta del mondo fuori.
Si fermava ogni volta di nuovo in quel preciso giorno dell’anno, la vita di un giovane uomo, bellezza inespressa se non tra i versi e le frasi del racconto. Si chiamava Gesù e all’età di trentatré anni doveva morire, perché non era voluto e rappresentava un problema, era un incomodo per chi credeva di essere meglio e di più.
Succede ogni giorno e senza venerdì santo la morte degli uni a causare più o meno perturbazione al normale andamento quotidiano degli altri, e senza inchiodare il condannato a una croce. Le antiche forme di supplizio hanno lasciato il triste compimento alla natura di un deserto, di un mare e dell’indifferenza. Lavarsi le mani è diventato atto molteplice e chiedere il numero dei morti negli ultimi anni non avrà risposta, se non: tanti e senza nome. Alcuni li riconosciamo per identificazione, il resto è condizione di ciò che è anonimo.
“Le de dles animes”, il giorno delle anime, i ladini chiamano così il giorno dei morti. Nelle chiese si ricordano i defunti degli anni passati, si fa la conta degli ultimi dieci anni e si pronuncia ad alta voce il nome di ognuno. Ognuno un nome conosciuto e chiamato per memoria affettiva, ma soprattutto per il valore immenso della sua dignità e di essere stato ospite in Terra.
Penso al Mediterraneo, al suo silenzio privo di nomi in quanto ignoti. Una massa, una folla anonima, alla quale dovremmo sentire il dovere di consacrare la voce di un canto nella celebrazione di tutti i Santi e di tutti i morti. Non perché povere anime, ma perché origine e centro del pensiero, del sentimento, della volontà e della stessa coscienza morale.
-
Epitaffio I, oppure del corpo solo
Due finestre e la porta, sta socchiusa,
ferita aperta sul tuo corpo in una bara.
E lì, sotto al tuo orizzonte lasciato,
l’acquasantiera a dirti ogni volta un saluto,
benché poche le volte a te corpo solo.
E sei dunque in questo luogo,
mia deposizione spopolata,
pietà deserta con reliquiario ai lati.
Ti fanno esse assurda veglia,
le ossa di due nomi forestieri,
Sancti Placidi et Abundanti,
compagni sconosciuti di ultima fermata.
Da Sincope, Einaudi 2018
-
Ossam - Interruzioni poetiche
Ossam, un termine ladino che in tedesco significa Gebeine, in italiano i resti mortali. Nella filosofia rappresentano la riflessione sulla condizione umana, sulla natura della morte e il rapporto tra corpo e anima. Stessa cosa fa la poesia, tocca i temi fondamentali dell’essere umano, che troppo spesso in vita agisce nella convinzione di essere immortale. All’opposto, tutto ciò che ci riguarda è soggetto a dissoluzione, ossam appunto. Roberta Dapunt ha voluto intitolare così la sua "rubrica claudicante“ per condividere occasionalmente le sue interruzioni poetiche con le lettrici e i lettori di SALTO.
-
Weitere Artikel zum Thema
Society | OssamInterruptio
Culture | PoesiaAl contrario
Chronicle | MondoIn ricordo di José Mujica
Ma cosa ci vede di bello nel…
Ma cosa ci vede di bello nel culto dei discepoli di torquemada?